La lingua italiana, così come molte altre lingue europee, è un meraviglioso mosaico di influenze che attraversano epoche, culture e geografie. Tra queste influenze, quella della lingua araba occupa un posto di rilievo. Molte parole arabe sono entrate nell’italiano attraverso i secoli, soprattutto grazie ai contatti commerciali, scientifici e culturali tra il mondo arabo e l’Europa durante il Medioevo e il Rinascimento. Esploriamo l’origine e il significato di dieci termini arabi che hanno trovato spazio nella nostra lingua e nel nostro quotidiano.
10 parole che dall’arabo sono entrate nella lingua italiana e nell’uso quotidiano
Asāsiyyīn → Assassino
La parola Asāsiyyīn (أساسین) deriva dal termine “asās,” che significa “fondamento” o “base.” Gli Asāsiyyīn erano un ordine di guerrieri segreti noto come i “Nizariti,” spesso associato all’uso di droghe (come l’hashish) e a missioni di omicidio mirato. Il termine, portato in Europa durante le Crociate, venne deformato in “assassino” e divenne sinonimo di omicida.
Makhāzin → Magazzino
Makhāzin (مخازن), plurale di makhzan (magazzino o deposito), ha viaggiato verso l’Europa grazie alle relazioni commerciali tra il Mediterraneo e il mondo arabo. Il termine italiano “magazzino” conserva il significato originario di spazio dedicato alla conservazione di merci.
Raqqāṣ → Ragazzo
Il termine arabo Raqqāṣ (رقاص) significa “danzatore” o “messaggero,” riferendosi all’agilità e alla rapidità nei movimenti. In italiano, il termine si è evoluto fino a diventare “ragazzo,” identificando una persona giovane e dinamica.
Baghdādiyy → Baldacchino
Il nome della città di Baghdad (Baghdād in arabo) è la radice del termine Baghdādiyy (بغدادیّ), che indicava tessuti pregiati prodotti nella capitale del califfato. Da qui deriva “baldacchino,” inizialmente usato per indicare drappi decorativi e successivamente per la struttura ornata sopra un altare o un trono.
Gharrāfa → Caraffa
Gharrāfa (غرافة), che significa “coppa” o “contenitore per versare liquidi,” è all’origine del termine italiano “caraffa.” L’oggetto, introdotto nei mercati europei attraverso gli scambi commerciali, conserva la funzione di contenitore per liquidi, soprattutto acqua o vino.
Zirbiyya → Zerbino
Dalla parola araba Zirbiyya (زربية), che indica un tappeto decorativo o ricamato, deriva il termine italiano “zerbino.” La funzione è leggermente cambiata, ma l’idea di un tappeto posto davanti alle porte per pulire le scarpe mantiene una connessione culturale evidente.
Barqūq → Albicocca
Barqūq (برقوق) originariamente indicava la prugna in arabo, ma fu adattato a designare l’albicocca nelle lingue europee. Questo frutto, introdotto nel Mediterraneo dagli arabi, si diffuse rapidamente e il termine fu assimilato in molte lingue romanze.
Laymūn → Limone
Laymūn (ليمون) è il termine arabo per il limone, frutto portato nel Mediterraneo dagli arabi. La sua coltivazione e utilizzo in cucina e medicina divennero comuni grazie agli scambi culturali e commerciali. La parola si è conservata quasi invariata, testimoniando l’importanza di questo agrume.
Jabr → Algebra
Jabr (جبر), che significa “unione” o “restauro,” compare nel titolo del trattato matematico del celebre al-Khwārizmī, Al-Kitāb al-mukhtaṣar fī ḥisāb al-jabr wal-muqābala (Il libro compendioso del calcolo per completamento e bilanciamento). Questo testo introdusse il termine “algebra” in Europa, trasformando la parola in un simbolo di innovazione matematica.
Ṣifr → Zero/Cifra
La parola araba Ṣifr (صفر), che significa “vuoto,” entrò nella matematica europea per indicare lo zero, un concetto importato dall’India attraverso il mondo islamico. Oltre a “zero,” ha dato origine anche al termine “cifra,” simbolo che rappresenta i numeri.
Il ponte linguistico tra due mondi
L’introduzione di parole arabe nella lingua italiana è un esempio perfetto di come la lingua rifletta i contatti e le contaminazioni tra culture. Questi termini, che portano con sé storie di scambi commerciali, progresso scientifico e legami culturali, arricchiscono il nostro lessico e ci ricordano quanto la nostra cultura sia il risultato di un dialogo continuo con il resto del mondo.
Attraverso la loro evoluzione, queste parole mostrano come una lingua possa adattarsi e integrare elementi stranieri, creando un patrimonio linguistico condiviso. La loro presenza nel nostro quotidiano non è solo un segno del passato, ma anche una testimonianza della ricchezza culturale che continua a definirci come società.