“Zagare e segreti”, di Enzo Cannizzo ovvero Il teatro della vita

10 Novembre 2024

"Zagare e segreti", di Enzo Cannizzo, non è solo una raccolta di brevi, divertenti e singolari prose, ma è vita che si fa teatro, vita di cui siamo attori e utenti.

Zagare e segreti, di Enzo Cannizzo ovvero Il teatro della vita

Enzo Cannizzo, autore di Zagare e segreti, già restauratore di carte antiche e libraio, oggi gestisce un wine bar nel centro di Catania, luogo che sembra essersi fermato nel tempo, o meglio, luogo che, plasmato dal suo gestore e grazie a lui, regala quei quotidiani miracoli che potremmo chiamare “viaggi del tempo immobile” prendendo in prestito il titolo che Roberto Vecchioni diede a un suo libro.

Enzo Cannizzo è autore di due volumi di poesie: Il cielo pende dai lampioni (2020), menzione d’onore per l’opera edita al XXXV Premio Montano, e Avanza un’ora di luce (2023). Ma, in questa sede parleremo del suo primo lavoro in prosa, Zagare e segreti, raccolta di brevi prose che raccontano quel teatro che è la vita siciliana, o forse dovremmo dire che raccontano il teatro della vita.

Zagare e segreti, di Enzo Cannizzo ovvero Il teatro della vita

Zagare e segreti si apre con un exergo contenente dei versi di Angelo Maria Ripellino:

“C’era un paese che conteneva tutti i paesi del mondo,
e nel paese un villaggio che racchiudeva tutti i villaggi del paese,
e nel villaggio una via che riuniva tutte le vie del villaggio,
e in questa via purulenta una casa che comprendeva tutte le case,
e nella casa una povera stanza, e nella stanza una sedia,
e sulla sedia, sparuto, un minuscolo omino in bombetta,
e questo omino era tutti gli uomini di tutti i paesi,
e questo omino rideva, rideva sino alle lacrime.”

La prima immagine che riaffiora alla memoria è il pirandelliano metodo del cannocchiale rivoltato che il dottor Fileno adopera per vedere con l’ottica della distanza tutti gli accadimenti che in realtà gli erano prossimi, solo che, nel nostro caso sembra che Cannizzo adoperi il cannocchiale rivoltato non per trasporre a siderale distanza eventi e persone vicine ma per collocare eventi e persone temporalmente vicine e intime in un tempo atemporale, un tempo mitico in cui ogni vita si mostra qual è: radicato patrimonio collettivo, e ogni scena appartiene a un collettivo teatro.

Tanto infida è la figura dello scrittore, che deve rubare dalla vita agli altri per far si che i derubati si accorgano di tale vita, ma d’altronde come ha scritto Bufalino: “uno scrittore non è mai innocente”.

Tra le pagine di “Zagare e segreti” troviamo la signora Verano che “si affacciava dal balcone e diceva di non essere lei”, l’assessore La Biunda che “spediva a se stesso lettere anonime perché la domenica, in piazza si parlasse anche di lui”, o Luisa Mandrà che, per ripicca nei confronti di padre Sgarlata che la voleva monaca, sotto la doccia si titilla il pube cantando Tityre tu patulae prolungando l’allitterazione virgiliana, o ancora:

“il cassiere Natoli [che] si finse ancora vivo per il tempo necessario a mettere ordine tra le carte, i sospesi, le bollette, i libri mastri. Ciò gli permise sonni sereni, ma fu causa di non pochi rimpianti il giorno nel quale, portato a spalla, vide i colli di pelliccia e i riporti agitarsi al vento come bandiere a festa.”

Troviamo, insomma, quel teatro che è la vita in Sicilia, in cui si è contemporaneamente attrici, attori e utenti, un teatro che frantuma ogni diaframma fra platea e scena, che la tradizione teatrale crede di nuovissima fattura, ignorando che in Sicilia va in scena da millenni.

Così, Enzo Cannizzo, che sotto mentite spoglie si firma Ciccio Petrarca, dona a noi le sue nugae, nascondendo sotto il velo dell’inezia le memorie di una vita, anzi, di innumerevoli vite, che attraverso la sua penna si fanno teatro.

Leggendo “Zagare e segreti” una volta arrivati all’ultima pagina ci si ricorda dell’exergo di Angelo Maria Ripellino, e questo ne richiama alla memoria un altro, inverso, di Jorge Luis Borges:

«Un uomo si propone di disegnare il mondo. Nel corso degli anni popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di vascelli, di isole, di pesci, di case, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto».

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