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Stefano Bartezzaghi, ”La nostra è la civiltà delle didascalie, non solo delle immagini”

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONE - Si parla di creatività con Stefano Bartezzaghi a Pordenonelegge, il quale ha presentato in un incontro con il giornalista Alessandro Mezzena Lona il suo ultimo saggio 'Il falò delle novità. La creatività al tempo dei cellulari intelligenti' ( edito da Utet)...

PORDENONE – Si parla di creatività con Stefano Bartezzaghi a Pordenonelegge, il quale ha presentato in un incontro con il giornalista Alessandro Mezzena Lona il suo ultimo saggio "Il falò delle novità. LA creatività al tempo dei cellulari intelligenti" ( edito da Utet). Il saggio raccoglie, nella prima parte, i tweet, frutto della sfida lanciata da Bartezzaghi  e da Il festival della mente di Sarzana : definire in un tweet, cioè in 140 caratteri, la creatività; dall’analisi dei circa duecento esempi pervenuti si passa poi a trattare come e quando nasce la creatività e soprattutto perché, secondo la definizione di Arthur Koestler: “ La creatività inizia dove finisce il linguaggio”.

LA CREATIVITA’
– Tema non facile che Bartezzaghi affronta da “giocatore di parole” : “Usiamo – dice – per indicare la comprensione, termini come afferrare e comprendere, che sono parole molto fisiche e che ci fanno capire come sappiamo denominare, ma non sappiamo descrivere”.  Diventa perciò molto arduo definire la creatività, che è una parola nuova e rimanda a qualcosa di metamorfico ed indefinibile, ma però è connessa ai sensi tramite espressioni come “ fiuto” o “ visione”.  E’ con la nascita della società di massa, a partire dagli anni Cinquanta, perlomeno in Italia, che la creatività diventa un concetto diffuso perché può permettere a chiunque di uscire dal grigiore della vita media e di conquistarsi i suoi quindici minuti di celebrità.  La creatività quindi è un concetto moderno e spesso connesso a una mitologia di oggetti, che potevano essere le Citroen per Roland Barthes, le Ferrari per noi e gli iphone per la società occidentale.

RICERCA DI NUOVO – La qualità aerea della creatività appare fuori discussione: il vento (o soffio, o spirito, o anima) della ispirazione lascia il posto alla scintilla, alla fiamma, che sempre di aria necessita per svilupparsi. Ma al contrario dell’origine “naturale” della ispirazione, la fiamma ha bisogno di un innesco meccanico (come lo fregamento di un legnetto o l’urto di due pietre fra loro) indotto da una precisa volontà, e di materiale per bruciare: il gesto creativo deve quindi essere alimentato continuamente, consumare esperienze e visioni, oggetti e sensazioni, sostenuto da un’inesausta volontà di ricerca e di nuovo; da cui il titolo di questo pamphlet.

ABBANDONARE GLI SCHEMI – Nel falò della creatività, che brucia per generare idee sempre nuove, la logica viene sospesa per approdare a un ordine di idee superiore dove il linguaggio non è più solo lingua d’uso ma metalinguaggio, elemento performante in grado di “fare” le cose. La creatività, agendo da catalizzatore, mette sullo stesso piano reale e possibile favorendo l’avvento della novità tramite la forzatura degli schemi di pensiero del quotidiano.  Ma non si tratta di un’impresa facile, né da tutti: per essere creativi bisogna accettare di perdere il controllo, abbandonare gli schemi di pensiero a cui si è più affezionati e incamminarsi su strade sconosciute e su mezzi sconosciuti. “La nuova tecnologia – rivela Bartezzaghi – consente non solo una forma di biografia nuova attraverso post, tweet ma anche di liberare una nuova creatività”: lo dimostrano molti (non tutti) dei i tweet pescati nel social network che la definiscono. L’analisi che Bartezzaghi ne fa è rigorosa ed entusiasta e spesso, come ci ha a lungo abituato, nella dimensione del gioco linguistico.

Alessandra Pavan

23 settembre 2013

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