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Cosa significa essere scarcerati per “resipiscenza”

"Resipiscenza": è questa la motivazione con cui è stato scarcerato uno degli autori dello stupro di Palermo, all'epoca dei fatti minorenne. Scopriamo cosa significa.

È stato scarcerato per “resipiscenza” uno degli autori – all’epoca dei fatti minorenne – dello stupro di gruppo a Palermo di cui si sta tanto parlando in questi giorni. Un fatto di cronaca che ha visto protagonista una giovane diciannovenne e alcuni ragazzi che, nella notte del 7 luglio, hanno commesso un atto terribile, di cui adesso, sebbene sia troppo tardi, devono assumersi le responsabilità.

Le procedure processuali sono iniziate da qualche giorno, insieme agli interrogatori che stanno facendo tanto discutere sia per le parole dei ragazzi indagati, sia per il polverone mediatico che fatti del genere sollevano. Che ci sia ammissione di colpa o meno, accadimenti come lo stupro di gruppo denotano una grande perdita di valori, mancanza di responsabilità individuale e collettiva e, soprattutto, una preoccupante emorragia di educazione civica.

La scarcerazione di uno degli indagati

Fra critiche, commenti e polemiche, uno dei giovani autori del misfatto, che all’epoca era ancora minorenne, è stato scarcerato per aver mostrato, durante gli interrogatori “resipiscenza”. Il ragazzo ha confessato e mostrato pentimento, perciò il GIP ha deciso di indirizzarlo presso una comunità, a scopo rieducativo. Ma cosa significa “resipiscenza”?

Etimologia di “resipiscenza”

Il termine in questione ha origini latine e dotte. Le prime attestazioni di resipiscentia” si trovano nel tardo latino. Il sostantivo deriva, in effetti, dall’aggettivo resipiscens, che unisce il verbo resipio e il participio presente del verbo scio. 

Il significato letterale di resipio è da ricercarsi nel campo lessicale del gusto. La prima accezione, infatti, potrebbe essere tradotta in via transitiva come “avere sapore di”, e in modo intransitivo come “avere gusto”, “essere saporito”. Nel caso della nostra parola composta, tuttavia, è da attenzionare il significato traslato, il senso figurato, che acquista l’accezione di “tornare alla retta via”, alla verità, insomma. Quanto a scio, è il verbo della coscienza e della consapevolezza. Il participio presente, dunque, potrebbe tradursi come “cosciente”.

Il significato della parola che ha fatto scalpore in queste ore

Ma cosa significa, quindi, “resipiscenza”? E cosa lega il termine all’ambito dei reati e al mondo della giustizia?

“Resipiscenza” è la consapevolezza che si riacquista dopo aver commesso un atto ignobile. Essere resipiscenti significa ravvedersi, ritornare alla retta via, comprendere di aver sbagliato e voler rimediare, sebbene in molti casi questo non sia affatto possibile. Il termine, rimasto nell’ambito dotto, ha una valenza quasi esclusivamente giudiziaria. Ed è infatti in questo modo, leggendo di cronaca e procedure processuali, che abbiamo imparato a conoscerlo. Ecco la definizione offerta dal vocabolario Treccani al lemma “resipiscenza”:

resipiscènza s. f. [dal lat. tardo resipiscentia, der. di resipiscens –entis «resipiscente»], letter. – Il rinsavire e il ravvedersi, riconoscendo l’errore in cui si è caduti, tornando al retto operare: la troppo tarda rnon gli giovò. Nel diritto penale la rdel colpevole ha efficacia esimente o attenuante sulla punizione del reato, per considerazioni fondate sia su motivi di giustizia (minore entità dell’offesa al diritto) sia su ragioni sintomatiche (minore capacità a delinquere).

Insomma, il giovane autore dello stupro di Palermo è stato scarcerato perché non solo consapevole della gravità del fatto commesso, ma anche perché intimamente pentito. In quest’ottica, il GIP ha ritenuto che fosse più opportuno reindirizzare l’imputato verso una comunità, per non ledere il processo di ravvedimento già in corso e continuare, piuttosto, sulla strada della rieducazione.

Nei casi in cui si scarcera qualcuno per “resipiscenza”, infatti, di solito l’obiettivo è proprio quello di condurre alla rieducazione, valutando il livello di pericolo di reiterazione e, soprattutto, la natura del pentimento dell’indagato.

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