A chi non è mai capitato di uscire da una situazione complicata in maniera insperata? Sicuramente sarà successo allora di “cavarsela per il rotto della cuffia”. Ma come nasce tale espressione? Nonostante si tratti di una locuzione molto utilizzata e comune, probabilmente non tutti conoscono l’origine di questo modo di dire. Scopriamola insieme.
Cosa significa “Cavarsela per il rotto della cuffia”
Si adopera quest’espressione quando si vuol mettere in evidenza il fatto che ci si è salvati da un pericolo o da un insuccesso solamente perché alcune circostanze ci sono state favorevoli.
Si tratta di un’espressione il cui utilizzo si adatta in diversi contesti: dallo sportivo allo scolastico, passando per il mondo del lavoro e, perché no, anche quello affettivo: in quanti si sono evitati una ramanzina dal proprio partner “per il rotto della cuffia”?
L’origine del modo di dire
Ma da dove deriva il detto “cavarsela per il rotto della cuffia? Come riportato dall’Accademia della Crusca, una probabile spiegazione della locuzione è riportata nel Vocabolario della lingua italiana curato da N. Zingarelli (edizione 2002), sotto la terza accezione della voce cuffia, dove si legge:
“Nell’armatura antica, parte della cotta di maglia indossata sotto l’elmo o la cervelliera. Copricapo di cuoio o pelle imbottita indossato sotto la celata. Uscire per il rotto della cuffia (fig.) cavarsela alla meglio, a malapena (prob. perché nelle giostre medievali i colpi assestati sulla cuffia erano ritenuti validi).”
Pare, infatti, che l’espressione provenga da un gioco medievale, detto “del saracino” o “della quintana”. Il cavaliere, armato di lancia, doveva colpire lo scudo di un fantoccio, abbigliato da saracino, cercando di non farsi disarcionare.
Spesso, però, i cavalieri venivano colpiti alla cuffia dalla mazza del fantoccio, ma i giudici di gara davano ugualmente buona la prova perché il “concorrente” seppur con la cuffia rotta non era stato disarcionato; pur non avendo effettuato una gara eccezionale, il cavaliere aveva vinto per il rotto della cuffia”.
Per quanto attiene al nome del gioco della quintana (o del saracino) sembra derivi dal francese del XII secolo, “quintaine”, che a sua volta deriva dal latino “quintana” (strada trasversale del campo romano, dietro il pretorio, nella quale si teneva il mercato). La quintana, all’inizio, era la strada che dovevano percorrere i cavalieri, poi, con il trascorrere del tempo, per estensione, ha assunto anche il significato di “giostra”, “gioco”.
Esiste un’altra interpretazione del modo di dire “cavarsela per il rotto della cuggia” che conserva comunque il significato di “passare in qualche maniera”, illustrata da Ottavio Lurati nel suo Dizionario dei modi di dire (Milano, Garzanti, 2001) che fa riferimento ad un altro senso della parola cuffia: “parte della cinta di una città”. Quindi passare per il rotto della cuffia coinciderebbe a “passare attraverso una piccola breccia aperta nelle mura”.
A proposito di cuffia…
Il termine “cuffia”è protagonista di un altro modo di dire, meno diffuso ma altrettanto curioso: “alzarsi (o svegliarsi) con la cuffia di traverso”. Esso si usa in riferimento a quelle persone che, il mattino, alzandosi di pessimo umore, sono intrattabili e irritabili. L’immagine si
rifà al tempo in cui si era soliti dormire con la cuffia in testa. Chi se la faceva andare di traverso a causa del sonno agitato perché pieno di incubi si alzava di cattivo umore per la pessima nottata trascorsa.
La locuzione si riferisce anche alle persone che, nella mattinata, incorrono in una serie di contrattempi: lasciami stare, questa mattina non ho
sentito la sveglia, l’automobile non si è messa in moto e ho perso l’autobus! Si adopera anche nella variante svegliarsi con la cuffia storta.
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