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Self publishing, le difficoltà per uno scrittore esordiente e come superarle

Andrea Engheben, scrittore esordiente con il libro "Senza volto", ci spiega come funziona l'autopubblicazione, una strada non così facile come potrebbe sembrare

MILANO – “Il mercato editoriale italiano non è molto aperto nei confronti degli esordienti, la maggior parte delle risposte che ho ricevuto prevedevano un notevole contributo economico”. Parola di Andrea Engheben, scrittore esordiente con il libro “Senza volto“, un romanzo storico, ambientato a Venezia, nel 1701, un giallo storico che, procedendo nella lettura, lascia spazio alla “realtà” che si cela dietro le maschere dei protagonisti a incarnare il vero mistero. Oltre a raccontarci la sua opera, l’autore ci spiega come funziona l’autopubblicazione, una strada non così facile come potrebbe sembrare, e offre alcuni consigli rivolti ad autori esordienti indecisi se optare per il self publishing o no.

 

Come nasce l’idea di autopubblicare questa tua prima opera?

In realtà non è esattamente la prima, ma in effetti la posso definire la mia prima opera degna di essere pubblicata. La scelta dell’autopubblicazione confesso che è stata in qualche modo obbligata, in quanto dapprima ho tentato il percorso “canonico”, ovvero scrivendo a numerose case editrici, sperando in una risposta positiva. Purtroppo il mercato editoriale italiano non è molto aperto nei confronti degli esordienti e la maggior parte delle risposte che ho ricevuto prevedevano un notevole contributo economico da parte mia. Alla fine quindi ho preferito fare da me. Non è stata una scelta facile, in quanto sono ben consapevole dell’importanza di un editore per il successo e la qualità di un libro. Tuttavia, avendo alle spalle studi e competenze che, almeno in parte, potevano compensare questa mancanza, ho preferito optare per il self-publishing. Il che ha comportato (e comporta) maggior impegno da parte mia, ma mi offre anche una diffusione potenziale molto ampia.

Quanto c’è di “storico” in questo tuo romanzo, e quanto invece è frutto della tua creatività?

Sembrerebbe una domanda innocua, ma non lo è affatto. La compartecipazione di Storia e fantasia all’interno di un romanzo storico è un tema del quale sono particolarmente suscettibile. I diversi gradi con cui questi due elementi possono essere mescolati sono così tanti da rendere il romanzo storico un genere molto difficile da definire. Inoltre, può accadere che l’autore pieghi la Storia al servizio della trama, creando così romanzi di pseudo-storia; o al contrario vi si attacchi in modo così morboso da scrivere null’altro che un manuale. Insomma: non è affatto facile miscelare questi due elementi. Nel mio caso ho deciso di utilizzare la Storia come alleata, non una schiava e nemmeno una padrona. Ci sono diversi avvenimenti storici nel libro, così come numerosi personaggi realmente esistiti, ma non rappresentano il cuore della storia. Ho così potuto accennare alla guerra di successione spagnola o descrivere l’assedio di Vienna del 1683 senza troppe preoccupazioni. Ovviamente di ricerche ne ho fatte parecchie. Soprattutto riguardanti usi, costumi e festività veneziane, ma in generale, laddove inciampavo in qualche inevitabile lacuna storica, ho preferito, nel limite del possibile, omettere piuttosto che inventare.
Tema principale de libro è la maschera, non solo per l’ambientazione veneziana della storia. Quanto c’è di “pirandelliano” nel tuo libro?

Molto, anche se in realtà in modo quasi inconsapevole. Questo libro ha avuto una gestazione molto lunga, perciò è cambiato e cresciuto così come cambiavo e crescevo io. Perciò anche le sue tematiche si sono raffinate con il tempo. La maschere sono fondamentali per il libro. L’idea di poter indossare un secondo volto, così da celare il proprio e quindi, di fatto, di non possederne più nemmeno uno è incarnata dal titolo stesso. Senza volto è il destino di uno dei protagonisti, ma è anche un’anticipazione e al tempo stesso una premessa. Perché, grazie alle maschere, si può essere molte cose, senza essere in realtà nulla. Anche il libro stesso è, in qualche modo, mascherato. Si presenta infatti come un giallo storico, ma più si procede con la lettura, più il giallo passa in secondo piano e diverranno le “realtà” dietro le maschere dei protagonisti a incarnare il vero mistero.

 

Il concetto di maschera è tutt’ora attuale? In generale, quanto c’è di contemporaneo nei temi trattati nel tuo libro?

La maschera fa parte dell’uomo, perciò sarà sempre attuale. Se la si pensa come il confine tra l’essere e l’apparire risulta forse più facile capire il perché. C’è sempre stata differenza tra ciò che siamo e ciò che mostriamo agli altri, in un’epoca in cui questo meccanismo ha assunto dimensioni globali grazie ai social network, ancora di più. Non che ci sia nulla di sbagliato in questa divisione, è naturale, quanto inevitabile. Il punto è che si rischia di cadere vittima della nostra stessa illusione se ci dimentichiamo la presenza della maschera. E questo accade sempre più spesso. Come ho scritto in un capitolo “l’apparire è il vero re di quest’epoca” e credo che dal Settecento a oggi le cose non siano cambiate.
Ci sono anche altri temi del libro che trovo molto contemporanei, primo fra tutti l’Amore. Il più classico di tutti, ma che di sicuro non passerà mai di moda. A rendere particolarmente attuale l’Amore di Senza volto è il fatto che ne ho descritto gli aspetti generalmente più trascurati. Quelli fastidiosi, perversi, violenti, pericolosi e diversi. E credo che il rapporto che la società ha ultimamente con il diverso è di sicuro un tema d’attualità.
Infine, cosa puoi consigliare a tutti gli scrittori esordienti che, come nel tuo caso, sono incerti se autopubblicarsi o meno?

Le possibilità che oggi vengono offerte agli autori con il self-publishing (e più recentemente anche con il print on demand) sono una risorsa molto preziosa, soprattutto se in confronto al passato. Tuttavia l’autopubblicazione non è così facile come potrebbe sembrare. Pubblicare il proprio romanzo su una piattaforma come Amazon richiede in effetti solo qualche click, ma preparare il proprio manoscritto a tale pubblicazione è tutta un’altra faccenda. Un buon libro, per essere tale, deve avere alle spalle un editing accurato, un’impaginazione appropriata e una correzione bozze finale; per non parlare di una copertina accattivante. Ignorare tali passaggi, come spesso accade, comporta il sovraffollamento di titoli di scarsa qualità che, nella moltitudine di internet, si perderanno, e la potenziale alta diffusione rimarrà per l’appunto solo potenziale. Farsi carico, da soli, di questi passaggi non è affatto facile, perciò il mio consiglio agli scrittori esordienti è di prendere questa decisione pensandoci bene e, nel caso, di approcciarsi all’utopubblicazione senza fretta, dedicando il giusto tempo alla preparazione del manoscritto.

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