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“La misura eroica” di Andrea Marcolongo, perché diventare eroi è facile

«Il mare è una lingua antica che ci parla.»
Una lingua, proprio come quella greca antica, fatta di regole e tanti imprevisti, di bonacce e tempeste lessicali. Una lingua che in continuità con quella moderna è sempre la stessa, ma che sempre cambia e ci cambia.
LA MISURA EROICA di Andrea Marcolongo esordisce come un viaggio per mare, per quel mare, che ha porti sicuri ma nasconde navigazioni ignote. Un viaggio che è mosso dall’amore e che con l’amore si conclude, perché al di là di ogni navigazione e di ogni meta, è l’amore per qualcuno o qualcosa, l’amore indomabile ciò che veramente conta.
In un tempo remoto ed imprecisato, tuttavia antecedente alla guerra troiana, Giasone è ancora un giovanotto, che si trova però ad affrontare un’impresa senza precedenti: solcare i mari a bordo della prima nave costruita al mondo, Argo, per recuperare l’ambito vello d’oro nella lontana Colchide e riscattare il regno di Iolco e insieme suo padre che era stato spodestato dallo zio malvagio, Pelia. Un percorso lungo ed insidioso – raccontato da Apollonio Rodio nelle sue Argonautiche – che lo spingerà ad uscire dalla sua adolescenza e lo muterà in un uomo adulto, maturo. Lo muterà in un eroe.
Perché eroi non sono solamente gli dei che tutto possono, o mortali prodigiosi che riescono in tutte le loro battaglie. Eroe è chi coglie una sfida grande e lo fa per amore, perché la distanza tra l’essere eroico (in greco ērōs) ed amare (ĕrōs) è breve, una ‘e breve’. L’eroicità è un amore allungato, che si protrae tenace nel tempo e che non teme distanza alcuna. È salpando per amore che Giasone diventa eroe, e l’amore trova: trova Medea, vera conquista del suo viaggio, una straniera che niente s’aspettava dalla vita e che di colpo si ritrova innamorata. Così è l’amore che spinge la prima nave, il primo ‘legno atto a navigazione’, ad attraversare i mari, non la guerra.
Ma se il mare è una lingua, antica, LA MISURA EROICA non può che essere anche un viaggio verso, attraverso le parole. Parole comuni, probabilmente da tutti conosciute, ma che grazie ad un’autrice sensibile ed attenta al lessico trovano anch’esse la loro eroicità. Apprendiamo così che la felicità, come pure l’infelicità, è essere fecondi o infecondi, pieni di risorse oppure sterili come un terreno; che la xenofobia sarà pure un termine dalle radici greche, ma di certo non greco, perché i greci sconoscevano la paura per lo straniero, verso cui soltanto ‘xenia’ erano capaci di manifestare, e cioè ‘accoglienza, ospitalità’. Apprendiamo che la ‘nostalgia’ non è soltanto pensiero di un dolore provocato dal desiderio di ritorno, ma è azione, è la capacità grande di rimettersi in viaggio e di tornare, ancora una volta, verso casa. Di diventare Argonauta sulla propria nave.
La lezione di Andrea Marcolongo è davvero semplice, umile ma allo stesso tempo eroica: ci insegna che diventare eroi è davvero facile, basta affrontare la vita con amore, ogni giorno, al di là di ogni vittoria o disfatta. È trovare il coraggio di salpare, di solcare i tanti mari che si trovano dentro di noi, scansando l’idea tentatrice di restare sempre ancorati al nostro porto sicuro.
E se la nave su cui ci troviamo sta per affondare, è necessario anche saper abbandonare, sempre con riconoscenza, l’imbarcazione. Questo possiamo apprendere dal secondo testo citato dall’autrice, ‘How to Abandon Ship’, un manuale scritto in seguito ad un naufragio durante la seconda guerra mondiale che tramanda l’arte di sopravvivere ad un eventuale affondamento. Così da poter sopravvivere e rimettersi in viaggio per mare. Così da tornare ad amare.

 

Antonio Puleri

 

 

 

 

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