Italiano: perché se parliamo di una copia diciamo facsimile?

10 Aprile 2025

Scopriamo tramite questo articolo da dove nasce e perché usiamo la parola "fac-simile" quando ci riferiamo ad una copia uguale all'originale.

Italiano perché se parliamo di una copia diciamo fac-simile

La parola facsimile, ormai pienamente inserito nel lessico italiano, è un termine che, nel tempo, ha attraversato lingue, contesti e usi diversi, assumendo sfumature di significato talvolta sovrapposte ma ben distinte, soprattutto nel confronto con altre parole simili come template. Analizzare la sua origine e il suo significato, anche alla luce degli usi contemporanei e delle incertezze grammaticali che può suscitare, ci permette di cogliere un esempio prezioso della vitalità e complessità della lingua italiana.

Origine, storia del termine e approdo nell’italiano contemporaneo

Il sostantivo facsimile deriva da un composto latino: fac simile, cioè “fai il simile”, costruito sull’imperativo del verbo facĕre (“fare”) e l’aggettivo simĭle (“simile”). Si tratta, tuttavia, di una formazione moderna (un cosiddetto pseudolatinismo), coniata con ogni probabilità in Inghilterra alla fine del XVII secolo. Da lì, grazie alla sua struttura latina, si è diffusa in molte lingue europee, compreso l’italiano, dove è attestata fin dall’Ottocento.

In italiano, la grafia si è presentata in più forme: facsimile, fac-simile, fac simile e, più raramente, fassimile, quest’ultima ormai desueta. La prima attestazione risale al 1822. Nonostante la sua origine straniera, facsimile si è pienamente integrata nella lingua italiana, al punto da generare per riduzione il termine fax, largamente usato nel XX secolo per indicare la trasmissione via telefono di copie di documenti.

Significato e usi

I principali dizionari italiani (Zingarelli, Sabatini-Coletti, Devoto-Oli, Garzanti, Hoepli) definiscono facsimile come una “copia o riproduzione esatta di un originale”. Questo significato è rimasto costante nel tempo ed è il più comunemente riconosciuto. Si parla, per esempio, di un facsimile di un manoscritto medievale, di una banconota o di un documento ufficiale. In questi casi, il facsimile riproduce fedelmente ogni dettaglio dell’originale, anche nella sua materialità, ed è spesso usato in contesti accademici, museali o amministrativi.

Tuttavia, nel tempo si è affermato anche un uso più estensivo e metaforico del termine, registrato anche dai dizionari: facsimile può indicare una persona o una cosa che assomiglia molto a un’altra, al punto da sembrare una copia. Ancora più interessante è l’uso, oggi sempre più diffuso, di facsimile con il significato di modello precompilato o schema, un’accezione che si sovrappone in parte a quella di template, termine inglese importato nel linguaggio informatico e burocratico.

Basti pensare a frasi come: “Il bando e il facsimile di domanda sono pubblicati sul sito” o “è disponibile un facsimile del modello di autocertificazione”. In questi casi, il termine non indica più una copia di un originale esistente, ma un modello standard da usare come base, da personalizzare inserendo dati specifici. Un uso che si è consolidato nella seconda metà del Novecento e che rispecchia la flessibilità semantica del termine nella lingua italiana.

Facsimile vs template

In inglese, facsimile e template hanno significati ben distinti. Il primo rimanda alla copia esatta di un originale (es. facsimile edition), mentre il secondo indica una sagoma, stampo, formato predefinito per creare nuovi oggetti o documenti. I dizionari inglesi, come l’Oxford English Dictionary, lo confermano: per facsimile si trovano sinonimi come copy, replica, duplicate, mentre per template si leggono cast, form, matrix, model.

In italiano, invece, la situazione è più sfumata. Poiché template è un forestierismo recente, entrato nell’uso solo a partire dagli anni Ottanta e Novanta, il termine facsimile, già ampiamente consolidato, ha finito per occupare anche lo spazio semantico del nuovo venuto, soprattutto nel linguaggio amministrativo e giornalistico.

La distinzione, però, resta utile: facsimile implica la riproduzione di un contenuto, mentre template rappresenta un modello astratto, uno schema da completare. Il primo è statico, il secondo dinamico. Come suggerisce l’analogia con il fax – una copia immutabile – facsimile conserva l’idea di qualcosa di già fatto, riprodotto, mentre template è una struttura vuota che attende contenuti.

Il plurale: facsimile o facsimili?

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda la formazione del plurale. È corretto dire i facsimile o i facsimili?

La questione non è banale, perché dipende dalla morfologia del termine e dalla sua natura di composto moderno. Come altri pseudolatinismi (referendum, vademecum, factotum), facsimile potrebbe teoricamente restare invariato al plurale (i facsimile). Tuttavia, essendo formato da fac + simile, e con simile che corrisponde a un aggettivo italiano, si tende a declinarlo secondo le regole dei composti verbo + sostantivo, portando così a facsimili.

I dizionari e le grammatiche non sono unanimi: il Garzanti e il DOP ammettono solo facsimili, mentre lo Zingarelli accetta entrambe le forme. Nella pratica d’uso, la forma invariabile è più frequente: ricerche condotte nel corpus della rete italiana mostrano un netto predominio di i facsimile rispetto a i facsimili.

Facsimile è una parola che, pur nata da una costruzione latina artificiale, si è stabilizzata nell’italiano moderno con una ricchezza di significati e usi che la rendono estremamente versatile. Da copia fedele a modello predefinito, passando per usi metaforici, il termine ha saputo adattarsi ai contesti culturali e tecnologici del suo tempo. E se l’incertezza sul plurale testimonia una naturale evoluzione della lingua, la coesistenza con template ci ricorda come le parole possano mutare, convivere e arricchirsi a vicenda, pur mantenendo una propria identità semantica ben precisa. Per approfondire l’argomento rimandiamo a questo esaustivo articolo redatto dall’Accademia della Crusca: Un facsimile non è un template.

 

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