Sei qui: Home » Libri » Recensioni » Biennale di Venezia 2017, un’arte di protesta

Biennale di Venezia 2017, un’arte di protesta

1. Cubi in legno leggero che si possono toccare, spostare e comporre tra loro.
2. Decine di scarpe da ginnastica con dentro delle piante coltivate nella terra e fuori ricoperte da muschio.
3. Copertine di libri fatte con il pane sardo carasau.
4. Libri fatti con la stoffa e le pagine hanno la scrittura simulata con filo nero.
5. Colonne quadrate alte due metri di sale a rappresentare lo scempio che l’uomo fa della natura. Dal sale si estrae il litio, preziosissimo chiamato il nuovo petrolio, e quindi adesso sono tutti impegnati ad estrarre il litio dal sale. Ma come il petrolio, anche il litio finira’ e allora l’uomo si buttera’ su qualcos’altro.
6. Tronchi di albero a grandezza naturale fatti in cera.
7. Una casa in legno con ampie finestre dove piove dentro. Il rumore della pioggia e l’odore del legno bagnato danno una bellissima sensazione. La casa e’ messa in penombra, fa venir voglia di fermarsi a lungo perche’ da’una sensazione di fresco.
8. Una tartaruga molto grande fatta con carta pesta e cemento. A guardarla sembra massiccia, a toccarla ci si accorge che non deve pesare molto.
9. Un ampio spazio, con scalinate in legno per salire e scendere. Una volta salita la rampa ci si trova davanti a 8 grandi pannelli bianchi rettangolari appesi al soffitto disposti in due file orizzontali. Da lontano si sente un suono molto lieve provenire da un punto non identificabile della zona pannelli. Passando davanti ai pannelli si sente una voce che parla sottovoce in una lingua che non sono riuscita a decifrare. La sensazione e’ abbastanza inquietante.
10. Enormi falene lunghe due metri con strascichi di stoffa altrettanto lunghi. Con lunghe antenne nere e la testa pelosa e sembrano davvero falene giganti. Sono ovunque, per terra, sul soffitto, attaccate alle architravi. Piuttosto inquietante anche questo ma molto bello da vedere.
11. Una tenda sciamanica con all’interno dei materassi dove ci si puo’ sedere e anche distendersi se uno vuole e ci sono anche degli strumenti da suonare (maracas e tamburi).
11. Un enorme rosario appeso al soffitto. Il crocifisso e’ appoggiato a terra ma non c’e’ il Cristo. La corona del rosario e’ formata da tante teste di neonati piangenti, gli occhi chiusi e la bocca spalancata nell’urlo del pianto. Come materiale e’ usato il ferro.
12. Una scultura alta oltre due metri fatta con pezzi di vasi di ceramica rotti uniti tra loro da un filo d’oro. Antica usanza sudamericana. Le vecchie porcellane che si rompevano (tazzine, teiere ecc) venivano aggiustate cosi’ e in questo modo acquistavano ancora piu’ valore.
13. Un pittore eschimese che usa matite colorate e inchiostro per fare i suoi quadri (tra l’altro molto grandi) su scorci di vita eschimese. Veduta all’esterno con slitta, interno di una casa con due eschimesi seduti sul divano.
14. Una serie di quattro quadri messi a quadrato (due sopra e due sotto). In uno e’ raffigurato un water da cui esce un braccio con in mano qualcosa che non si capisce, dalla parete si vede un crocifisso che sta per cadere e un diavolo nero sta volteggiando nell’aria.
15. Sequenza di vignette peruviana che mostra come nel passare dei secoli tutto si rimandi sempre a magnana. Poi nell’ultima vignetta che rappresenta i giorni nostri la frase si e’ modernizzata e al posto di magnana si dice tomorrow.

Io ho trovato questa Biennale fantastica. Quella esposta e’ un’arte di protesta. Protesta contro l’abuso che l’uomo fa nei confronti della natura, protesta contro l’arroganza dell’uomo di voler decidere contro la natura delle cose, contro la natura degli animali, contro la sua stessa natura.
L’impressione che lascia e’ questo filo conduttore di protesta che mi fa dire finche’ gli artisti possono protestare attraverso l’arte VIVA L’ARTE – L’ARTE E’ VIVA (che e’ lo slogan della Biennale di quest’anno).

 

Diana Cosmo

© Riproduzione Riservata