In questo articolo analizzeremo “conditio sine qua non“, la locuzione che si traduce con “condizione senza la quale”, ovvero condizione necessaria perché qualcosa avvenga, diventato un curioso caso nella lingua italiana perché ad un certo punto è stata sintetizzata, nel linguaggio giuridico, col semplice “condicio”.
Scopriamo se la formula più usata oggi è anche storicamente la più corretta, e qual è il rapporto con la sua formula alternativa dalla quale si differenzia per la sostituzione di una sola consonante.
“Condicio” o “conditio sine qua non”?
La locuzione latina conditio sine qua non significa letteralmente “condizione senza la quale non” e rappresenta un elemento essenziale, irrinunciabile, per il compimento di un’azione o per il verificarsi di un evento. Tuttavia, il suo utilizzo presenta una variazione nella forma scritta: alcuni dizionari riportano la versione “condicio sine qua non”, mentre altri preferiscono l’altra variante. Un dizionario intermedio, il GRADIT, le accoglie entrambe come varianti, mentre il GDLI non include questa locuzione.
L’alternanza tra le due parole si osserva anche nel linguaggio giuridico, in cui la locuzione designa una clausola essenziale per la validità di un atto. Anche nei vocabolari delle fonti giuridiche romane si registra questa differenza: il Dirksen del XIX secolo utilizza “conditio”, mentre il successivo Vocabolarium iurisprudentiae romanae riporta “condicio”. Questa stessa alternanza è riflessa nella “Teoria dell’equivalenza delle condizioni”, sviluppata dal giurista tedesco Von Buri nel 1873 e nota sia come teoria della conditio sine qua non sia della condicio sine qua non.
Sul web, luogo in cui spesso di generano utilizzi della lingua che si differenziano rispetto alle regole canoniche e condivise, entrambe le varianti sono diffuse, anche se “conditio sine qua non” appare con maggiore frequenza. L’utilizzo letterario della locuzione mostra invece una predilezione per la forma “conditio sine qua non”. Questa espressione è presente già dalla fine del XVI secolo in testi di teologia, come nelle opere di Benito Perera e Luis Molina.
Nell’Ottocento appare nelle lettere di Leopardi, che scrive di come la morale cristiana sia una “conditio sine qua non del vero bene sociale”. Nel Novecento si ritrova in autori come Buonaiuti e Pirandello, che utilizzano tale espressione per indicare condizioni fondamentali in ambito sociale e morale.
La tradizione letteraria italiana ed espressioni simili
Anche nella tradizione letteraria italiana, “conditio” è usata più frequentemente di “condicio”, come si nota, ad esempio, nell’uso di latinismi da parte di Manzoni nel Don Abbondio. La variabilità tra le due forme risale al latino medievale, periodo in cui le due grafie erano intercambiabili. Questo fenomeno è simile a quanto accaduto ad altre parole latine, come indicium (che ha dato origine all’italiano “indizio”), la cui pronuncia è cambiata nel tempo. Nei testi antichi, infatti, la rappresentazione dei suoni con affricata alveolare sorda era alternata tra diverse varianti grafiche.
Un’altra espressione che condivide la stessa variabilità grafica è sub condicione, che significa “a condizione”, mentre par condicio, pur essendo anch’essa un latinismo, è entrata nel linguaggio politico solo negli anni Novanta ed è priva di questa oscillazione grafica grazie alla sua origine recente e all’uso stabilizzato nel contesto giuridico come “par condicio creditorum”.
Per ulteriori chiarimenti lasciamo il link relativo all’articolo redatto dall’Accademia della Crusca che approfondisce la questione in merito al corretto uso di questa locuzione, partendo dalle domande dei suoi lettori.
Il latino nella lingua italiana contemporanea
Il latino continua a vivere nella lingua italiana moderna attraverso numerose espressioni che mantengono il loro significato originario e vengono usate in diversi ambiti, soprattutto formali, legali e culturali. Tra le locuzioni più comuni troviamo conditio sine qua non, che indica una condizione indispensabile per la realizzazione di qualcosa, e in primis, usata per segnalare un punto fondamentale in un elenco.
In ambito giuridico, termini come ad hoc, che significa “per questo scopo”, sono particolarmente comuni, mentre in filosofia e teologia si usano espressioni come hic et nunc (“qui e ora”), che sottolineano l’importanza del presente. Anche il linguaggio politico e giornalistico ha fatto sue alcune di queste locuzioni: de facto (di fatto) e status quo (situazione attuale) vengono usate per descrivere condizioni effettive senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
La permanenza del latino non è solo una questione di stile, ma conferisce un senso di formalità e autorevolezza al discorso. Grazie alla loro forza sintetica, queste espressioni continuano a essere parte integrante del vocabolario italiano e dell’uso quotidiano anche al di fuori dei contesti formali e specializzati, evidenziando il forte legame della nostra amata lingua italiana con le sue radici e il suo passato classico.