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Italiano: si dice “che ora è?”, “che ore sono?” o entrambe?

Scopriamo con questo articolo se nell'italiano standard quando dobbiamo informarci sull'orario possiamo dire sia "che ora è?" e sia "che ore sono?"

Chiunque abbia studiato o usi la lingua italiana si sarà imbattuto almeno una volta nel dubbio (tutto italiano): si dice “Che ora è?” oppure “Che ore sono?”? Entrambe le espressioni sono frequenti nell’uso parlato e scritto, ma possono suscitare incertezza, soprattutto tra chi sta imparando l’italiano come lingua straniera o tra chi vuole semplicemente approfondire la correttezza formale dell’espressione. A dispetto di ciò che si potrebbe pensare, entrambe le domande sono perfettamente corrette e accettate dalla norma grammaticale, e si usano in maniera intercambiabile per chiedere l’ora.

Secondo le indicazioni dei manuali di italiano e dei dizionari, le due formule — “Che ora è?” e “Che ore sono?” — sono equivalenti in termini di significato. Non c’è una più giusta dell’altra, né una più adatta a contesti particolari, salvo leggere sfumature di stile o abitudine personale. Quindi, alla domanda posta in qualunque forma, si può tranquillamente rispondere: “Sono le tre”, “È mezzogiorno”, “Sono le sette e un quarto”, ecc.

Italiano: una questione di singolare e plurale

Ma da dove nasce il dubbio? Forse dalla differenza tra “ora” al singolare e “ore” al plurale. L’italiano consente un certo grado di flessibilità in espressioni idiomatiche come questa. Quando si dice “Che ora è?”, si adotta il singolare del sostantivo “ora”, come se si volesse conoscere l’attuale “unità di tempo” in corso. Viceversa, “Che ore sono?” mette l’accento sul fatto che l’ora è costituita da una quantità — di solito superiore a uno — di ore intere, indicando che il tempo è suddiviso in più parti.

Tuttavia, la lingua parlata si dimostra meno rigida della logica grammaticale. Ad esempio, si dice “Che ore sono?” anche quando la risposta sarà “È mezzogiorno”, ovvero al singolare, oppure “È l’una”, sempre al singolare. Allo stesso modo, si chiede “Che ora è?” anche se la risposta sarà “Sono le otto”, quindi con verbo e soggetto al plurale. La lingua, insomma, non si lascia troppo condizionare da vincoli morfosintattici, preferendo la naturalezza e la convenzione d’uso.

Uso formale e informale

Nel caso in cui si desideri formulare una richiesta più cortese o formale, entrambe le espressioni si possono facilmente inserire in domande di tono educato:

“Mi può dire che ora è?”

“Mi può dire che ore sono?”

“Mi potrebbe dire l’ora?”

Tutte queste forme sono corrette e utilizzabili in qualsiasi situazione comunicativa, dal colloquio di lavoro al dialogo con uno sconosciuto in treno.

Rispondere all’ora: una grammatica tutta italiana

Una volta superato il dubbio iniziale e ottenuta la risposta, è utile sapere anche come si esprime correttamente l’ora in italiano. Di norma si usa la costruzione “sono le…”, seguita dal numero corrispondente:

Sono le due.

Sono le undici e dieci.

Ci sono però tre eccezioni, dove si usa il verbo al singolare “è”:

È mezzogiorno.

È mezzanotte.

È l’una.

Questa scelta è giustificata dal fatto che in questi tre casi si parla di un momento unico e definito della giornata, che non si presta al plurale.

I minuti si aggiungono con la congiunzione “e”, come in:

Sono le tre e cinque.

È l’una e venti.

Per esprimere frazioni d’ora si usano espressioni consuete e molto diffuse:

e un quarto (quindici minuti),

e mezza / e mezzo (trenta minuti),

e tre quarti (quarantacinque minuti).
Entrambe le forme “mezza” e “mezzo” sono accettate, ma la variante “mezza” è più comune nel parlato. Inoltre, “la mezza” indica l’ora e trenta riferita a mezzogiorno o mezzanotte: “Ci vediamo alla mezza.”

Infine, quando mancano meno di venti minuti all’ora successiva, si può anche indicare l’ora che verrà, sottraendo i minuti mancanti:

Sono le undici meno dieci.

Sono le dieci e tre quarti → sono le undici meno un quarto.

Una lingua che accoglie la varietà

Il caso di “Che ora è?” e “Che ore sono?” è un perfetto esempio della ricchezza e della duttilità della lingua italiana. Non sempre le scelte linguistiche rispondono a regole ferree: spesso la consuetudine, l’uso, l’intonazione e il contesto determinano la forma preferibile. Ciò non significa che tutto sia lecito, ma che la lingua vive anche di alternative equivalenti.

In conclusione, sebbene il dubbio tra le due forme possa sembrare spinoso, la risposta è rassicurante: si possono usare entrambe le espressioni senza timore di errore. L’importante è sapere che dietro queste formule apparentemente semplici si nasconde un universo linguistico complesso e affascinante, che rispecchia la naturale flessibilità dell’italiano e la sua capacità di esprimere con grazia anche il più quotidiano dei quesiti: “Che ore sono?”

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