Il termine reflex, ormai di uso comune in italiano, designa una tipologia di macchina fotografica che ha segnato un’epoca nella pratica fotografica amatoriale e professionale. Deriva dall’inglese reflex, che significa “riflesso”, e si riferisce al particolare sistema ottico che caratterizza questi apparecchi: lo specchio che riflette l’immagine proveniente dall’obiettivo sul mirino, consentendo al fotografo di vedere esattamente ciò che verrà impresso sulla pellicola (o, in seguito, sul sensore digitale). L’ingresso di questa parola nel lessico italiano non è solo un esempio di adattamento linguistico da una lingua all’altra, ma anche il segno dell’impatto culturale e tecnologico che la fotografia reflex ha avuto per decenni.
L’origine e il significato tecnico sul vocabolario italiano
La definizione fornita dal Vocabolario Treccani sottolinea proprio questa specificità: la reflex è un apparecchio in cui l’immagine, invece di passare direttamente attraverso un mirino semplice o un telemetro, viene riflessa da uno specchio interno. Nei primi modelli, chiamati reflex binoculari, si utilizzavano due obiettivi: uno per la ripresa e uno per la visione. Col tempo si affermò invece il sistema delle reflex monoculari (SLR, Single Lens Reflex), dove lo stesso obiettivo serviva sia per comporre l’immagine sia per scattarla. Lo specchio, posto dietro l’obiettivo, si sollevava nel momento dello scatto, lasciando passare la luce verso la pellicola o il sensore.
Questa innovazione garantiva un vantaggio decisivo: l’immagine che il fotografo vedeva nel mirino era identica a quella registrata dal supporto. Non c’erano errori di parallasse, tipici delle macchine a mirino separato, e la messa a fuoco risultava più precisa. Per questo motivo, a partire dal Novecento, le reflex diventarono gli strumenti preferiti dai fotografi professionisti e da molti appassionati.
Reflex, compatte, mirrorless: un confronto
Per comprendere appieno il significato e l’uso della parola reflex, è utile confrontare questa categoria di macchine fotografiche con altre tipologie diffuse nella storia della fotografia.
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Le compatte: si tratta di apparecchi più semplici, spesso privi di specchio, progettati per l’uso quotidiano. Nelle compatte tradizionali a pellicola e in quelle digitali, il mirino non mostra esattamente l’immagine catturata dall’obiettivo, con possibili differenze soprattutto nelle inquadrature ravvicinate. La loro forza sta nella praticità: leggere, automatiche, pensate per un pubblico che desidera scattare senza troppe regolazioni. Rispetto alle reflex, sacrificano il controllo manuale e la qualità ottica, ma guadagnano in immediatezza.
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Le macchine a telemetro: celebri marchi come Leica hanno reso iconica questa categoria. In questi apparecchi, la messa a fuoco avviene attraverso un sistema di telemetro che consente di valutare la distanza del soggetto. Non avendo specchio né pentaprisma, sono più compatte e silenziose delle reflex, ma richiedono maggiore abilità nell’inquadratura. Molti fotografi di reportage le hanno preferite per la discrezione.
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Le mirrorless: apparse negli anni Duemila, rappresentano in un certo senso l’evoluzione tecnologica rispetto alle reflex. Eliminano lo specchio e sostituiscono il mirino ottico con un mirino elettronico (EVF), in cui l’immagine viene mostrata direttamente dal sensore digitale. Sono più leggere e compatte delle reflex, ma conservano la possibilità di cambiare obiettivi. Per alcuni, sono le eredi naturali delle reflex; per altri, segnano un cambio di paradigma che rende “storico” il sistema reflex tradizionale.
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Le istantanee: un altro confronto interessante riguarda le macchine fotografiche istantanee, rese famose da Polaroid. Qui l’attenzione non è sulla precisione dell’inquadratura, ma sull’immediatezza della stampa. L’esperienza fotografica cambia completamente: più ludica, più emozionale, meno tecnica.
L’importanza culturale della parola
Nel linguaggio comune italiano, dire “reflex” significa evocare non solo un tipo di macchina, ma anche un’idea di fotografia consapevole, ragionata, “seria”. È il contrario della foto scattata al volo con lo smartphone: la reflex implica studio, regolazioni manuali, padronanza tecnica. Non a caso, spesso chi vuole distinguersi come fotografo amatoriale evoluto inizia proprio acquistando una reflex.
Il termine stesso ha assunto un valore simbolico. Non indichiamo soltanto un apparecchio dotato di specchio e pentaprisma, ma quasi uno status: il passaggio dal fotografo occasionale al fotografo che intende approfondire l’arte dello scatto. Per questo, anche oggi che le mirrorless dominano il mercato, la parola reflex mantiene un fascino particolare, legato a decenni di innovazioni, reportage e capolavori artistici.
“Reflex” come prestito linguistico
Dal punto di vista linguistico, reflex è un prestito dall’inglese non adattato completamente: in italiano, infatti, non si pluralizza secondo le regole comuni (le reflex e non i reflexes). È diventato un sostantivo maschile invariabile, che non ha traduzioni equivalenti nel lessico nativo. Questo riflette una tendenza più ampia: molte innovazioni tecnologiche entrano nell’italiano direttamente con il nome inglese, senza mediazioni. Così è accaduto anche con scanner, mouse, smartphone.
La scelta di non tradurre il termine è significativa: “riflesso” avrebbe potuto essere un’alternativa italiana, ma non ha mai attecchito. Probabilmente perché la parola inglese reflex si è diffusa insieme ai prodotti stessi, in particolare agli apparecchi provenienti da case giapponesi e tedesche che usavano già la dicitura internazionale.