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“Il cardellino” di Donna Tartt, libro ricco di interrogativi sul senso delle vita e della morte

Un attentato in un museo di New York, un’amara possibilità tragicamente attuale che l’autrice aveva ideato già nel 2013, in tempi non – o forse sarebbe meglio dire poco – sospetti, e la vita di Theodore Decker un assennato e giudizioso ragazzino di 13 anni cambia per sempre.

Da qui, una serie di avvenimenti e di personaggi che attraversano la vita di Theo e una fragilità di fondo che segna la sua vita. Ma se l’insicurezza di Theo e’ dovuta al trauma e alla perdita della madre, unico suo faro e pilastro e tutta la sua famiglia, la fragilità di molti altri personaggi mette in luce le fragilità dei nostri tempi, degli adolescenti che sono abbandonati a se stessi e non sono seguiti dai genitori, degli adulti che fanno del denaro facile il fulcro della loro vita così come degli illusori aiuti dei nostri tempi, alcool e droga, la panacea di tutti i mali. Fanno da contraltare pochi personaggi positivi, Pippa, i portieri che organizzano la colletta per aiutare Theo, la stessa signora Barbour, ma su tutti uno che si staglia come un gigante buono col suo comportamento, silenzioso, discreto, accogliente e   comprensivo:Hobart.

E il cardellino? E’ il filo conduttore, è la surreale (o forse mica tanto) vicenda, che sul finire si tinge di giallo, costruita dall’autrice intorno al celebre dipinto del 1654 che gli ardimentosi lettori, che non si saranno lasciati spaventare dalle 892 pagine del romanzo, avranno il piacere di leggere cercando di capire che ne sarà….

A tratti un po’ tirato per le lunghe, a tratti geniale, desolante difronte alla miseria umana, pessimista, fatalista, “chi ha detto che le coincidenze sono solo il modo che Dio ha scelto per restare anonimo”? “Tutto ciò che ha valore rappresenta una scommessa. E le cose buone non entrano spesso dalla porta sul retro?”, ricco di interrogativi sul senso delle vita e della morte, si congeda con un lumicino di speranza.

Silvia Costanzo

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