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“Avere la coda di paglia”: origine e storia del modo di dire

Scopriamo in questo articolo quale può essere l'origine del celebre modo di dire riservato a chi colpevolmente nasconde qualcosa.

Non ci sono dubbi sul significato del modo di dire “avere la coda di paglia”: chi la possiede è consapevole di aver commesso qualche errore o mancanza, e per questo vive con il timore di essere smascherato. Di conseguenza, la persona si dimostra sospettosa, inquieta, sempre preoccupata che gli altri scoprano la sua colpa. Questa espressione tradizionale è una forma più antica di un modo di dire oggi più comune, “avere uno scheletro nell’armadio”.

Perché si dice “Avere la coda di paglia”?

La (possibile) origine del modo di dire

La ricostruzione dell’origine della locuzione è però più complessa. La spiegazione più diffusa deriva da Costantino Arlía, che nel 1895 aveva proposto una derivazione dalla favola di una volpe, la quale, dopo aver perso la sua coda, ne indossa una di paglia per coprire la propria vergogna. Questa versione è stata ripresa in molti dizionari etimologici e rimane la più conosciuta.

Tuttavia, Ottavio Lurati ha suggerito una spiegazione più plausibile nel suo Dizionario dei modi di dire. Secondo Lurati, l’espressione potrebbe risalire al Medioevo, quando gli sconfitti o i condannati venivano umiliati pubblicamente con una coda di paglia attaccata alla schiena, mentre venivano fatti sfilare per le strade. Questa coda poteva anche essere incendiata per intensificare la vergogna e l’umiliazione, rappresentando simbolicamente la degradazione della persona a un livello animale. Questo collegamento chiarisce le emozioni che caratterizzano chi “ha la coda di paglia”: consapevolezza dell’errore, vergogna e timore che altri possano renderlo pubblico, peggiorando l’umiliazione.

Lurati cita anche un episodio storico narrato da Galvano Fiamma in cui, nel Trecento, alcuni prigionieri pavesi sconfitti dai milanesi furono cacciati dalla città con una coda di paglia attaccata alla schiena, un chiaro esempio di umiliazione pubblica.

La stessa espressione si ritrova in molti dialetti italiani e ha corrispettivi in altre lingue, come il tedesco e alcune forme gergali del francese. Inoltre, ha dato origine a proverbi come il toscano “chi ha la coda di paglia, ha sempre paura che gli pigli fuoco” o il pavese “chi gh’a la cua d’ paia, l’ gh’a pagüra che la gh’ brüsa”.

Cosa è un modo di dire

Un modo di dire, o espressione idiomatica, è una frase o un gruppo di parole che, nel loro insieme, assumono un significato specifico che spesso non può essere compreso interpretando singolarmente i termini che la compongono. Queste espressioni si sviluppano nel tempo all’interno di una cultura o di una lingua, e il loro significato è conosciuto solo da chi ne fa parte o ne apprende l’uso attraverso la tradizione.

Ad esempio, il modo di dire italiano “avere la coda di paglia” significa essere consapevoli di una propria colpa o di un errore e, di conseguenza, temere che altri lo scoprano. Preso alla lettera, però, “avere una coda di paglia” non ha senso logico: è solo conoscendo il contesto culturale e storico che il significato diventa chiaro.

I modi di dire arricchiscono il linguaggio e sono spesso utilizzati per esprimere concetti complessi o emotivi in modo più colorito e conciso. Ogni lingua ha un grande repertorio di modi di dire, molti dei quali non possono essere tradotti letteralmente in altre lingue senza perdere il loro significato. Alcuni esempi di espressioni idiomatiche in altre lingue includono “raining cats and dogs” in inglese, che significa “piove a dirotto”, o “tener pájaros en la cabeza” in spagnolo, che significa “essere un sognatore”.

In sintesi, un modo di dire è una forma espressiva tipica di una lingua che riflette aspetti culturali, storici e sociali, e la sua interpretazione richiede spesso la conoscenza del contesto in cui viene utilizzato.

Se vi interessano altre curiosità sui modi dire potete trovarle nel volume “Giusto, sbagliato, dipende” edito dall’Accademia della Crusca.

Perché diciamo così

Alcune delle espressioni idiomatiche più usate ai giorni nostri sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.

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