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Darsi all’ippica, significato e origine del modo di dire

Scopriamo l'origine di un altro celebre modo di dire che tutti utilizziamo ma del quale pochi, è proprio il caso di dire "scommettiamo", conoscono la precisa provenienza

Non è per forza necessario essere appassionati di cavalli per “darsi all’ippica”. Si tratta infatti di un celebre modo di dire che tutti utilizziamo ma del quale pochi, è proprio il caso di dire “scommettiamo”, conoscono la precisa origine. Scopriamola di seguito.

Cosa significa “darsi all’ippica”

Con questa locuzione, utilizzata di solito coniugando il verbo nel modo imperativo (datti all’ippica, datevi all’ippica) si esprime ironicamente un invito a cambiare mestiere, a dedicarsi ad altro, a smettere di occuparsi di qualcosa per manifesta inettitudine.

Si invita, quindi a “darsi all’ippica” una persona che si considera incapace di affrontare un certo compito o non in grado di raggiungere un certo obiettivo. Si invita a partecipare a questa attività perché si pensa che questa sia semplice rispetto a quella di partenza.

In realtà non è così: l’ippica è un’attività che richiede anni di apprendimento e pratica. L’equitazione, in particolare, richiede una coordinazione precisa e una conoscenza delle tecniche per interagire efficacemente con il cavallo. Ma si sa: spesso alcuni modi di dire nascono da dicerie e stereotipi che vanno in direzione diametralmente opposta rispetto alla realtà dei fatti.

L’origine del modo di dire

Sulle origini di questo modo di dire sono state formulate due ipotesi. La prima riguarda il poeta Gianbattista Marino che, nel Seicento, invitava i poeti incapaci di produrre versi sufficientemente arguti a darsi all’ippica, visto che all’epoca lavorare con i cavalli era ritenuto un mestiere umile.

Secondo altri, invece, l’espressione risalirebbe al ventennio e al gerarca fascista Achille Starace che, nel 1931, arrivò a un convegno di medicina con notevole ritardo. I medici accennarono a qualche timida protesta ma Starace rispose che era stato impegnato con
la sua cavalcata quotidiana e invitò i presenti a seguire il suo esempio: “Fate ginnastica e non medicina. Abbandonate i libri e datevi all’ippica”.

I modi di dire “equini”

“Darsi all’ippica” non è l’unico modo di dire di origine equina: ce ne sono diversi che usiamo quotidianamente: alcuni esempi sono “a caval donato non si guarda in bocca” per invitare quindi ad essere sempre riconoscenti a chi ci regala qualcosa anche se di scarso valore; “campa cavallo che l’erba cresce”; “partire a cavallo e tornare a piedi” che si utilizza quando si parte pieni di speranze
e si torna senza avere ottenuto niente.

Continuiamo l’elenco dei modi di dire “equini” con la locuzione “rimettersi in sella” quando ci si ritrova in una buona condizione economica dopo un lungo periodo di stenti; “toccare ferro (di cavallo)” quando ci si riferisce a uno dei gesti italiani più scaramantici; “prendere ombra” che indica una persona permalosa e deriva dalla tendenza che hanno i cavalli di innervosirsi ed imbizzarrirsi
perché spaventati da un’ombra.

Infine, concludiamo con l’espressione “cavallo di battaglia” che sta a indicare l’attività in cui una persona riesce meglio a mostrare le sue doti, in piena antitesi rispetto al modo di dire “darsi all’ippica”.

Perché diciamo così

L’espressione “darsi all’ippica” e altri modi di dire diffusi nella nostra lingua sono protagonisti all’interno del libro del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), volume scritto dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.

Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi.

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