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Qual è “Il confine” tra un libro e una serie tv?

Abbiamo intervistato Mauro Uzzeo e Giovanni Masi, autori de "Il confine", per farci raccontare come nasce un'opera "transmediale" dedicata agli appassionati di “mistery” a fumetti

Solitamente, quando un libro o un fumetto ottiene un clamoroso successo di pubblico, si pensa ad altre “contaminazioni” dando vita a film, serie tv ed altre attività “transmediali” ispirate ad esso. Ma cosa succede quando tali contaminazioni vengono progettate 2a priori”? E’ questo il caso de “Il confine“, primo volume della prima serie regolare Bonelli transmediale “La neve Rossa” che nasce come fumetto e attualmente è in lavorazione come fumetto, serie tv, romanzi, giochi di ruolo. 

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Come nasce la trama de “Il confine”?

Gio: Mauro e io collaboriamo ormai da anni. L’abbiamo fatto su moltissimi progetti per varie grandi aziende a un certo punto ci siamo detti che era giunto il tempo di farlo su qualcosa di nostro. La trama nasce così, da una chiacchierata a pranzo, e da una domanda: cosa è successo a una scolaresca che parte per una gita e non arriva mai a destinazione? Dove sono andati a finire quei ragazzi? Questo tipo di storie, con un mistero apparentemente insolubile che genera sempre nuove domande nel lettore o nello spettatore è una cosa che ci appassiona per prima cosa da fruitori e quindi ci è venuta naturale.

Mauro: Da affamati spettatori di serie come Twin Peaks e Lost, film come Picnic ad Hanging Rock, The VVitch, ma anche di tutto il gotico padano di Pupi Avati e, infine, da avidi lettori di autori come Lovecraft e il Chambers de Il Re e in giallo, ci chiedevamo spesso come mai non esistessero degli appassionanti “mistery” a fumetti. Perché nel medium che, per eccellenza, fa della serialità il suo punto di forza, mancava proprio quel genere che, più di tutti, tiene agganciati lettori e spettatori? “Il Confine” nasce dalla volontà di provare a raccontare proprio quella storia che, da lettori, ci sarebbe piaciuto leggere.  

A cosa vi siete ispirati per la realizzazione di questo primo capitolo?

Gio: Nel Confine c’è tanto Twin Peaks, tanto Lost, ma anche tanto Lovecraft. Quindi le influenze sono molteplici e disparate. Diciamo che però, soprattutto nel primo volume, ci siamo concentrati su un tipo di racconto che prendesse il lettore e lo trasportasse subito in un mondo che è il nostro, ma con sfumature inquietanti e misteriose.

Mauro: E oltre ai rimandi ad altre opere di finzione, ammettiamo di esserci ispirati soprattutto alla realtà quotidiana che viviamo. Io e Giovanni non siamo creature metropolitane, siamo nati e cresciuti nella dimensione che ci è più congeniale, che è quella del paese, della provincia, e “il paese” è l’habitat perfetto per la storia che volevamo raccontare. Nei paesi “ci si conosce tutti”, nei paesi le faide vanno avanti negli anni, condotte da figli che hanno dimenticato le colpe dei padri. In una delle sue poesie più belle, Gesualdo Bufalino dice alla donna che ama: “Ti amo come un paese”, Il Confine è la nostra stramba, forse un po’ inquietante, dichiarazione d’amore ai paesi in cui siamo cresciuti.

Non solo graphic novel: “La neve rossa” diventerà serie tv, gioco di ruolo e romanzo. La narrazione in questo caso è già pensata per diventare transmediale, o in fase di creazione si è pensato solo alla realizzazione del volume?

Gio: Come dicevo prima, lavorare su progetti transmediali è una cosa che abbiamo sempre fatto, quindi no, non abbiamo pensato solo alla realizzazione del volume. Il Confine è un mondo che speriamo i nostri lettori/spettatori/giocatori vorranno esplorare in tutte le sue declinazioni, quindi abbiamo pensato fin dal primo momento a come creare questo tipo di intreccio su più media. E a dirla tutta, è stata una delle parti più divertenti in assoluto a cui lavorare.

Mauro: Dopo aver lavorato per tanto tempo nel mondo della tv, del cinema, dell’animazione, dei fumetti e della prosa, con Giovanni abbiamo deciso di far convogliare tutte quelle nostre diverse esperienze in un unico grande progetto che nascesse già tenendo conto di quelli che sono i “paletti” che ognuno di quei media solitamente pone davanti agli autori. Con “Il Confine” abbiamo provato ad arginare, già in fase di scrittura, tutte quelle piccole grandi problematiche produttive che, solitamente, rischiano di bloccare la realizzazione di un progetto. E, per il momento, la risposta che stiamo ottenendo è davvero buona. Siamo in pre-produzione con la serie-tv, stiamo lavorando alla stesura del primo romanzo e stiamo realizzando, con grande orgoglio, devo ammetterlo, il primo grande gioco di ruolo de Il Confine. Posto che la soddisfazione non appartiene realmente a nessuno degli universi conosciuti, posso dire che in questo caso, ci siamo vicini.

Tra i vari media che verranno utilizzati, a vostro parere quale oggi è capace di catturare maggiormente il pubblico, facendo presumibilmente poi da volano anche per gli altri tipi di fruizione?

Gio: Se parliamo di numeri puri, una serie TV a mio parere in questo momento ha la capacità di attrarre un numero maggiori di fruitori nel breve periodo, quindi come volano pubblicitario è forse quello migliore. Ma ammetto che non abbiamo ragionato in questo modo quando abbiamo pensato al Confine. Siamo partiti da un altro approccio. Volevamo che ogni singola incarnazione della nostra storia non fosse derivativa di una incarnazione piuttosto che di un altra e che avessero tutte la stessa dignità. Quindi se un giocatore conosce il confine e poi si appassiona al fumetto o alla serie, o se un lettore di romanzi si avvicina al gioco o al fumetto, o se un lettore di fumetto poi segue tutto il resto, noi siamo contentissimi in ugual misura. E poi abbiamo sempre pensato di partire dal fumetto, più che dalla serie, perché nasciamo lettori di fumetti e quel linguaggio ci piace proprio. 

Mauro: Vedila così: se il fumetto è un lato della medaglia de Il Confine, la Serie TV è il lato opposto. L’aspetto curioso e estremamente in linea con le atmosfere narrative della nostra storia, è che questa medaglia ha incredibilmente un terzo lato che è rappresentato dai romanzi e un quarto che sono i giochi di ruolo. E se accettiamo che possa esistere una medaglia con quattro lati, perché non credere anche che possa averne cinque, sei, sette…

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