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”Corpi di Gloria”, storia del processo di purificazione che porta il corpo a liberarsi della materia

Da pochi mesi il piccolo gioiello letterario di una scrittrice esordiente sta invadendo gli scaffali delle librerie e le pagine dei siti internet, fino a essere premiato col Premio Rapallo Carrige Opera Prima 2014...

Da pochi mesi ‘Corpi di Gloria‘, il piccolo gioiello letterario della scrittrice esordiente Giuliana Altamura sta invadendo gli scaffali delle librerie e le pagine dei siti internet, fino a essere premiato col Premio Rapallo Carrige Opera Prima 2014.

Già di primo impatto non è facile resistere al titolo evocativo e al richiamo della copertina, che ammicca in modo fulmineo e delicato come un malizioso segno della croce: sul basso il movimento orizzontale di un corpo femminile sublimato dalla luce solare che ne brucia la carne, lasciando soltanto un’ombra a coprire il viso; sullo sfondo, ma a occupare quasi l’intera pagina, lo slancio verticale di un corpo più inconsistente e astratto, un cielo ‘blu scuro come la notte’, che si riflette nello specchio dell’acqua con ‘l’oro delle stelle che brillano sul fondo’.

La copertina e le prime righe già dicono tutto. Non assaporavo un incipit tanto bello dalla lettura di Lo-li-ta. Lola, Dolly e Dolores sono le tre anime che racchiudono la creatura fiammeggiante di Nabokov. Senza bisogno di armarsi di allitterazioni o lollipop, a Giuliana Altamura basta un solo nome per evocare magicamente il doppio corpo della nostra protagonista, direttamente dall’immagine di copertina: Gloria è sdraiata, la sua carne è baciata da una luce verticale che misura la distanza fra la protagonista e quel cielo immenso che, come un delicato fil rouge, attraversa il racconto e verrà rievocato in maniera circolare nel finale.

Fin dalla prima immagine, Gloria è carne e luce ed è questa sua doppia natura a giustificare il richiamo alchemico del titolo: ‘il ‘corpo di gloria’ – spiega l’autrice in un’intervista – indica il fine di quel processo di purificazione che porta il corpo a liberarsi della materia, a manifestare la luce dello Spirito che lo compenetra’. È tale tensione fra il corpo ‘fisico’ e quello ‘glorioso’ a rappresentare il centro gravitazionale dell’intera narrazione. Con un pregevole equilibrio degli elementi- che Altamura maneggia levigando con cura ogni dialogo, ogni frase, ogni parola – Corpi di Gloria non si limita a ripetere una variante della ‘gioventù bruciata’ o del ‘Meridione carico di problemi’, ma sfrutta i temi archetipici dell’adolescenza e del Sud come elementi, rispettivamente, temporali e spaziali per esprimere la crescita della protagonista.

Il Sud e l’adolescenza sono le due realtà – forse ormai le due irrealtà, i due altrove – che la giovane autrice barese è riuscita a descrivere e sublimare per farne da cornice al ritratto di Gloria. Lo stesso evento che – coup de théâtre – fornisce la scossa al meccanismo narrativo non sembra rappresentarne però il nucleo di senso. Nascosta fra i dialoghi e le avventure di droghe, teppismo e sesso facile descritte dalla quarta di copertina, ricorre una parola pronunciata sottovoce, ma che sembra urlata: ‘niente’. Come un sasso che, lanciato nell’acqua, viene subito riassorbito, come le finte effusioni fra Gloria e Cris – ‘nothing happens’ (amava scrivere Janne Teller) a Riva Marina o nel suo cielo sempre indisponibile, ma qualcosa è forse cambiato nei nostri personaggi, nella loro percezione della distanza del cielo.

Nostra fragile prospettiva su questo frammento di mondo – dunque protagonista del nostro racconto – è Gloria silenziosa e luminosa, Gloria insensibile a ogni stimolo esterno e a ogni sapore, Gloria sempre sul punto di ‘brillare’. Il finale – senza troppo anticipare – è liberatorio, chiama in causa il fuoco, l’acqua e il cielo in una silenziosa esplosione alla Zabriskie Point.

Patrick Martinotta

2 novembre 2014

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