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Roberta Maresci, ”Nel mio libro racconto di una Carrà spumeggiante e piena di creatività”

''Comporre il puzzle della vita di Raffaella Carrà è stato come muovermi su un cartellone di un gioco da tavolo e scegliere le pedine più significative, seguendo un tour vivo e vibrante''. E' con queste parole che Roberta Maresci ha descritto l'esperienza della scrittura di un testo impegnativo quanto stimolante come la monografia della diva indiscussa della tv italiana, Raffaella Carrà...
“Raffaella Carrà. Donne nel mito” è il nuovo libro di Roberta Maresci, una monografia dedicata alla diva della tv di casa nostra
MILANO – “Comporre il puzzle della vita di Raffaella Carrà è stato come muovermi su un cartellone di un gioco da tavolo e scegliere le pedine più significative, seguendo un tour vivo e vibrante”. E’ con queste parole che Roberta Maresci ha descritto l’esperienza della scrittura di un testo impegnativo quanto stimolante come la monografia della diva indiscussa della tv italiana, Raffaella Carrà. “Raffaella Carrà. Donne nel mito” è uno dei volumi della collana di monografie “Donne nel mito”, operazione editoriale firmata dal canale Sky Diva Universal e dalla casa editrice Gremese
Dopo i testi su Mina e i grandi miti del XX secolo, ecco ora la monografia sulla grande diva della tv di casa nostra, Raffaella Carrà. Da dove nasce questa passione per le star nazionali ed internazionali?  Cosa l’ha spinta, tra tante donne che hanno fatto la storia del nostro Paese, a scegliere proprio la Raffaella Nazionale?
Sono una giornalista curiosa ma anche una collezionista di umori altrui, di realtà da raccontare e colori da trasmettere anche a chi vedere non può. Scrivere dei miti è stato divertente, ho imparato molto riguardo ai 40 personaggi di cui ho delineato delle biografie alternative, da Marilyn Monroe a Che Guevara, dai Beatles a Gandhi, dalla Coca-Cola all’Harley-Davidson. Ma fare ricerche sui miti ha significato descrivere personaggi o icone immortali, tuttavia spesso vissute in fretta, senza la fortuna di invecchiare (vedi Diana Spencer, Elvis Presley o James Dean). Invece comporre il puzzle della vita di Raffaella Carrà è stato come muovermi su un cartellone di un gioco da tavolo e scegliere le pedine più significative, seguendo un tour per fortuna vivo, vibrante e tutto da scoprire, di un personaggio che ha i tratti della diva solo per il pubblico. Ma non per Raffaella Carrà, una donna che omaggia la creatività già dal nome d’arte scelto, unione dei pittori Raffaello e Carlo Carrà, declinati al femminile.
Che esperienza è stata quella della scrittura di una monografia?  Quali aspetti sono emersi attraverso il libro che, a suo parere, non sarebbero apparsi in modo così rilevante nella serie di mini documentari prodotti da Sky “Donne nel mito””, da cui è tratta l’omonima collana editoriale?
Scrivere una monografia arricchisce, ci fa entrare nelle corde di un’altra persona in punta di penna. Ma, contrariamente ai titoli previsti nella collana pubblicata dalla casa editrice Gremese, nel caso del mio libro su Raffaella Carrà, la Diva Universal prenderà spunto proprio dal volume fresco di stampa per raccontare la Carrà nel documentario che sarà trasmesso il 18 giugno su Sky Canale 128.  
Come appena detto, ha dedicato qualche anno fa una monografia alla diva della canzone italiana Mina. Mina e la Carrà sono coetanee, hanno vissuto la tv negli stessi anni e spesso condiviso il medesimo palco. Quali aspetti differenziano e quali accomunano le due dive?
Mina, donna esplosiva quando il nome, per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio venne cacciata dalla Rai. La Carrà che conviveva con Boncompagni, più grande di lei, sposato e con figli, mai nessuno l’ha condannata. Entrambe vanitose, passionali e camaleontiche, quando conducevano “Milleluci”, per sopperire all’altezza inferiore della Carrà (160 cm) rispetto a Mina (175 cm), il costumista Corrado Colabucci pensò di far calzare a Raffaella un paio di zatteroni ma la Massini si impuntò di brutto: «Sono di moda, li voglio anch’io». Così il regista Antonello Falqui gliene fece comprare due paia: uno più alto, per le prove, uno più basso, per le riprese. Contava sul fatto che Mina, di solito agitatissima prima di entrare in scena, non avrebbe notato la differenza. E così fu.
Raffaella Carrà ha rivoluzionato totalmente il costume italiano, dal celebre ombelico scoperto mostrato nella sigla di apertura di Canzonissima al ballo più famoso della tv, il Tuca Tuca. Quali sono stati gli ingredienti che le hanno permesso di avere questo forte impatto sul pubblico e sulla cultura televisiva del tempo?
Sono tanti i motivi per cui per Fabio Fazio è un’opera d’arte, per la comunità gay un’icona e per Sergio Saviane è stata la Madonna Pellegrina capace di aver “guarito con i miracoli e i colpi di natica, tante giovanette dai brufoli e tanti pensionati dalla sciatica”. La Carrà non si discute, si può amarla o non, ma fa parte del vissuto quotidiano di quanti (come me) andavano a scuola negli anni ’80. Tornando a casa, trovavamo la mamma ad accoglierci con un abbraccio. E Raffa era lì, in tv. A “Pronto, Raffaella?”, insieme a Punto e Virgola, il cane e il gatto. Prima ancora e oggi, cavalca l’onda del successo. Perché è una professionista, stakanovista, ironica e con una grande forza di volontà: “Sarei una pigra ma poi il desiderio di arrivare sempre preparata mi ha corretto il carattere”, ha detto la Carrà, parlando di sé. “Non sono una cantante vera, non ho una gran voce, non ho mai pensato di intraprendere quella carriera. Sono una outsider che si è imposta al pubblico per alcune qualità”. Quali? Primo: aver lanciato canzoncine piene di energia accompagnate dal ballo ed effetti scenici prima di Madonna, come fossero video ante-litteram. Secondo: aver cantato soltanto canzoni cucite su di lei. Terzo: averci messo l’anima. Quarto: aver lanciato, prima che andassero di moda, i ritmi latini in una mescolanza di melodia nostrana e allegria caraibica. Fatto è che “la Carrà è un monumento nazionale, e se persino la Cappella Sistina suscita critiche, perché non lei?”, ha detto lo stilista Gai Mattiolo che l’ha vestita anche sul palco di Sanremo 2001.
25 maggio 2013
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