Avere delle remore, origine e significato del modo di dire

26 Novembre 2025

Indaghiamo "senza indugi" il significato dell'espressione "avere delle remore", la cui origine risulta un po' controversa.

Avere delle remore, origine e significato del modo di dire

Avete mai avuto delle remore verso qualcuno, o qualcosa? Se pensate di non averlo mai fatto, significa semplicemente che non conoscete ancora il significato di questo modo di dire. Indaghiamo “senza indugi” il significato e l’origine dell’espressione “avere delle remore”.

Cosa significa “avere delle remore”

Questo modo di dire – usato anche nelle varianti “farsi delle remore”, “vincere le remore”, “superare le remore”, “avere delle remore” – significa, come si sa, “essere d’impaccio”, “costituire un ostacolo”, “essere di freno”. Quante volte diciamo, inconsciamente, “non avere remore, agisci come credi”, vale a dire non indugiare, non mettere un freno alle tue azioni?

Avere delle remore significa quindi indugiare, nutrire dubbi, avere riserve, tentennamenti, freni e ostacoli, sia in senso fisico sia in senso morale.

L’origine del modo di dire

L’origine dell’espressione è un po’ controversa, per la verità.  Alcuni ritengono che il termine “remora” derivi dal latino e abbia conservato intatto il suo significato originario (indugio, dilazione). E in questo caso si adopera, infatti, in espressioni del tipo “concedere una remora al pagamento”, “concedere una remora all’applicazione di un accordo”.

Altri, invece, tirano in ballo il nome dell’omonimo pesce, della famiglia delle Echeneidae, lungo circa 40 cm e il cui dorso presenta una specie di ventosa che gli permette di attaccarsi al ventre di altri pesci, al guscio delle tartarughe o allo scafo delle imbarcazioni, rallentandone così, secondo la leggenda, l’andatura. Gli antichi romani credevano che questi pesci misteriosi, dotati di una forza straordinaria, fossero capaci di rallentare la navigazione delle imbarcazioni tanto che Plinio le ritenne responsabili della sconfitta di Marco Antonio nella battaglia navale di Azio del 31 a.C.

Lo stesso Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi” ha riportato questa antichissima credenza per cui le remore sarebbero in grado di frenare o addirittura interrompere la navigazione, contribuendo così alla diffusione del modo di dire. Cosi Manzoni nella sua celebre opera scriveva in merito all’erudizione di Don Ferrante: “sapeva a tempo trattenere una conversazione ragionando delle virtù più mirabili e delle curiosità più singolari di molti semplici: come la remora, quel pesciolino, abbia la forza e l’abilità di fermare di punto in bianco, in alto mare, qualunque gran nave”.

Colui che ha delle remore, dunque, in senso traslato, avrebbe un “pesce” che lo induce a rallentare un movimento o a porre un freno alle sue idee.

Un’espressione simili: tortura cinese

La sofferenza tipica di chi vive l’esperienza di “avere delle remore” ci riporta a un’altra celebre espressione utilizzata metaforicamente nel linguaggio quotidiano: “tortura cinese” o “goccia cinese”. Nell’immaginario collettivo la tortura cinese rimanda a metodi di tortura, tanto ingegnosi e raffinati quanto lenti e crudeli, volti a fare durare la sofferenza del malcapitato il più a lungo possibile.  Pare che nell’antichità i cinesi considerassero la tortura una vera e propria arte alla quale dedicarsi con cura e abnegazione.

In senso figurato questa espressione è usata per definire l’ansia generata da una preoccupazione assillante, un’attesa lunga e snervante, un
sospetto, un dubbio atroce o un tormento interiore. Una variazione sul tema è la tortura della goccia cinese che consiste in gocce d’acqua fatte cadere ripetutamente sulla fronte della vittima fino a provocarne la pazzia o, secondo la leggenda, a causare addirittura la perforazione del cranio.

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