Leggere è una delle forme più discrete del ricominciare. Non perché risolva, ma perché rimette in moto: restituisce un ritmo quando la vita lo perde, apre una fessura quando tutto sembra chiuso. Ci sono difficoltà che arrivano come un colpo e altre che si accumulano piano, finché ci si ritrova a vivere in un equilibrio diverso: una perdita, una casa che cambia, un legame che si sposta, un corpo che chiede attenzione.
4 libri per ricominciare
Queste storie sono punti di riferimento per chiunque abbia voglia di ricominciare. Scopriamole insieme.
“Il sogno” di Mary Shelley
“Il sogno” è un breve racconto gotico, pubblicato da Mary Shelley nel 1832, che si presenta come una visione densa, onirica, piuttosto che una vera e propria trama dall’incedere classico.
Ambientato in Francia, a cavallo tra Seicento e Settecento, vede come protagonista Constance di Villeneuve, una giovane nobile che vive dentro di sé un conflitto tutt’altro che astratto: ama Gaspard de Vaudemont, ma lui è il figlio dell’uomo che ha ucciso suo padre in battaglia. Oggi potremmo dire un cliché, ma bel studiato e strutturato dalla maestra del gotico.
La storia, per come è costruita, non lascia vie pulite: ogni scelta implica una perdita, ogni sentimento porta con sé una colpa ereditata.
Shelley lavora con pochi elementi, ma li dispone come si fa nei sogni: immagini nette, morale incerta, un senso di destino che sembra arrivare prima dei personaggi. Constance è divisa tra l’attrazione per Gaspard e una fedeltà quasi fisica al padre morto, come se il lutto fosse un vincolo sociale e insieme un vincolo del corpo. Il risultato è un amore che non può essere “semplice” nemmeno quando è sincero. È continuamente attraversato dal dovere, dalla memoria, dalla vendetta che sopravvive alle persone e continua a chiedere il suo tributo.
È un gotico compatto, che non cerca l’effetto macabro, ma l’inquietudine più difficile…
“Nord e Sud” di Elizabeth Gaskell
Il Sud di “Nord e Sud” è fatto di giardini, abitudini stabili, un ordine sociale che si dà per scontato; tuttavia, quell’universo si sposta a Margaret Hale, che lascia la campagna perché il padre, curato, rompe con la Chiesa. La famiglia deve ricominciare altrove e quell’“altrove” è Milton, un Nord industriale fatto di aria sporca di cotone, ciminiere, rumore di telai: una città dove il denaro non viene dalla terra, ma dalle fabbriche e dalle ore di lavoro.
Margaret arriva con un’educazione morale severa e un senso del decoro che qui sembra fuori tempo. Incontra John Thornton, proprietario di un’industria tessile: uomo capace e duro, simbolo di una borghesia che non chiede permesso, convinta che la disciplina sia una virtù e che la povertà abbia sempre un colpevole.
Tra loro il rapporto non inizia con il piede giusto: scambi spigolosi, giudizi rapidi, orgoglio da entrambe le parti. Ma Milton costringe a guardare: le condizioni degli operai, la fame, gli scioperi, il rischio che esploda la violenza. Margaret, che all’inizio “vede” solo un sistema, comincia a vedere persone. Thornton, che si è costruito da sé, si trova davanti una donna che non lo ammira e proprio per questo lo disorienta.
Il romanzo è insieme storia sentimentale e cronaca sociale, dove l’amore non corre su binari separati e passa in mezzo alla città, alle dispute tra padroni e lavoratori, alle case che si riempiono di malattia e di perdite.
“Intermezzo” di Sally Rooney
Un libro che ha scosso i sociale prima ancora di essere tradotto in Italia e che porta con sé tutto il successo di Rooney. Parla di due fratelli, Peter e Ivan, che tornano a Dublino e alla loro vita dopo il funerale del padre; assieme a loro, un’aggiunta che non si vede: l’assenza che prende forma come “cosa concreta”. Cambia il modo in cui si dorme, si parla, si sta in una stanza. Il lutto, in “Intermezzo”, diventa personaggio e presenza.
Peter, il maggiore, un avvocato insonne sui trent’anni diviso tra due donne — Sylvia e Naomi — e Ivan, il minore, un campione di scacchi che vive nel mondo delle mosse pensate in anticipo, ma nella vita reale arriva spesso in ritardo.
Rooney segue i due fratelli mentre il lutto scoperchia vecchie tensioni, rancori domestici, alleanze che sembravano impossibili. Non ci sono rivelazioni teatrali: ci sono conversazioni sbagliate, messaggi non mandati, corpi che cercano contatto quando la testa vorrebbe restare composta. “Intermezzo” è la cronaca di quel periodo in cui una famiglia cambia assetto e ciascuno deve decidere che cosa fare di sé, senza più il padre come punto fermo.
“Hidden Valley Road. Nella mente di una famiglia americana” di Robert Kolker
Questo libro parla dell’apparenza e della disillusione improvvisa: una casa che funziona come un piccolo sistema composto da orari, trasferimenti e regole. Don Galvin è un ufficiale dell’esercito e la famiglia si muove con lui da uno Stato all’altro; la famiglia cresce e diventa un piccolo reggimento domestico, i figli si moltiplicano fino a diventare dodici — dieci maschi e due femmine.
E, se nelle foto tutto sembra perfetto (ragazzi brillanti, sport, musica, quell’aria da “andrà bene” che spesso accompagna le famiglie numerose quando sono ancora giovani abbastanza da crederci), qualcos’altro si muove nelle retrovie…
A un certo punto accade. Non uno, ma sei. Nel giro di pochi anni sono proprio sei i fratelli a cui viene diagnosticata la schizofrenia.
Così, quella non è più solo una casa: diventa un luogo dove la paura è pratica quotidiana, dove i confini tra “carattere” e “malattia” si fanno opachi, dove ogni decisione sembra sbagliata in anticipo.
Kolker racconta i Galvin , li segue mentre cercano di restare una famiglia e, nello stesso tempo, mostra cosa accade attorno a loro: la psichiatria che cambia tutto, le teorie che si combattono, i ricoveri, le contenzioni, gli psicofarmaci, l’elettroshock. La scienza entra in scena con la promessa di una spiegazione e con un bagaglio di metodi spesso brutali, perché è così che, in quegli anni, si “cura” ciò che non si capisce.
