Sei qui: Home » Libri » Recensioni » “Non c’è più la Sicilia di una volta” di Gaetano Savatteri, un libro che smaschera gli stereotipi sull’Isola

“Non c’è più la Sicilia di una volta” di Gaetano Savatteri, un libro che smaschera gli stereotipi sull’Isola

In questo suo ultimo originale lavoro, Gaetano Savatteri si propone di rimuovere schemi e stereotipi falsi che molti appioppano alla terra di Sicilia. E’ come guardare l’Isola, volendola attraversare, con una guida rossa del Touring Club del 1919 e riscontrando chiaramente che quello ivi descritto non corrisponde più alla realtà odierna. E Savatteri nel libro “Non c’è più la Sicilia di una volta” ha raccolto alcune riflessioni raccontandole con il brio che caratterizza lo stile letterario dell’autore.

E’ mutata la “Sicilitudine”, il sentimento e l’animo dei siciliani che non sono e forse non lo sono mai stati quelli dei personaggi rappresentati dai suoi più eccelsi autori. Non vi sono più i“Gattopardi”di Tomasi di Lampedusa e “I Vinti”di Verga, che esprimono chiaramente delle verità ma che non sono però più quelle. Allo stesso modo non vi è più il mondo delle solfare e dei “carusi” né la “Nedda” verghiana che non può sfamare i suoi figli.

Però bisogna fare attenzione a non incorrere nella tentazione di rottamare tutto insieme questo illustre passato dei grandi autori siciliani quali Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello..etc. che descrivono passioni umane e non solo condizioni sociali. Adesso si vive nei guasti del capitalismo sfrenato e rifarsi ad una passato letterario è fuorviante se non addirittura un vero e proprio falso storico.

Ad iniziare dal 1989 e poi con la “stagione delle stragi”, in Sicilia la mentalità è cambiata e nel 1994 esplode non a caso il fenomeno Camilleri, che descrive delitti normali che avvengono in Sicilia dove non vi è più la centralità della mafia. Dopo i delitti di Falcone e Borsellino , la percezione del fenomeno criminale è cambiata anche se la mafia chiaramente non è stata debellata.

Tutto ciò ha trovato espressione nel mondo dell’arte, nello spettacolo,nel cinema , nella fotografia dove sono usciti fuori talenti che trattano temi diversi e non solo mafia e/o antimafia.
Eppur vero che la “Vigata”immaginaria di Camilleri sembra appartenere ad un mondo inesistente che può fare pensare ad una inenarrabilità della Sicilia. Lo stesso dicasi per l’ultimo romanzo di Roberto Alaimo con una Sicilia che quasi scompare ,essendovi al centro della narrazione la famiglia.
Ma vi sono adesso nuove espressioni letterarie come Viola Di Grado (Catania,1987) e nel campo della pubblicità Dolce e Gabbana che con i loro spot , esaltano e smitizzano al contempo vestiari tipici isolani quali la canottiera. Fiorello ancora, si può permettere di fare la parodia del siciliano, veicolando un immagine che si comprende non essere più aderente al reale.

Appare quindi terminata la stagione della finta e spesso macchiettistica rappresentazione spesso limitante la forma espressiva. Alcune superstiti manifestazioni di denigrazione, come in Buttafuoco, mirano a risvegliare l’orgoglio di siciliani.
Non ci si può fermare all’esaltazione di personaggi famosi quali Federico II ed affermare che se è vero che ad Agrigento manca l’acqua, si ha però l’orgoglio di avere dato i natali a Pirandello. Non è sufficiente la “bellezza” per salvare la Sicilia e non può essere un alibi per l’infelice stato odierno. Si è raccontata ai Siciliani questa favola per fare digerire loro le inefficienze e le brutture di un sistema.
Gli stereotipi uccidono la fantasia, non si può più sopportare il “maresciallo sudato” o l’ennesimo “ultimo gattopardo”. Si conducono i turisti a visitare la “Vucciria” che è divenuta un “topos” immaginario, in quanto poi li si porta a vedere il “Capo” e questo appare come una metafora dell’inesistente.

 

Gaetano Celauro

 

© Riproduzione Riservata