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Tarantola, la storica libreria punto d’aggregazione tra lettori e scrittori

Il resposabile Giorgio Tarantola ci illustra le attività della sua libreria, capace di rinnovarsi pur rimanendo fedele ai valori ereditati dalla tradizione

MILANO – Un centro di aggregazione per tutti coloro che lavorano nel mondo del libro. E’ questo da quasi due secoli la libreria Tarantola di Sesto San Giovanni, diretta da Giorgio Tarantola, erede di una tradizione di librai che si rinnova dalla metà dell’ ‘800. Alla sua libreria è stata consegnata la scorsa settimana il Premio per Librai Luciano e Silvana Mauri 2018. Abbiamo intervistato Giorgio Tarantola per parlare dell’attività della sua libreria, capace di rinnovarsi pur rimanendo fedele ai valori ereditati dalla tradizione.

 

Qual è la storia della libreria Tarantola?

La libreria nasce a metà dell’ ‘800. All’epoca vi erano librai itineranti che andavano di città in città vendendo i libri, poi alla fine del secolo iniziarono a costruire le prime bancarelle fisse ed agli inizi del ‘900 le prime librerie. Da allora la libreria, passando per due guerre mondiali, non ha mai cessato la sua attività.

 

Quali sono i valori tramandati nel tempo?

Una grandissima passione per libro, con un occhio alla sostenibilità economica e commerciale dell’attività, alla ricerca di un equilibrio economico capace di portare avanti questa passione.  La libreria negli anni è diventata un punto di incontro importante per autori ed editori: da Oriana Fallaci ad Indro Montanelli, passando per Tiziano Terzani, la libreria Tarantola ha da sempre rappresentato un centro di aggregazione per tutti coloro che lavorano nel mondo del libro.

 

Cosa rappresenta per voi il riconoscimento della Scuola per Librai? Quale motivazione le ha fatto più piacere?

Mi ha inorgoglito il riferimento alla storia della libreria, che da otto generazioni è stata capace di restare fedele alla tradizione e contemporaneamente rinnovare questo lavoro. Non abbiam mai seguito facili guadagni inserendo nella nostra offerta prodotti che non siano libri o servizi di cartoleria o caffetteria.

 

In un periodo in cui molte librerie chiudono ed i giovani sono scoraggiati nell’aprire questo tipo di attività, lei cosa si sente di consigliare?

Nel 1942 la libreria ha resistito ai bombardamenti, direi che oggi viviamo anni più facili. Non credo ci sia una ricetta univoca per portare avanti una libreria in maniera virtuosa. L’unica cosa che mi sento di dire è che non bisogna essere troppo ideologici nel pensare che un libro debba avere per forza un contenuto che secondo il proprio giudizio oggettivo è di qualità; ogni libro è un contenuto di idee, che come altri mezzi (radio, televisione) può portare avanti un messaggio. In un libro ci può essere l’intrattenimento come l’impegno, è possibile trovarci ricette di cucine come grandi storie. Anche il disimpegno svolge un ruolo importante: non tutti finito di lavorare la sera vogliono leggere libri impegnativi. Anche la letteratura cosiddetta di disimpegno ed i bestseller servono per mantenere in libreria anche quei titoli di nicchia, più sofisticati e quindi con meno mercato.

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