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Rosario Livatino, chi era il giudice giusto proclamato beato

Il 9 maggio 2021 il magistrato Rosario Livatino sarà proclamato beato. Il giornalista Toni Mira, autore del libro "Rosario Livatino. Il giudice giusto" ci spiega perché il magistrato è un altissimo esempio di valore civile

Il 9 maggio 2021 il magistrato Rosario Livatino, venerato come martire dalla Chiesa Cattolica, sarà proclamato beato nella Cattedrale di Agrigento. Una data emblematica, in cui si celebra il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice. Livatino venne ucciso il 21 settembre 1990 sulla SS 640 Caltanissetta-Agrigento all’altezza del viadotto Gasena mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa nostra. A lui è dedicato il libro scritto dal giornalista di Avvenire Toni Mira “Rosario Livatino. Il giudice giusto“. Il giornalista ha compiuto un ampio lavoro di indagine intorno alla figura dell’uomo, del cittadino, del servitore dello Stato, per offrire la possibilità di un incontro faccia a faccia con un personaggio che è un altissimo esempio di valore civile e che scuote le coscienze di tutti noi ben più di quanto farebbe un “santo da immaginetta”.

Chi era Rosario Livatino

Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952, figlio di Vincenzo Livatino – impiegato dell’esattoria comunale – e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il locale liceo classico Ugo Foscolo, dove si impegnò nell’Azione Cattolica, nel 1971 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, presso la quale si laureò cum laude nel 1975. Tra il 1977 e il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per entrare nella magistratura italiana, venne assegnato presso il tribunale ordinario di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere.

Rosario Livatino era un uomo guidato da un fortissimo senso della giustizia e della misericordia divine, ma soprattutto Livatino era un professionista, un magistrato competente, concentrato e abile. L’uomo di legge che guadagna sul campo rispetto e autorevolezza. L’uomo scomodo per le mafie e forza trainante nel contrasto alla malavita. Celebre la sua frase:

“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili.”

Rosario Livatino, come raccontato da Toni Mita, è stato credibile fino all’ultimo istante della sua vita, anche quando si rivolse ai suoi killer prima che gli sparassero, dicendo “Picciotti, che cosa vi ho fatto?”. Un senso della giustizia e della fece, quello di Rosario Livatino, che Toni Mira ci racconta in questa intervista.

Cosa ha rappresentato Rosario Livatino?

Rosario Livatino è la rappresentazione del cosiddetto “laico cristiano”. Era una persona dalla fede profondissima, matura, coltivata negli anni. Una fede che si incarnava in una professionalità straordinaria. Livatino era un bravissimo magistrato che riusciva a coniugare, come ha scritto in uno dei pochi scritti che ci ha lasciato,  giustizia e carità. Riusciva ad essere un magistrato moderno, innovatore, e allo stesso tempo ad avere un rapporto umano e di dignità con personaggi diversi da lui come i mafiosi. In lui non c’era nessun istinto di vendetta o giustizialismo. Il rigore ed il rispetto della legge in Livatino veniva applicata con quella carità che dovrebbe essere sempre legata ad un autentico cammino di fede.

Quali sono i valori e gli ideali di Livatino?

Il suo concetto di magistrato è proprio quello di riuscire ad essere nello stesso tempo rigoroso ed umano. Alcuni suoi gesti sono esemplificativi, come il suo andare a pregare da solo all’obitorio dove c’erano i cadaveri dei mafiosi morti durante la terribile guerra di mafia che in quegli anni provocò centinaia di morti nella provincia di Agrigento, suscitando stupore nel custode. Un altro fatto significativo fu quando a ferragosto andò a portare un decreto di scarcerazione per un mafioso, e risposte all’agente penitenziario stupito di trovarlo li in quel momento che “la libertà è la cosa più importante, quell’uomo non deve stare neanche un minuto in più in carcere. Rosario Livatino era un uomo dalla grande umanità e allo stesso tempo capace di applicare le norme in modo innovativo. Purtroppo la gente ha scoperto il suo grande valore molti anni dopo la sua morte.

Rosario Livatino era un pass avanti a tutti. Con oltre 30 anni di anticipo, Livatino era molto sensibile alle tematiche ambientali, perfettamente in sintonia con Papa Francesco e il suo “Laudato si’“. Fu tra i primi ad applicare la confisca dei beni ai mafiosi e a indagare sugli intrecci tra mafia, politica, banche ed imprenditoria. 

In che modo occorre ricordare oggi Rosario Livatino?

In un momento così difficile come quello che sta attraverso la magistratura nell’ultimo periodo, una figura così limpida come quella di Livatino sarebbe sicuramente da esempio. La lettura del suo pensiero, di come lui considerasse il rapporto con la politica, le sue parole sulla distanza tra magistratura e centri di potere, sarebbe utile a riacquistare la fiducia nei cittadini da parte della magistratura. LA figura di Livatino può aiutare molti giovani magistrati a riacquistare la fiducia della gente.

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