Matthew Blake, Dopo il successo di “Anna O.”, Matthew Blake torna con un thriller psicologico che mescola colpi di scena, introspezione e un’ambientazione capace di togliere il fiato: “Un omicidio a Parigi” — titolo originale “Murder in Paris” — non è solo un’indagine sul crimine, ma una riflessione.
Cosa accade quando la memoria diventa un labirinto? Quando la persona che più ami pronuncia parole capaci di riscrivere l’intera storia della famiglia?
Matthew Blake e la verità nascosta tra le pieghe della memoria
Blake gioca sull’identità dei suoi personaggi e porta il lettore a chiedersi quanto peso abbia il proprio vissuto e quanto fragile sia quel castello di carte che chiamiamo certezze, sul quale costruiamo le nostre vite.
Una trama che gioca con il tempo
Ambientato tra Londra e Parigi, il libro porta il lettore nelle sale sontuose dell’Hotel Lutetia, un luogo che diventa simbolo di segreti sepolti, e lo fa intrecciando il presente con il 1945, quando il mondo usciva stremato dalla guerra e cercava di reinventarsi tra macerie post-belliche e speranze di rinascita.
Un noir elegante, che si insinua tra psicologia e colpa storica, e che ha attirato l’attenzione della critica internazionale.
Parla di Olivia Finn, una psicoterapeuta londinese specializzata nei disturbi della memoria: una vita metodica e regolare… regolare fino al giorno in cui riceve una telefonata dalla polizia francese che l’avverte di una situazione incresciosa. Sua nonna, Josephine Benoit, celebre artista parigina affetta da demenza, si è presentata alla reception dell’Hotel Lutetia confessando di aver commesso un omicidio alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Sconvolta, Olivia vola a Parigi. Ciò che trova non è solo un’indagine in corso, ma un intrico di menzogne, ricordi sfocati e ombre di un passato che nessuno in famiglia aveva mai osato nominare.
Il romanzo si snoda su due linee temporali: da una parte, il presente in cui Olivia cerca di distinguere verità da delirio; dall’altra, il 1945, tra gli ultimi sussulti dell’occupazione e la liberazione di una città ferita.
Un noir introspettivo in una Parigi post-bellica
L’Hotel Lutetia non è solo uno sfondo: è un personaggio silenzioso, carico di memoria. Durante la guerra fu rifugio, prigione, simbolo della Resistenza e della collaborazione. Blake lo usa come un palcoscenico sospeso tra lusso e inquietudine, dove il passato non smette di chiedere conto al presente. La scrittura è elegante, essenziale ma evocativa, capace di restituire i dettagli sensoriali di una città in chiaroscuro.
Questo respiro internazionale, insieme alla struttura complessa e ai temi affrontati, ha fatto sì che il romanzo non passasse inosservato sulla scena critica.
Cosa dice la critica internazionale?
La reazione dei media esteri è stata chiara: “Un omicidio a Parigi” è un thriller che “punta alla mente più che alla pistola”, capace di intrattenere e allo stesso tempo di porre domande difficili.
Publishers Weekly parla di “un thriller diabolico pieno di colpi di scena, costruito con la precisione di un puzzle e destinato a restare nella memoria del lettore”. La rivista evidenzia la forza della protagonista, Olivia, definendola “una figura credibile e tormentata, che guida il racconto in un crescendo di tensione psicologica”. Nella stessa recensione, viene lodata la capacità dell’autore di “fondere introspezione e suspense in un’unica, ipnotica architettura narrativa”.
The Guardian, che ha inserito il romanzo tra i thriller del mese, ne sottolinea l’originalità dell’impianto temporale: “Un intreccio che unisce il presente all’ombra lunga del 1945, in una Parigi ancora intrisa di segreti e colpe non confessate”. Pur segnalando che la complessità della struttura può inizialmente disorientare, il quotidiano inglese conclude che “il fascino dell’ambientazione e la tensione sotterranea mantengono il lettore in una morsa elegante fino all’ultima pagina”.
Matthew Blake: la nuova voce del thriller psicologico
Dopo il successo internazionale di “Anna O.”, Matthew Blake si conferma con questo romanzo come uno degli autori più interessanti del panorama contemporaneo. Nei suoi libri il crimine non è mai solo un fatto, ma un’indagine profonda nella mente umana, fatta di fragilità, d’identità e natura sfuggente della verità.
Con “Un omicidio a Parigi”, Blake alza l’asticella già alta che aveva mostrato in alto con “Anna O.”. Qui il giallo diventa strumento per parlare di temi universali: la colpa, la memoria, il modo in cui scegliamo di raccontare la nostra storia. Non stupisce che Publishers Weekly lo definisca “impossibile da dimenticare”: perché il romanzo non lascia soltanto la tensione di un mistero, ma un’inquietudine sottile che continua a lavorare anche dopo aver chiuso il libro.
Perché vale la pena leggerlo?
In un’epoca in cui le guerre continuano a imperversare, “Un omicidio a Parigi” ci ricorda che la memoria è un territorio fragile, soggetto a omissioni e reinvenzioni. Blake ci invita a diffidare delle certezze, spingendoci a interrogarci su quanto sia solido il confine tra ciò che ricordiamo e ciò che scegliamo di credere.