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Errori con l’italiano: si dice “specificamente” o “specificatamente”?

Scopriamo grazie a questo articolo quale è la forma corretta del comunissimo avverbio, se "specificamente" o "specificatamente" per evitare errori.

La lingua italiana offre spesso più di una variante (per la gioia degli errori) per esprimere un concetto, e la scelta tra “specificamente” e “specificatamente” rientra in questo fenomeno linguistico. Entrambi gli avverbi sono registrati nei principali dizionari e hanno un significato equivalente, ossia “in modo specifico, dettagliato”. Tuttavia, l’uso delle due forme genera spesso dubbi tra parlanti e scriventi, portando a riflessioni più ampie sulla formazione degli avverbi in italiano e sulla loro evoluzione storica.

La formazione degli avverbi in -mente: conoscerla per evitare tutti gli errori

Il suffisso -mente è il più produttivo in italiano per la formazione degli avverbi, derivati generalmente dalla forma femminile dell’aggettivo corrispondente. Ad esempio, da “chiaro” si forma “chiaramente”, da “forte” si ottiene “fortemente” e così via. Tuttavia, esistono delle eccezioni: alcuni avverbi si sviluppano anche dai participi passati utilizzati con funzione aggettivale. Questo spiega perché in italiano possano coesistere forme derivate dall’aggettivo e dal participio, come “specificamente” (da “specifico”) e “specificatamente” (da “specificato”).

Una questione di storia: le prime attestazioni

Dal punto di vista storico, entrambe le forme sono attestate fin dal Medioevo. Il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia registra “specificamente” nel Convivio di Dante (XIV secolo), mentre “specificatamente” compare per la prima volta nello Specchio di vera penitenza di Iacopo Passavanti (1354). Entrambi i termini sono dunque utilizzati da secoli, senza che si possa stabilire una netta prevalenza dell’uno sull’altro.

Anche la Letteratura italiana Zanichelli ha censito le due forme, rilevando che “specificatamente” compare in autori come Giordano Bruno, Galileo Galilei, Giacomo Leopardi e Luigi Pirandello, mentre “specificamente” è attestato in Dante, Francesco Colonna, Paolo Sarpi e nuovamente Leopardi. Questo dimostra come entrambi gli avverbi siano stati utilizzati nel corso della storia della lingua senza una chiara distinzione di registro o significato.

Differenze di percezione e uso

Dal punto di vista grammaticale, sia “specificamente” che “specificatamente” sono corrette e intercambiabili. Tuttavia, nella percezione comune esistono alcune sfumature:

Specificamente è spesso percepito come più breve e diretto, ed è maggiormente utilizzato in contesti tecnici e formali.

Specificatamente può apparire più lungo e ridondante, per questo è meno diffuso nel parlato quotidiano, anche se rimane accettabile nello scritto.

A livello stilistico, dunque, si tende a preferire la forma più breve quando possibile, come avviene con altri avverbi analoghi (ad esempio, “esplicitamente” è preferito a “esplicitatamente”).

Quale scegliere?

In definitiva, entrambe le forme sono corrette e utilizzabili in italiano. Non esiste una norma prescrittiva che imponga l’uso di una variante a discapito dell’altra, poiché la loro storia dimostra una lunga coesistenza e un significato sovrapponibile. Tuttavia, se si desidera uno stile più asciutto e scorrevole, “specificamente” è la scelta preferibile, mentre “specificatamente” potrebbe risultare più ridondante. In ogni caso, la decisione finale spetta all’uso personale e al contesto comunicativo in cui si scrive o si parla. In ogni caso, per saperne di più è utile consultare l’articolo dell’Accademia della Crusca redatto specificatamente su questo argomento: Un avverbio: specificamente o specificatamente.

Detto questo è sempre utile ribadire quanto sia bella e complessa la lingua italiana, anzi, quanto la sua bellezza risieda proprio nella sua complessità. Importante è studiarne approfonditamente ogni anfratto, ogni particolarità e ogni eccezione. così da arricchire enormemente anche la qualità dei nostri pensieri e, di conseguenza, delle nostre discussioni, dei nostri discorsi, perché, anche se spesso lo tendiamo a dimenticare, noi siamo in gran parte la lingua che possediamo e che parliamo, nel senso della complessità della lingua che riusciamo a governare, e in ultimo, ma anche in principio, è bene non dimenticare mai che la lingua è un enorme, potentissimo strumento di potere, trascurarlo vuol dire perdere ogni potere e, peggio, lasciarsi governare facilmente da altri.

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