Tra i numerosi dilemmi che la lingua italiana pone a coloro che la utilizzano, madrelingua e non, ha sicuramente un posto di primo piano il corretto uso della preposizione da. Abbiamo chiesto di fare chiarezza a Fausto Raso, giornalista specializzato in problematiche linguistiche.
La premessa
Come segnalato sul sito de l’Accademia della Crusca, la preposizione da presenta nell’italiano contemporaneo l’intera gamma dei valori locativi. Può indicare il moto da luogo (“vengo da Bologna”), lo stato in luogo (“sono a cena dai miei”) il moto a luogo (“vado dal meccanico”, per riprendere un esempio del lettore), il moto per luogo (“sono passato da Corso Umberto”). Il valore originario è il primo, rientrante in una più ampia rete di rapporti grammaticali e semantici che esprimono l’idea di allontanamento, separazione, origine.
Alcuni così detti “scrittori di vaglia”, non sappiamo se per puro “snobismo linguistico” o per scarsa conoscenza delle norme che regolano la nostra madre lingua, adoperano la preposizione da in modo improprio, per non dire errato, confondendo le idee linguistiche ai giovani studenti che, attratti dal “nome” dello scrittore, prendono per oro colato tutto ciò che la grande stampa “propina” loro.
Sarà bene vedere, quindi, sia pure per sommi capi, fare chiarezza circa l’uso corretto della preposizione affinché gli studenti non incorrano nelle ire dei loro insegnanti, se questi ultimi sono degni di tale nome (la nostra esperienza, purtroppo, ci rende scettici in proposito).
L’uso corretto della preposizione da
La preposizione da, dunque, è usata correttamente quando indica l’attitudine, l’idoneità, la destinazione: pianta ‘da’ frutto; camicia ‘da’ uomo; sala da tè; veste ‘da’ camera e simili. Alcuni scrittori, dicevamo, la adoperano in modo improprio, in luogo della preposizione “di”, quando si parla di una qualità specifica di una cosa e non di una destinazione, sia pure occasionale.
In questi casi si deve usare esclusivamente la preposizione “di”, l’unica autorizzata “per legge grammaticale”. Si dirà, per tanto, festa ‘di’ ballo (non da ballo); biglietto ‘di’ visita (non da visita, anche se ormai l’uso errato prevale su quello corretto); uomo ‘di’ spettacolo; Messa ‘di’ Requiem.
Durante le celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Verdi, nel 2001, un grande giornale d’informazione titolò: “Grande successo per la Messa da Requiem”. Il giornale e il suo redattore titolista non presero a calci solo la lingua italiana, offesero soprattutto la memoria del grande musicista che ha composto, per l’appunto, la “Messa di Requiem”. Ancora. Leggiamo sempre, su tutti i giornali, frasi del tipo: “Il giocatore Sempronio ha ripreso il suo posto da titolare”. Nelle espressioni citate quel “da” è uno “snobismo linguistico” o un… “ignorantismo”? Decidete voi, gentili amici.
Quando non utilizzare il “da”
La preposizione da, inoltre, non può usurpare le funzioni della consorella “per” quando nella frase c’è un verbo di modo infinito atto a indicare l’uso, la destinazione della cosa di cui la stessa cosa è agente. Diremo, quindi, macchina “per” scrivere, non “da” scrivere (altrimenti sembra che la macchina debba “essere scritta”); matita “per” disegnare, non “da” disegnare e simili. la preposizione “da”, insomma, posta davanti a un verbo di modo infinito rende quest’ultimo di forma passiva.
È adoperata correttamente, quindi, se seguita da un infinito nelle espressioni tipo “casa ‘da’ vendere” (che deve essere venduta); “grano ‘da’ macinare” (che deve essere macinato) e via discorrendo. Un’ultima annotazione: la preposizione ‘da’ non si apostrofa mai (per non confondersi con la sorella ‘di’) tranne in alcune locuzioni avverbiali: d’altronde; d’altro canto e simili.
Scopri i 10 errori linguistici che si commettono con maggior frequenza
Conclusione: i diversi utilizzi della proposizione da
La preposizione da si riconduce a idee di partenza, di distacco, di origine da un punto di spazio reale o figurato, ha quindi un significato di movimento a partire da un punto, ma ne ha anche molti altri. Elenchiamoli di seguito con i relativi esempi:
– complemento di moto da luogo: siamo partiti da Milano, vengo da Torino, esco dal negozio;
– moto a luogo: andiamo a mangiare dai miei genitori, vado dal salumiere a fare la spesa;
– stato in luogo: sono da Marco (col valore di “sono a casa di Marco”);
– moto per luogo: i ladri sono entrati dall’ingresso principale;
– agente e causa efficiente: Luigi è stato sgridato dai genitori;
– causa: tremavo dalla paura (col valore di “a causa della paura”);
– origine, provenienza: ho appreso la notizia dai giornali;
– separazione, allontanamento: mi sono allontanato dai miei amici;
– tempo: da domani mi metto a dieta; da piccolo facevo arrabbiare sempre i miei genitori (col valore di “quando ero piccolo”);
– mezzo: ti ho riconosciuto dal rumore dei tuoi passi;
– qualità: una ragazza dai lineamenti fini;
– limitazione: non ci sento bene da un orecchio;
– fine: occhiali da vista;
– stima, prezzo: avrà dai venti ai ventinove anni; un divano da seicento euro (uguale a “che costa seicento euro”);
– modo: l’insegnante si è comportato da maestro modello; ha organizzato una cena da favola (uguale a “degna di una favola”); è stata una serata da urlo;
– predicativo: mi ha fatto da testimone.