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Come promuovere i libri e la lettura in televisione

Paolo Di Paolo, in un recente articolo sull'Espresso, ha analizzato i sistemi tradizionati con i quali si è parlato fino adesso di letteratura in tv, fornendo le possibili soluzioni

MILANO – Trovare l’Alberto Angela della letteratura. Sarebbe questa la ricetta giusta per “cucinare” i libri in televisione secondo lo scrittore Paolo Di Paolo. In un recente articolo sull’Espresso, l’autore di “Mandami tanta vita” ha analizzato i sistemi tradizionati con i quali si è parlato fino adesso di letteratura sul piccolo schermo, fornendo le possibili soluzioni per una proposizione efficace in televisione.

COSA NON VA – Stiamo andando nella direzione giusta? Secondo Di Paolo no, ed a dimostrarlo sono gli impietosi dati Istat, che hanno registrato quattro milioni di lettori in meno rispetto al 2010. Gli interventi, sia dentro sia fuori quello che un tempo era definito “tubo catodico” (adesso, con gli schermi ultra piatti, non ci sono più) sembrano non aver avuto successo. Afferma di Paolo “Facciamo proselitismo accanito nelle scuole: mesi del libro, settimane del libro, anni del libro […] Non ce n’è una (di pubblicità) – almeno in Italia – che funzioni: retoriche, seriose, inutilmente solenni, sempre a metà fra kitsch e sopore. Gli ultimi spot, appena lanciati dal ministero, puntano sul romanticismo, ma non convincono.”

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NARRATORE EMPATICO CERCASI – Nonostante un’accurata analisi legata di ciò che finora aveva funzionato, come ad esempio il talk show di Fabio Fazio “Che tempo che fa”, la trasmissione di Corrado Augias “Quante storie” e le incursioni di Roberto Saviano da Maria De Filippi, resta comunque la sensazione che “non c’è più un’idea forte, un progetto davvero nuovo”. Una via d’uscita, secondo Di Paolo, potrebbe provenire dalla “famiglia Angela” e dal loro modo di fare divulgazione scientifica in tv. “Avremmo bisogno di un Alberto Angela della letteratura, di un narratore credibile ed empatico. Avremmo bisogno di uscire dalle strettoie del talk show promozionale, di liberarci definitivamente di scenografie ripetitive – le scrivanie, le pareti di libri, le brocche dell’acqua, i leggii, le scartoffie sul tavolo – e di azzardare strade davvero nuove”. Si tratterebbe di un problema di linguaggio, secondo Paolo Di Paolo, dovuto anche alla mancanza di inventiva da parte dei direttori delle reti generaliste italiane.

LE REGOLE – Oltre al narratore, occorre trovare anche il modo giusto per parlare di libri in tv. Ne indica alcune Paolo Di Paolo. “Prima regola: mai parlare astrattamente del leggere; parlare sempre e solo di un’esperienza specifica. Raccontare una storia, un libro amato oppure odiato, la vita di uno scrittore come un supereroe o uno sfigato, purché sia una vita e non materia da imbalsamatori. Materia, anzi, da serie tv: a proposito, c’è qualcuno pronto a metter su un “Mozart in the jungle” sulle vitacce torride degli scrittori di ieri e di oggi?” In pratica, non si dovrebbe seguire uno schema unico e di andare con il “pilota automatico”. Un invito, quello di Paolo Di Paolo, che vale non solo in tv, ma anche per i festival letterari.

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