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“Mandami tanta vita” di Paolo Di Paolo, un romanzo che spinge a riflettere

Leggere Paolo Di Paolo è avere la conferma, ogni volta, che esistono ancora scrittori degni di tale nome. In “Mandami tanta vita”, romanzo edito in terza edizione nell’aprile 2017 da Feltrinelli, l’autore ci trasporta indietro nel tempo con l’accuratezza dello storico attento non tanto ai grandi eventi, quanto all’atmosfera che caratterizzava il periodo. La prosa è puntuale, felice nel descrivere i giorni di carnevale del 1926 e due città, Torino e Parigi, che si materializzano mentre sono percorse da gambe frettolose o estremamente stanche, così deboli che a fatica si trascinano, in un febbraio rigido.

Due personaggi, un giovane studente di filosofia, Moraldo, confuso e incapace di prendere in mano la sua vita, e un coetaneo, Piero, con moglie, figlio piccolo e con le idee chiare: combattere il regime con parole scritte e azioni. Il desiderio del primo è incontrare l’altro, imitarlo e diventarne amico. Il secondo, di portare avanti la sua rivoluzione seppure da lontano, in terra straniera. Il privato, gli affetti, si mescolano con la Storia e ci restituiscono le ansie, le aspettative, le delusioni che sono proprie della vita. L’incontro dei due avverrà all’insaputa degli stessi e quando Moraldo ne verrà a conoscenza, sarà l’occasione perduta. Il tempo non concederà possibilità di replica.

Si deve all’autore una ricerca lunga e capillare di fonti storiche, di luoghi visitati, di lettere accompagnata dalla volontà di approfondire un personaggio come Gobetti, così giovane e già protagonista di rilievo del Novecento. Eppure, al di là del documentato, come dichiara lo stesso Di Paolo, c’è tanta finzione, libertà al servizio dell’immaginazione. La scrittura, in fondo, è questo. Nel titolo del romanzo la vita è affidata alla parola scritta, più precisamente alle lettere che Piero attende con ansia dalla moglie, a testimoniare l’importanza vitale che essa ha per l’autore. La letteratura come strumento per andare oltre l’intrattenimento del lettore, suscitando riflessioni, interrogativi a cui tentare comunque di dare risposte. E quest’ultimo proposito non può che essere uno stimolo in più per invogliare a leggere il romanzo.

Carla Magnani

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