“Quattro amici” di David Trueba: un’estate on the road tra risate e nostalgia

2 Luglio 2025

“Quattro amici” di David Trueba è un road‑novel estivo ironico e malinconico. Perfetto per le vacanze, ti farà riflettere sul passaggio all’età adulta.

"Quattro amici" di David Trueba: un’estate on the road tra risate, nostalgia e identità

Quattro amici” di David Trueba è un romanzo che profuma di estate. Lo riconosci subito dalla prima pagina: un’auto malandata, una manciata di amici, un viaggio improvvisato e nessun piano se non quello di lasciarsi vivere.

È un romanzo che profuma di asfalto bollente e libertà, ma anche di malinconie che si incastrano tra una risata e un addio non detto.

Pubblicato per la prima volta in Spagna nel 1999 e approdato in Italia con Feltrinelli, “Quattro amici” è diventato un piccolo cult generazionale. E anche se sono passati più di vent’anni, continua a parlare a chiunque si sia trovato, almeno una volta, nel mezzo di una transizione: tra giovinezza e adultità, tra sogni che scottano e realtà che stringe.

“Quattro amici” di David Trueba

Un’estate per perdersi e ritrovarsi

La storia è semplice: quattro ragazzi — Solo, Blas, Claudio e Raúl — partono per un viaggio in macchina nel cuore dell’estate spagnola. Non hanno una meta precisa, ma ogni tappa diventa un frammento di quella ricerca indefinita che chiamiamo crescita.

Il caldo torrido, i bagni in mare, le ragazze incontrate per caso, i dialoghi assurdi e le verità che scappano fuori all’improvviso: tutto contribuisce a creare un racconto che, pagina dopo pagina, avvolge sempre di più.

C’è chi vuole dimenticare una storia d’amore, chi cerca di capire se stesso guardandosi negli occhi degli altri, chi si difende con l’ironia e chi, invece, ha già dovuto diventare adulto troppo presto. Ma più che la meta, conta il tragitto.

E Trueba lo racconta con uno stile vivace, sincero, che sembra rubato ai dialoghi tra amici, ai pensieri buttati giù in un taccuino durante un viaggio in treno, alle notti in cui si dorme poco e si sogna molto.

Un microcosmo di sensibilità

Ognuno dei personaggi ha una voce distinta, credibile, eppure universale. Solo, che racconta la storia in prima persona, è un aspirante scrittore e un romantico disilluso: ha appena scoperto che la donna che ama sta per sposarsi, e tutto in lui cerca un modo per lenire quella ferita.

Blas, invece, è il più fragile: insicuro, tenero, in lotta con il proprio corpo e con la paura di non essere mai abbastanza. Claudio è il cinico seduttore, quello che scherza su tutto, forse per non affrontare nulla. E infine Raúl, già padre, già dentro la gabbia delle responsabilità, con un passato di eccessi e un presente che lo opprime.

Insieme formano un piccolo universo emotivo, imperfetto e tenero, in cui ogni lettore può ritrovare una parte di sé. Sono i compagni di liceo che non vediamo da anni, gli amici di un’estate irripetibile, le versioni passate di noi stessi.

Un libro per ridere e pensare

Il grande pregio di “Quattro amici” sta nel suo equilibrio tra leggerezza e profondità. Trueba riesce a farci ridere con scene surreali, battute fulminanti, situazioni grottesche, senza mai rinunciare a un sottofondo di verità.

Dietro ogni risata c’è una piccola ferita, un rimpianto, una domanda senza risposta. Il linguaggio è diretto, colloquiale, ma mai banale. Si ha l’impressione di assistere a un film (non a caso Trueba è anche regista e sceneggiatore), con dialoghi che sembrano nati per essere recitati e scene che si imprimono nella memoria. C’è un ritmo quasi musicale, fatto di accelerazioni e pause, di pieni e vuoti, come la vita.

Perché leggere “Quattro amici”

Perché è un romanzo che non ha bisogno di grandi drammi per essere memorabile. Parla di amicizia, di sesso, di delusioni, di desideri non del tutto confessati.

Parla di noi, quando eravamo incerti ma pieni di voglia di vivere. E lo fa senza moralismi, senza sovrastrutture, con una sincerità rara. “Quattro amici” è un libro che si presta perfettamente alla stagione estiva, non solo per l’ambientazione ma per quello che rappresenta: un tempo sospeso in cui ci si concede il lusso di vagare, fuori e dentro di sé.

E anche se a tratti può far male — come ogni storia vera — alla fine lascia addosso una strana forma di gratitudine. Perché ci ricorda che certe estati, certi amici, certi errori sono serviti. E che non importa quanto tempo sia passato: possiamo sempre tornare a quel furgoncino scalcinato, a quella spiaggia improvvisata, a quella risata che esplode quando meno te l’aspetti.

È un viaggio da fare, un’estate da rivivere, una voce che ti accompagna anche quando hai finito di leggere. E se è vero che certi libri arrivano al momento giusto, questo è quello che ti serve quando senti il bisogno di guardarti dentro senza prenderti troppo sul serio.

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