Italiano: il cambiamento semantico da “guru” a “fuffaguru”

29 Settembre 2025

Scopriamo come nella lingua italiana si sia arrivati a univerbare alla parola "guru" la parola "fuffa", arrivando a "fuffaguru" e cosa si intende.

Italiano: il cambiamento semantico da "guru" a "fuffaguru"

L’italiano, inteso come lingua, è uno specchio mutevole della società. Termini che un tempo avevano un significato serio e circoscritto possono cambiare colore, ampliarsi, assumere sfumature ironiche o persino dispregiative. Un caso emblematico, nell’italiano contemporaneo, è quello di “guru”, parola entrata dal sanscrito attraverso l’inglese, e della sua evoluzione recente nel neologismo “fuffaguru”, diffusissimo nel linguaggio giornalistico, pubblicitario e soprattutto nei social network.

Questo percorso semantico, che va dal rispetto all’ironia e alla critica, racconta molto non solo dell’evoluzione della lingua, ma anche del mutamento culturale legato al mondo della comunicazione, del marketing e della formazione online.

L’origine nobile del termine “guru”

La parola guru deriva dal sanscrito guruḥ, che significa letteralmente “maestro”, “precettore”, “colui che è pesante di autorità e di conoscenza”. Nella tradizione induista, il guru è una figura spirituale di grande prestigio, un maestro illuminato che guida i discepoli sul cammino religioso e filosofico. La sua funzione non è meramente didattica: il guru incarna un’autorità morale, capace di trasmettere non solo saperi ma anche valori e comportamenti.

Con l’arrivo in Europa delle filosofie orientali, tra XIX e XX secolo, la parola guru è stata adottata dapprima nei circoli colti e spiritualisti, poi nel linguaggio giornalistico. L’inglese, che aveva già accolto il termine, ha fatto da tramite. Così, anche in italiano, “guru” è entrato come forestierismo, mantenendo a lungo il suo alone di rispetto e prestigio.

L’allargamento metaforico

A partire dagli anni Settanta e Ottanta, l’uso del termine si è esteso in senso figurato. Oltre al maestro religioso, “guru” ha iniziato a indicare un esperto indiscusso in un determinato settore: il “guru della finanza”, il “guru dell’informatica”, il “guru del marketing”. L’italiano ha accolto senza resistenze questa metafora: un guru non era più soltanto chi guidava spiritualmente, ma anche chi “illuminava” con le sue competenze pratiche o teoriche.

Questo passaggio semantico è tipico delle lingue moderne, che tendono a sfruttare termini esotici per valorizzare figure carismatiche o innovative. “Guru” diventava così sinonimo di leader, guida, punto di riferimento. Il suo uso cresceva nei giornali, nelle riviste di settore e nella pubblicità, connotato da un’aura di ammirazione.

La svolta ironica nella lingua italiana

Come spesso accade, però, l’uso inflazionato della parola ne ha indebolito il prestigio. Dagli anni Novanta in poi, “guru” è stato applicato a un numero sempre maggiore di figure, spesso in modo iperbolico. Qualunque esperto poteva diventare un “guru”: dal cuoco televisivo al tecnico informatico, dal consulente di comunicazione al personal trainer.

L’aura di serietà si è progressivamente stemperata. Dire “guru della moda” o “guru della dieta” poteva essere un complimento, ma anche una formula giornalistica un po’ abusata, talvolta con una sfumatura ironica. In molti casi, l’etichetta di “guru” veniva percepita come esagerata, segno più di marketing che di reale autorevolezza.

L’irruzione del prefisso dispregiativo: il “fuffaguru”

È in questo contesto che, nel linguaggio della rete e dei social, è nato il neologismo “fuffaguru”. Il termine unisce “guru” a “fuffa”, parola colloquiale che indica qualcosa di inconsistente, privo di valore, superficiale. “Fuffa” è già di per sé un marchio di svalutazione: una promessa vuota, un discorso pieno di parole altisonanti ma senza contenuto.

Il “fuffaguru” è quindi un sedicente esperto, un “maestro” che in realtà non ha nulla da insegnare, ma che riesce a imporsi grazie a tecniche di marketing, comunicazione e autopromozione. Il bersaglio polemico è soprattutto quel mondo di formatori e coach che, sfruttando internet, vendono corsi e consulenze presentandosi come detentori di segreti o competenze miracolose.

Un neologismo radicato nella cultura digitale

La fortuna di “fuffaguru” è legata alla diffusione dei social network e del linguaggio digitale. Blog, forum e piattaforme come Facebook e Twitter hanno fatto da cassa di risonanza, trasformando il termine in un’etichetta ironica e critica. Oggi è comune leggere articoli che mettono in guardia contro i “fuffaguru del web marketing” o i “fuffaguru della crescita personale”.

Il neologismo ha una forza espressiva immediata: in una sola parola si concentra la critica al millantatore, all’imbonitore che vende illusioni. È un esempio di come la lingua sappia creare forme compatte, capaci di veicolare un giudizio collettivo. Non a caso, “fuffaguru” è ormai registrato nei principali osservatori di neologia, come l’Osservatorio neologico della lingua italiana della Treccani, che ne testimoniano l’ampia diffusione.

Dal rispetto al disincanto: un percorso semantico

Se seguiamo la linea evolutiva, il cambiamento semantico appare evidente:

  1. Guru (origine sanscrita): maestro spirituale, guida autorevole e rispettata.

  2. Guru (metaforico moderno): esperto indiscusso in un settore specifico, punto di riferimento professionale o culturale.

  3. Guru (inflazionato): etichetta giornalistica e pubblicitaria, usata spesso in modo iperbolico o ironico.

  4. Fuffaguru (neologismo digitale): pseudo-esperto, imbonitore che maschera l’assenza di competenze con tecniche comunicative e autopromozionali.

In meno di un secolo, la parola ha compiuto un viaggio che l’ha portata dall’aura sacrale dell’India antica al sarcasmo dei social media.

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