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“I poeti lavorano di notte”, il ruolo del poeta secondo Alda Merini

I poeti lavorano di notte

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere iddio
ma i poeti nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini

L’autrice, inimitabile e controversa Alda Merini, con questa lirica ci descrive come il ruolo del poeta, durante la notte, diventi un vero e proprio lavoro, reso più dolce e proficuo dall’affascinante e quieta atmosfera notturna. In un tempo senza tempo, dove tutto tace, in cui la cognizione sensoriale cessa di esistere e la ragione si china davanti al “grido interiore”; in un tempo senza luci e rumore assordante: lì, l’uomo si fa poeta, lì prende le vesti di cantore dell’anima. E incomincia a scrivere, a gettare le redini: ad urlare, silente, sulla pagina che assopisce le sue emozioni ancora distorte.

La mano sinuosa, la penna che scivola, la carta che si increspa… accolgono e consolano quei pragmatici operai nel momento in cui sprigionano sensazioni e, quasi abili artigiani, da un magma fatto di istinti primordiali durante il giorno prigionieri della mente, forgiano opere dalle patetiche espressioni: “come falchi notturni od usignoli /dal dolcissimo canto”, così, nella notte, i poeti fanno poesia.

Lontani da sguardi indiscreti e dal tempo tiranno, con la loro arte e il loro audace operato, i poeti sarebbero capaci di far crollare il cielo, perché, mentre scrivono e regalano emozioni, loro “fanno ben più rumore / di una dorata cupola di stelle”.

Mariapia L. Crisafulli

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