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“Eccomi” di Jonathan Safran Foer, un lucido affresco della società moderna e delle relazioni umane

Miglior libro dell’anno 2016 (“classifica di qualità” de La Lettura del Corriere della Sera) e atteso per undici anni, la nuova voluminosa e impegnativa opera di Jonathan Safran Foer racconta la storia dei Bloch, famiglia ebrea americana investita da una crisi che lentamente manda in frantumi un matrimonio, quello di Julia e Jacob, tenuto in piedi per anni da convenevoli e silenzi, formula borghese di un quieto vivere che, anche nel momento del crollo, preferisce la nevrosi lenta e corrosiva ad un’esplosione improvvisa e risolutiva.

Una crisi che investe quattro generazioni, portando alla luce identità irrisolte, nel rapporto con una religiosità accettata ma non scelta e in cui, come movente del collasso, Safran Foer lascia entrare anche l’attualità delle chat e degli smartphone, attraverso l’indecenza di frasi che rappresentano forse gli unici punti di rottura all’interno di relazioni costruite sul buon senso e l’autocontrollo.
Il tutto tenuto insieme da una fitta trama di dialoghi che rappresenta la cifra distintiva e il ritmo, a tratti delirante, dell’intero racconto.

Una storia che attraversa meravigliosi picchi narrativi, come il dialogo-confessione notturno tra Jacob e il cugino Tamir – a mio avviso uno dei momenti più alti del libro – dove le voci si sovrappongono alle mute immagini televisive dello stato di Israele devastato dal terremoto e da un conflitto incombente, e che racchiude, in un susseguirsi di battute concitate, surreali e intime, tutti gli argomenti poi sviscerati nel romanzo. Una storia che, tuttavia, finisce a tratti per appiattirsi in un prolisso e infruttuoso ripetersi di situazioni e di tormenti di cui Jacob diventa vittima designata.

Personaggi accomunati da una continua ricerca di senso… Quando mi chiedono come sto, mi ritrovo a dire: “E’ una fase di passaggio”. Tutto è transizione, turbolenza verso la destinazione. Ma lo dico da così tanto tempo che probabilmente dovrei accettare che il resto della mia vita sarà un lungo passaggio: una clessidra senza i bulbi. Solo la strettoia.”
Attori sulla scena impegnati a mantenere una sospensione di giudizio persino più dolorosa della determinata discesa in campo…”L’agnosticismo non è meno devoto del fondamentalismo, e forse aveva distrutto quello che amava, per la sua incapacità di vedere la perfezione dell’abbastanza”.

Questo (e non solo) è “Eccomi”, un lucido affresco della società moderna e delle relazioni umane, che si finisce per amare, e che avremmo amato ugualmente (forse di più) senza quella faticosa verbosità che lo priva, a tratti, di potenza emotiva. Concedo, tuttavia, il beneficio del dubbio…che non abbia voluto l’autore trascinare il lettore stesso in quel lento ed estenuante logorìo dei rapporti, fargli sentire il prepotente disagio di quella ricerca continua di senso, di domande senza risposta, di vuoti incolmabili e di identità frammentate?

 

Margherita Lomangino


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