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Primo giorno di scuola, i ricordi (confusi) di una scrittrice

In occasione dell'inizio del nuovo anno scolastico, abbiamo chiesto ad alcuni scrittori italiani di raccontarci il loro primo giorno di scuola. Ecco la simpatica testimonianza della scrittrice Nadia Terranova.

Del primo giorno di scuola di solito non ricordo niente. Li confondo, li sovrappongo, attribuisco loro sensazioni e fatti successivi. La necessità di narrare episodi mitici legandoli a un giorno solo mi pare inventata, posticcia. Di quello di quarto ginnasio, però, ricordo lei.

Avevo tredici anni, occhiali spessi, la gonna a fiori arancio che gli zii mi avevano portato dalla Francia. Mi autoassegnai un banco già mezzo occupato con la velocità dei timidi che si vergognano di esserlo, quelli che non sono riusciti a far carattere né di una chiusura né di un’apertura e oscillano male fra risate di imbarazzo e tentativi di conversazione. Mi capitò in sorte una ragazza carina e sgarrupata, capelli rossi, lentiggini, vestita come capitava. Lei era fidanzata, io no. Lei aveva due fratelli nati tardi, quando ormai era abituata a stare da sola, io ero rimasta figlia unica. Lei aveva studiato spagnolo, io tedesco. Scoprimmo che i nostri genitori erano stati amici in un’altra epoca e lo prendemmo come un segno. Mai più vedrò così le amiche nell’età adulta: spavalda, anarchica, romantica, perfetta nella sua imperfetta casualità.

Il giorno dopo fui destinata a un altro banco; la prof rimescolava le carte e ordiva precisi schemi per inventarsi una classe, uno schema di gioco, e affrontare con noi il biennio. Finsi che quella separazione non m’importava: a fare spallucce e mordermi il labbro sono stata sempre brava.‎ Negli anni successivi, io e la ragazza coi capelli rossi non ci sedemmo mai più vicine e non eravamo mai in sintonia su nulla, e anche oggi è così: qualsiasi cosa lei pensi io ritengo il contrario e viceversa. In questi giorni fanno ventiquattro anni che non siamo d’accordo su niente.

Eppure, a contare cinque o sei snodi fondamentali nella vita di una persona, io e la ragazza dai capelli rossi li abbiamo passati tutti insieme. Tutti. Per caso e per scelta, non sentendoci per anni, dicendoci cose orribili e sospendendole ogni volta che serviva. A venti, trenta, trentacinque anni abbiamo attraversato mezza Italia e solcato mari e preso treni per esserci quando dovevamo, silenziosamente certe che quella metà banco chiedeva di essere riempita.

Non c’è morale in questa storia. Non sono per niente sicura che il primo giorno di scuola succeda per forza a tua insaputa qualcosa di fondamentale e irreversibile. Nel dubbio però ti conviene pulirti gli occhiali e stirarti la gonna perché poi è con quegli abiti che ti ricorderai tutte le volte, pensando a quando volevi solo mimetizzarti e sparire tra i venti compagni nuovi e invece ti sei piazzata accanto a un pezzo di destino.

Nadia Terranova

 

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