“Tutti i nostri segreti”, perché leggere uno dei 100 libri tedeschi più importanti di sempre

5 Aprile 2025

Incluso da «Der Spiegel» nella lista dei cento libri tedeschi più importanti degli ultimi cent’anni, scopri "Tutti i nostri segreti" di Fatma Aydemir, la storia di una famiglia inprigionata tra passato e presente

Tutti i nostri segreti, perché leggere uno dei 100 libri tedeschi più importanti di sempre

Incluso da «Der Spiegel» nella lista dei cento libri tedeschi più importanti degli ultimi cent’anni, “Tutti i nostri segreti” di Fatma Aydemir, pubblicato da Fazi Editore è un grande romanzo familiare bestseller che ci aiuta a capire le difficoltà in cui, tra dramma e ironia, si racconta la storia di una famiglia inprigionata tra passato e presente, tra il rimpianto della patria perduta e il quotidiano di una nuova terra mai davvero sentita propria.

Tutti i nostri segreti

Una saga familiare da leggere assolutamente

Leggere Tutti i nostri segreti, aiuta a capire la realtà in cui viviamo, multiculturale e spesso disomogenea attraverso le vicissitudini di una famiglia che si è mossa agli inizi degli anni ’70 dal Kurdistan in Germania. La storia è raccontata in sei capitoli ciascuno dei quali corrisponde al punto di vista di uno dei membri della famiglia. Si parte da Hüseyin, il padre che, giunto all’età della pensione, ha finalmente realizzato il suo sogno: dopo trent’anni di duro lavoro nelle fabbriche tedesche, si è comprato un appartamento a Istanbul per farvi ritorno con la moglie.

Ma alle soglie di una vita nuova, mentre cammina lungo i corridoi dipinti di fresco ha un malore improvviso e muore. Nei giorni successivi, la moglie e i quattro figli accorrono in Turchia per partecipare al funerale. E la storia della famiglia si snoda nei capitoli successivi. C’è Ümit, adolescente frastornato in balia di passioni che non sa spiegare: gioca a calcio per far piacere al padre, una figura forte, protettiva ma anche controversa. E’ il più piccolo e il più fragile e deve fare i conti con una omosessualità non accettata dalla famiglia.

Poi c’è Sevda, la figlia maggiore, a cui non è stato concesso di studiare e che ha rifiutato un matrimonio combinato, la sola che ha vissuto a lungo in Turchia, abbandonata dieci anni a casa dei nonni come una valigia rotta. Sevda arriva quasi adulta in Germania, studia da sola il tedesco, a cerca una via autonomia di emancipazione prima dalla famiglia e poi dal matrimonio: una self made woman.

Peri è la ribelle, studia all’Università di Francoforte, vive una vita trasgressiva e critica ferocemente i valori dei genitori; è l’unica però a porsi e a fare domande su cosa sia davvero il Kurdistan e dove siano le sue radici. Aspetto che non interessa ad Hakan, il figlio più grande, in cerca di una vita alternativa a quella del padre che ha sempre lavorato sodo, senza chiacchere inutili, senza sprecare un centesimo, senza mai concedersi nulla.

Il padre era nato per questo ma lui, Hakan,voleva puntare in alto anche in modo non del tutto legale ed è l’unico a tentare l’integrazione con Len, una ragazza tedesca con un padre “nazista del tempo libero”. Nell’ultimo capitolo, infine, a parlare è Emine la madre, che sempre taciturna e addolorata, ci svela il segreto di una vita intera e ci aiuta a ricomporre il vissuto della famiglia, divisa tra il peso delle tradizioni e la necessità di adattarsi a un nuovo mondo. Ora che il segreto è riemerso molte ferite si riapriranno e nulla potrà essere come prima.

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Cinque cose da sapere sui curdi

Il libro ci aiuta anche a capire la questione curda: oggi infatti 30 milioni d curdi vivono senza uno Stato, divisi ufficialmente tra Iran, Ira, Siria e Turchia. Questa minoranza ha attratto le simpatie occidentali perché vicina ai valori laici, con strutture che contemplano un ruolo attivo delle donne e di altre minoranze. Allo stesso tempo, i curdi possono essere percepiti come alleati e come terroristi: infatti, le forze militari curde collaboravano con gli USA nella lotta contro l’ISIS.

Contemporaneamente, un altro partito curdo, il PKK (Kurdistan Workers Party) è considerato da Washington un’organizzazione terroristica, da sempre schierato contro la Turchia per ottenere l’indipendenza. La lingua curda ha status ufficiale solo in Iraq. In Turchia ed Iran ci sono molte restrizioni, tanto che il Kurdish non può essere usato nelle scuole pubbliche. In Siria, d’altra parte, questa lingua è del tutto proibita Il primo a pubblicare una grammatica della lingua curda (nel 1787) fu un italiano di nome Maurizio Garzoni, considerato il “padre della curdologia”.

Questo lo scenario che fa da sfondo alla storia. L’aspetto della questione curda più sottolineato nel libro è quello linguistico: tra loro, padre e madre parlano una lingua che i figli non hanno mai sentito: è il curdo, un argomento di cui non si può e non si deve parlare. Poi sappiamo che Hüseyin va a prendere la primogenita dopo il colpo di stato militare in Turchia del 1980 in seguito al quale la lingua curda viene proibita sia nei luoghi pubblici che privati. “Una lingua da capra “era stato detto a Hevda che l’aveva parlata con i nonni e poi aveva smesso, anche in seguito a uno schiaffo della madre.

E’ Peri la ribelle a voler indagare ma si trova davanti un muro: il padre Hüseyin aveva sempre rimosso la questione del perché non parlava più curdo, perché proibiva a Emine di parlarlo e di insegnarlo ai bambini. Kurdistan: una parola con un suono bellissimo per Peri, che affronta nella sua gioventù trasgressiva, anche il caso Ocalan a differenza del fratello maggiore, Hakan, che accantona questa ricerca come un’idiozia e commenta: “Ma Huseyin non ha mai detto che sono curdi”.

Il silenzio è la cifra caratterizzante di questa famiglia e ha a che vedere con il passato di Hüseyin, con un vissuto di cui non è mai riuscito a parlare. Dev’essere successo qualcosa. Qualcosa di così terribile che non ci sono parole per descriverlo.

Tra Germania e Turchia: storia di una mancata integrazione

Dal Kurdistan Hüseyin, arriva in Germania, un paese diverso da come se l’era immaginato, freddo e silenzioso, dove la gente non saluta e non chiacchera. Al padre di famiglia, indefesso lavoratore, poco importa, ma la mancata integrazione ricade sui figli, tagliati fuori da ogni forma di socialità e bullizzati anche dagli insegnanti a scuola. La meta finale, per tutti loro, è forse un ritorno alle origini: non il villaggio sperduto in Kurdistan, ma Istanbul, riscoperta, anche dal piccolo Ümit, come una città con le facciate piene di crepe e i tappeti variopinti appesi fuori dalle finestre.

Lì, nel cuore della civiltà levantina, egli rivede nei volti degli uomini che fumano e le vecchie radunate all’ombra, tutte le cose che gli sembra di conoscere come se ci fosse già stato milioni di volte. Si sente, per la prima volta, a proprio agio, forse perché l’intera città è un nascondiglio che lo accoglie, forse perché in mezzo a tutta questa gente si passa inosservati e si può essere normali e basta.

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