Il romanzo shock di Ali Smith che svela il nostro futuro

5 Settembre 2025

"Gliff" di Ali Smith: romanzo distopico poetico e politico che parla di linguaggio, sorveglianza e resistenza. Una favola potente sul nostro possibile futuro.

Il romanzo shock di Ali Smith che svela il nostro futuro

Ali Smith ha esordito trent’anni fa con “Free Love and Other Stories” (1995), una raccolta di racconti pubblicata in Italia da Feltrinelli, che valse all’autrice britannica il Saltire First Book Award in Scozia. Subito dopo arrivò il suo primo romanzo, “Like” (1997), e a seguire “Hotel World ” (2001) — pubblicato in Italia da Minimum Fax —, con cui raggiunse una fama internazionale diventando finalista al Booker Prize e all’Orange Prize.

Ali Smith torna con un’opera che sorprende per forma e intensità

Smith decide di sperimentare con la speculative fiction e nel 2024 crea “Gliff”, un romanzo distopico che si colloca esattamente a metà tra lo stile di George Orwell e Aldous Huxley, ma senza abbandonare la leggerezza e l’inventiva che da sempre caratterizzano la sua prosa: una favola cupa e luminosa al contempo, una parabola che mescola mitologia, etimologia e folklore per interrogare il lettore su una questione che ci riguarda da vicino…

In un mondo dove la tecnologia divide e disumanizza, è ancora possibile resistere al potere?

La trama di “Gliff” è semplice e destabilizzante: provate a immaginare un prossimo futuro dove gli esseri umani sono ossessivamente sorvegliati e dove ogni cittadino deve essere “verificato” e “approvato”. È quello che accade in questa Gran Bretagna dipinta da Ali Smith: chi non rientra nei parametri viene bollato come “unverifiable” — non verificabile —, escluso e perseguitato. È il destino di Briar (Bri), adolescente non-binary di tredici anni, e della sorellina Rose, costrette a separarsi dalla madre e a fuggire ai margini della città.

Con loro c’è Leif, un uomo che assumerà il ruolo di guida e compagno di viaggio, e un cavallo battezzato da Rose con il nome che dà il titolo al libro: Gliff; non un animale qualunque, ma una presenza simbolica che porta con sé “l’idea di un altro mondo possibile”.

È proprio nella relazione tra i due fratelli e questa creatura improbabile che il romanzo trova il suo centro di gravità: un’allegoria di resistenza, di speranza, di immaginazione.

La critica dice

Il New Yorker ha definito Ali Smith:

“Brilliant and subversive, animated by a constant wonder for the power of words and stories.”
“Brillante e sovversiva, animata dalla costante meraviglia per il potere della parola e delle storie.”

Molti critici hanno accostato Gliff ai grandi romanzi distopici del Novecento. The Washington Post lo ha descritto come:

“A sly masterpiece that reinterprets Huxley’s Brave New World.”
“Un capolavoro astuto che reinterpreta il Mondo nuovo di Huxley.”

Il parallelo è evidente: come in Huxley, la società descritta da Smith non è governata dal terrore puro, ma da un sistema di controllo silenzioso, fatto di sorveglianza, classificazioni e cancellazioni.

Allo stesso tempo, come nota il Financial Times, Smith costruisce un romanzo “che unisce favola, resistenza e visione critica della sorveglianza”: non c’è solo l’angoscia del futuro in “Gliff”, ma anche la meraviglia di un linguaggio che non smette di giocare e di aprire varchi di libertà.

Il potere del linguaggio

Per Ali Smith, il linguaggio non è mai neutro. È materia viva, capace di opprimere e di liberare. The Chicago Review of Books ha scritto che Gliff è

“Part Bildungsroman, part meditation on the power of language.”
“In parte un romanzo di formazione, in parte una meditazione sul potere del linguaggio.”

E davvero il romanzo funziona come un esercizio linguistico radicale: parole che cambiano forma, giochi semantici, scarti improvvisi. La stessa parola Gliff è un’invenzione, un suono elastico che non ha un significato preciso, ma che contiene il senso di resistenza e di alterità. È un titolo che non spiega, ma suggerisce, che chiede al lettore di entrare in una zona di instabilità.

A. O. Scott, sul New York Times, lo definisce “charmed, profane, playful, alert to the pleasures and serendipity of words” (“incantevole, profano, giocoso, sempre vigile sui piaceri e le sorprese delle parole”). È il marchio di fabbrica di Ali Smith: la capacità di trasformare la prosa che danza, anche quando affronta temi cupi come la sorveglianza e la repressione.

Una scrittura che danza

Lo conferma anche The New Yorker, sottolineando che

“Even when dealing with the hardest themes, Ali Smith’s prose dances lightly on the page.”
“Anche alle prese con i temi più duri, la prosa di Ali Smith danza leggera sulla pagina.”

È questa leggerezza che rende Gliff diverso da tanti altri romanzi distopici: non c’è solo denuncia, ma anche gioco, ironia, speranza. Il cavallo Gliff non è un semplice simbolo: è un corpo che irrompe nella storia, un “corpo altro” che destabilizza l’ordine. È insieme fragile e potente, improbabile e necessario. Rappresenta la possibilità di resistere anche quando tutto sembra già deciso.

Un coro internazionale

The Guardian lo ha descritto come

“A frightening and melancholy dystopia that speaks directly to our times.”
“Una distopia spaventosa e malinconica, che parla direttamente al nostro tempo.”

Strange Horizons ha colto invece la vocazione più concettuale, osservando come Smith utilizzi la distopia per parlare di resistenza in termini astratti e simbolici, trasformando l’astrazione in una forza narrativa. Infine, Vogue lo aveva incluso tra i libri più attesi del 2025, definendolo “a chilling window into our possible future” (“una finestra agghiacciante sul nostro possibile futuro”), un’attesa che si è conclusa pochi giorni fa grazie a Sur.

Una favola politica

“Gliff” non è un romanzo di facile lettura, e non vuole esserlo. Usa la lente del fantastico per raccontare il nostro presente: la sorveglianza tecnologica, la divisione sociale, l’esclusione degli “invisibili” e, allo stesso tempo, la resilienza di chi prova a immaginare un mondo diverso.

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