Il dialetto e l’affascinante significato di “incignare”

16 Gennaio 2025

Scopriamo l'origine e il significato della parola proveniente dal dialetto "incignare", che percorre quasi l'intera penisola, con diverse sfumature.

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La lingua italiana è un mosaico di sfumature, arricchito dalle varietà di ogni dialetto che porta con sé storia, tradizione e unicità culturale. Tra queste, il verbo “incignare” rappresenta un’espressione affascinante e peculiare, legata al territorio toscano e a significati che trascendono il semplice uso quotidiano. Vediamo un po’ la sua origine e la sua diffusione, oggi che è la Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue locali, aiutandoci anche con l’ottimo articolo di Claudio Marazzini presso l’Accademia della Crusca.

Cosa significa la parola proveniente dal dialetto “Incignare”?

Nel dialetto toscano, “incignare” indica l’azione di mettere o utilizzare qualcosa per la prima volta. L’esempio più ricorrente è quello di indossare un abito nuovo, un significato che emerge già nel Vocabolario dell’uso toscano di Fanfani. Questa parola richiama un gesto simbolico: l’inizio, la novità, un atto che segna il passaggio a un’esperienza o a uno stato nuovo.

Origini ed Etimologia

L’etimologia di “incignare” risale al greco enkáinia (da kainós, “nuovo”), che attraverso il latino encaniare (inaugurare) si è radicata nella tradizione linguistica toscana. Il richiamo alle feste di inaugurazione ci suggerisce un significato cerimoniale e collettivo. Tuttavia, il termine ha acquisito una connotazione più personale e intima, riferendosi a piccoli riti del quotidiano come “incignare un vestito” o “incignare una bottiglia”.

Tra Dialetto e Lingua Letteraria

La diffusione di “incignare” è fortemente legata a specifiche aree della Toscana, con attestazioni a Lucca, Livorno, Pisa e nelle isole come l’Elba. Sebbene non sia mai stato registrato nei principali dizionari del fiorentino — il Novo dizionario Giorgini-Broglio (1891), ad esempio, ne omette la voce — il termine si è comunque fatto strada nella letteratura e nella lessicografia italiana, grazie a scrittori e studiosi. Filippo Pananti, poeta ottocentesco toscano, utilizza questa parola in un suo verso:

«Un’altra ha un casacchin color di rosa,
che sua nonna incignò quando fu sposa.»

Questi versi, citati da Fanfani, esprimono un gesto semplice, ma intriso di memoria e affetto, suggerendo come “incignare” non sia solo un verbo, ma un frammento di vita che custodisce significati culturali profondi.

Molti si chiedono se “incignare” possa essere considerata una parola legittimamente italiana o confinata al rango di “vernacolare”. La risposta è chiara: pur essendo un toscanismo, il termine ha trovato spazio anche oltre i confini regionali, approdando persino in altre aree d’Italia, come la Calabria e la Sicilia, dove viene utilizzato in forma simile. Il linguista Ascanio Persio già nel Cinquecento ne lodava l’origine greca e ne auspicava l’inclusione nella lingua italiana per la sua “nobile etimologia”. Questo sentimento di ammirazione per la parola è stato condiviso da figure come Prospero Viani e Filippo Ugolini, che ne hanno sostenuto la validità linguistica e culturale.

Usi e Interpretazioni Contemporanee

Sebbene non sia una parola di uso comune nella lingua standard, “incignare” continua a suscitare fascino per la sua specificità e il suo sapore storico. Nell’Italia contemporanea, la parola viene percepita come un’espressione caratteristica, legata alla vita rurale o ai gesti semplici della quotidianità. Alcuni esempi d’uso includono:

Incignare un lavoro: iniziare un nuovo impegno.
Incignare una damigiana di vino: assaggiare per la prima volta il contenuto.
Incignare un viaggio: cominciare un’avventura.
Inoltre, grazie alla sua ricchezza semantica, il verbo è stato adottato anche da alcuni autori di rilievo, come Pirandello e Pascoli, che lo hanno integrato nelle loro opere per dare un tocco di autenticità e tradizione.

Questa parola evoca non solo un’azione concreta, ma anche una dimensione simbolica. Ogni prima volta porta con sé una carica emotiva: il timore dell’ignoto, la gioia della scoperta, il senso di novità. “Incignare” diventa allora una lente attraverso cui guardare a quei momenti di transizione che segnano la vita umana.

In un mondo linguistico sempre più globalizzato, la riscoperta di parole come “incignare” è un atto di resistenza culturale e identitaria. Questi termini non solo arricchiscono il lessico, ma rappresentano il legame profondo tra lingua, territorio e storia. “Incignare” ci ricorda che dietro ogni parola c’è un mondo da esplorare, fatto di etimologie, usi locali e trasformazioni culturali. È un invito a preservare e valorizzare la diversità linguistica come parte integrante del nostro patrimonio.

In definitiva, usare questa parola significa fare un piccolo gesto di continuità con il passato, mantenendo vive le radici di un patrimonio linguistico che rischia altrimenti di perdersi nel tempo. Quindi, la prossima volta che indossate un abito nuovo o iniziate un progetto, pensate a “incignare”: una parola che unisce semplicità e profondità.

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