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Velia Iacovino, “I giovani d’oggi hanno smarrito la voglia di sognare”

Il libro del direttore editoriale di Futuro Quotidiano vuole arrivare al cuore dei ragazzi, stimolandoli con una storia romanzata a recuperare la passione per gli ideali

MILANO – Indurre i ragazzi ad amare la storia attraverso la fiction, facendo loro riscoprire l’importanza di salvaguardare quei diritti per i quali si sono battuti alla loro età i loro avi. Questo è lo scopo del libro “Eravamo un paese per giovani – Un selfie per il Risorgimento italiano“, opera scritta a quattro mani da Velia Iacovino, direttore editoriale di Futuro Quotidiano, e Marcello Giannotti, responsabile dei contenuti entertainment di MN Italia. Un libro, come rivela la stessa Velia Iacovino, che vuole arrivare al cuore dei ragazzi, stimolandoli attraverso una storia romanzata, capace di arrivare a loro meglio rispetto alla cronologia di un libro di storia. Di seguito, l’intervista all’ex condirettore dell’agenzia di stampa Adnkronos.

 

Come nasce la tua passione per i libri e la lettura?

La passione per la letteratura è qualcosa che si conquista man mano, da coltivare fin da bambini a scuola, in casa, ovunque. Le nuove tecnologie oggi ci distolgono un po’ da tutto questo. La passione per i libri si è alimentata negli anni anche grazie al tempo che ho trascorso insieme a mio marito Franco Cuomo, grande scrittore italiano che ora non c’è più. Il nostro era un rapporto intrecciato con la letteratura.  Mio marito ha raccontato la storia attraverso la letteratura. Gli storici raccontano come si sono svolti alcuni avvenimenti, ma spesso non sanno divulgarli. Attraverso la letteratura, la storia si comunica più facilmente.

 

Oltre che accanita lettrice, sei anche scrittrice. E’ da poco uscito il tuo libro “Eravamo un paese per giovani – Un selfie per il Risorgimento italiano”…

Il titolo è provocatorio: siamo diventati un paese che va svecchiato. Il libro si propone di spingere i ragazzi ad affermare se stessi, a recuperare quegli esempi che ci ha dato la nostra storia di giovani consapevoli e che credevano in grandi ideali.  La democrazia e la libertà sono già state conquistate, ma vanno difese dai ragazzi giorno dopo giorno. Occorre recuperare la passione per gli ideali adesso “demodé”.

Nel libro ci sono due figure molto particolari: Andrea Aguyar, un nero al seguito di Garibaldi che morì nella battaglia del Gianicolo, e il 12enne Righetto, un ragazzino romano che combatté nella stessa battaglia. A tenere il filo rosso della trama Alexandre Dumas padre, il quale venne a seguire questi eventi italiani sulle spiagge siciliane in attesa dell’arrivo delle navi di Garibaldi.

 

Perché i giovani oggi sono lontani da questo tipo di impegno?

Perché hanno smarrito il senso del sogno. Insieme all’utopia, il sogno è un punto di riferimento. Se abbiamo qualcosa di grande in cui credere, magari non lo concretizziamo, ma ne realizziamo altre cose più vicine al nostro obiettivo iniziale. Bisogna avere un sogno, e molti giovani hanno smarrito i loro sogni. Occorrerebbe che la politica investisse di più il cultura e scuola, perché è questo il punto fondamentale che cambia  e migliora la società, adesso imbarbarita e fatta di aspirazioni basse

 

Perché proprio il Risorgimento è stato un periodo di forte voglia d’affermazione da parte dei giovani?

Il Risorgimento va liberato un po’ da quel vecchiume al quale l’ha confinato il fascismo, che ha trasmesso un’immagine del Risorgimento molto nazionalistica e patriottica, mentre è stato qualcosa di molto diverso. Il Risorgimento è stato un movimento internazionale, che ha attirato giovani da tutta Europa che combattevano per quei diritti già “seminati” dalla Rivoluzione francese, e che hanno trovato terreno fertile in tutti quei movimenti che si sono avuti nell’ 800. Non solo libertà ed uguaglianza: essi combattevano per diritti sociali come quello al lavoro, alla sanità, al voto.

 

Hai una grande esperienza nel mondo dell’informazione, prima all’Adnkronos e ora come direttrice del “Futuro quotidiano”. Come è cambiato nel corso degli anni il modo di fare informazione, alla luce anche dello sviluppo del digitale e dei social?

L’informazione purtroppo si sta trasformando in comunicazione, ma informazione e comunicazione sono due cose diverse. La differenza si è perduta a causa dell’omogeneizzazione che in particolare i nuovi media ed i social hanno, con la velocità con cui vengono trasmesse le notizie. Ciò ha penalizzato la capacità di discernere, di essere critici, di saper dare notizie in maniera adatta ed onesta, mentre adesso siamo in balia di tutto ciò che ci viene dato. E’ talmente breve il tempo sia della ricezione sia della ritrasmissione, che non siamo in grado di distinguere la comunicazione dall’informazione.

I media, inoltre, oggi sono diventati lo specchio dei social, al loro servizio, invece di essere il contrario. E’ saltato il rapporto tra chi da la notizia ed il destinatario, il quale può interagire e modificare la notizia ancor prima di quello che la da. Ciò crea una vera e propria implosione dell’informazione, un rovesciamento delle regole.

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