L’italiano, come tutte le lingue vive, conserva numerose tracce della sua evoluzione storica, specialmente nei prestiti e nei latinismi che arricchiscono il lessico. Tra questi, uno dei più comuni — e forse meno approfonditi — è l’uso delle forme “Etc.”, “Ecc.” e “Eccetera”. Tre modalità di esprimere la stessa idea: quella di elencare rapidamente ciò che resta sottinteso o che è già facilmente desumibile dal contesto. Ma come si usano correttamente? E quali sono le differenze tra una forma e l’altra?
Origine latina e significato in italiano
La base comune delle tre forme è la locuzione latina et cetera, che letteralmente significa “e le altre cose”. L’espressione viene da et (“e”) e cetera (“le altre cose”, neutro plurale di ceterus). In latino, et cetera serviva già ad abbreviare gli elenchi troppo lunghi o inutilmente ripetitivi, esattamente come accade oggi in italiano.
Nel tempo, l’espressione è stata completamente assimilata nell’uso italiano, ma ha prodotto diverse varianti grafiche e di abbreviazione: etc., ecc. e, naturalmente, la forma estesa eccetera.
“Etc.”: la fedeltà alla grafia latina
La forma etc. è quella più fedele alla grafia latina originale. Si incontra ancora, specialmente in testi più formali, accademici o comunque legati a tradizioni letterarie che amano sottolineare il legame con il latino. Non è raro trovarla anche in testi giuridici o filosofici.
Un esempio d’uso:
Sono le domande precedute da locuzioni del tipo: come, come mai, perché, in che modo, etc. (G. Carofiglio, L’arte del dubbio)
Tuttavia, nel parlato italiano contemporaneo, il suono “etc.” non rispecchia la pronuncia naturale della parola “eccetera”. Questo scarto tra grafia e pronuncia ha contribuito a rendere la forma etc. meno comune nell’uso quotidiano.
“Ecc.”: la grafia più aderente alla pronuncia italiana
La forma ecc. è oggi la più utilizzata. Essa nasce come abbreviazione più vicina alla reale pronuncia italiana della parola eccetera. La doppia “c” rispecchia il suono forte che si percepisce nella dizione italiana, ed è quindi considerata preferibile nella maggior parte dei testi scritti.
Un esempio tipico:
Ricorda di comprare pane, pasta, formaggio ecc.
Questa grafia si incontra ovunque: nella comunicazione quotidiana, nei testi scolastici, nei documenti ufficiali e persino nella narrativa moderna. La sua forza sta nella chiarezza e nell’immediatezza, qualità che il buon uso della lingua italiana tende sempre a privilegiare.
“Eccetera”: la forma estesa
Infine, abbiamo eccetera, la forma estesa, non abbreviata. Essa è perfettamente corretta e viene preferita nei casi in cui si voglia mantenere un tono più disteso, meno ellittico, o evitare l’accumulo di abbreviazioni che potrebbero appesantire la lettura.
Ad esempio:
Porta con te penna, quaderno, libri eccetera, per ogni evenienza.
In contesti letterari o poetici, la parola intera permette anche una maggiore musicalità e ritmo rispetto all’abbreviazione, che può risultare più brusca.
Quando e come usare le diverse forme
Secondo le principali indicazioni stilistiche, è importante:
scegliere una delle due abbreviazioni, etc. o ecc., e mantenerla coerente in tutto il testo;
preferire ecc. nei testi italiani contemporanei per una maggiore naturalezza;
usare etc. solo se si desidera richiamare volutamente il latino, oppure all’interno di contesti molto formali;
optare per eccetera quando si vuole evitare l’abbreviazione o mantenere un tono discorsivo.
Mescolare etc. ed ecc. nello stesso testo è sconsigliato: può creare confusione e dà l’impressione di scarsa cura stilistica.
Gli usi principali
Le tre forme vengono impiegate prevalentemente in due casi:
Alla fine di un elenco, per evitare di nominare tutti gli elementi:
Abbiamo visitato musei, chiese, piazze, ecc.
Per abbreviare titoli o qualifiche lunghe, come accadeva in alcuni testi letterari:
L’Illustrissimo Signore Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore etc. (Manzoni, I promessi sposi)
In entrambi i casi, l’abbreviazione segnala al lettore che il discorso continua idealmente, ma non è necessario esplicitarlo ulteriormente.
Varianti, variabili, ecc.
La presenza di etc., ecc. ed eccetera nella lingua italiana testimonia una ricchezza e una varietà che meritano di essere conosciute e gestite con consapevolezza. Sebbene tutte e tre le forme siano corrette, ecc. si conferma come la più adatta alla scrittura italiana contemporanea.
Saper scegliere la forma giusta, ed essere coerenti nel suo impiego, non è soltanto una questione di correttezza grammaticale: è anche un gesto di rispetto verso la chiarezza espressiva e verso il lettore, che potrà così seguire il nostro discorso senza inciampi. Anche in una semplice abbreviazione come ecc. si nasconde, dunque, tutta l’arte sottile della buona scrittura.