Lo scrittore ci presenta il suo libro ”I tre moschettieri”, una delle proposte di punta portate da Gallucci alla Fiera del Libro per Ragazzi
MILANO – Un libro dal tono scanzonato, pieno di colore e grottesca teatralità. Così Roberto Piumini parla de ”I tre moschettieri”, il libro realizzato insieme al fotografo Mino La Franca e pubblicato da Gallucci – era una delle proposte di punta dell’editore alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna conclusasi ieri. Ma cosa c’è di grottesco in questa versione per ragazzi del celebre capolavoro di Dumas? Ebbene, i protagonisti sono… oche – ebbene sì! , un soggetto molto amato da La Franca e da lui fotografato in tutte le situazioni immaginabili.
Com’è nata l’idea di una versione per ragazzi de “I tre moschettieri”?
L’idea nasce dalla testa di Mino La Franca, l’autore delle fotografie. Lui è un fotografo affermato nel campo della moda e dell’arte, che a un certo punto si è innamorato delle oche come soggetto fotografico. Ne ha immortalate una quantità sconfinata e poi si è divertito a pensare a come raccontare delle storie su questi soggetti. Ha pensato così a rivolgersi a qualcuno per dargli una mano con i testi, e ha coinvolto me.
A me l’idea è sembrata molto simpatica: mi è piaciuta subito la possibilità di scrivere una storia in versi – amo la poesia narrativa, è molto divertente. Ho accettato quindi di collaborare.
Lui ha proposto l’idea a vari editori, finché con Gallucci non è venuta fuori la possibilità di pubblicare “I tre moschettieri”. Il libro è nato così, da queste oche fotografate e già messe in scena da Nino La Franca, che ha usato suoi materiali che ritraevano la reggia di Francia, la Normandia. Ha fatto un lavoro molto raffinato anche di ricerca dei costumi e ha creato un riassunto per immagini della storia di Dumas.
Una volte che c’è stato questo canovaccio completo io non ho fatto altro che “aggiungere le piume”, cioè il racconto verbale. Scrivendo mi sono concesso qualche raffinatezza, che magari non interessa molto i piccoli lettori, ma dà soddisfazione all’autore, componendo in alessandrini – il verso del Settecento francese – e con una serie di “civetterie letterarie”. Sono stato insomma il poeta d’occasione delle oche di La Franca.
È un libro insolito nel panorama editoriale per ragazzi…
Sì, e non è stato facile proporlo. Molti editori sono scettici riguardo alla fotografia e alcuni anche sull’antropomorfizzazione degli animali.
Gallucci ha capito che si tratta di un “gioco” di grande colore e scherzosità.
Dello spirito dell’opera originale di Dumas, che cosa spera di aver conservato ed essere riuscito a trasmettere?
Più che singoli dettagli, credo il tono scanzonato e guascone che c’è nel romanzo, di coraggio allegro, sfida verbale e provocazione affettuosa. Questo dal punto di vista del testo.
Dal punto di vista delle immagini c’è la ricerca del colore, delle forme eleganti, della teatralità grottesca – i soggetti del resto sono oche!
Può darci un commento a proposito della Fiera del Libro dei Ragazzi di Bologna che si è conclusa proprio ieri e l’ha vista ospite? C’è stata partecipazione?
Mi è sembrata più vivace dell’anno scorso. L’accesso del pubblico non specialistico a uno dei padiglioni è stato sicuramente una buona cosa. Io ho tenuto un incontro all’interno della Fiera con i bambini delle scuole, organizzato dalla casa editrice Coccinella, ed è stato molto piacevole. Gli altri anni i bambini non c’erano.
Tra l’altro l’atmosfera è meno caotica rispetto a quella del Salone di Torino, e a me piace avere uno spazio più ristretto, raccolto, teatrale, altrimenti le cose belle che possono accadere durante l’incontro, grazie alla risposta e al gioco dei bambini, non accadono.
Parliamo un po’ di quello che succede in queste occasioni. Come sono i bambini come pubblico, interagiscono, si entusiasmano?
L’autore deve essere disposto a giocare, è chiaro che non può comportarsi come di fronte a un pubblico adulto, non può avere un atteggiamento letterario, “professorale”. Se c’è questa predisposizione dello scrittore, i bambini partecipano al gioco. La prima parte dell’incontro è sempre teatrale, di animazione, si tratta appunto di coinvolgere il pubblico in una specie di teatro guidato. L’interazione è sempre un piacere, soprattutto con i bambini più piccoli, delle elementari, i ragazzini più grandi sono più difficili da coinvolgere. Sul calore, l’emozione e la simpatia che si genera nel gioco, inizia la parte di conversazione.
La maggior parte degli incontri mi piace strutturarla nella forma di veri e propri spettacoli, perché mi piace presentare le mie storie recitando, a volte cantando, finché la voce e il corpo lo permettono, insieme ad altri musicisti e attori. Tutto questo fa parte di una coralità cui io do molto valore, che mi sembra ancora più importante del libro in sé. Mi sento un autore più orale che scritto.
28 marzo 2014
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