Pordenonelegge: il premio Nobel Shirin Ebadi apre la 26esima edizione

18 Settembre 2025

L'attivista e avvocata iraniana Shirin Ebadi, Premio Nobel per la pace 2003, ha inaugurato il festival Pordenonelegge con un dialogo dedicato al suo ultimo libro, "Finché non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani"

Pordenonelegge il premio Nobel Shirin Ebadi apre la 26esima edizione

Pordenone si appresta ad essere capitale della cultura 2027 e la città si fa piazza ed officina di cultura con ogni libro che apre finestre su mondi diversi ed è occasione di partecipazione civile. Questo lo spirito con cui si è avviata la 26 edizione di Pordenonelegge, Festa del libro e della libertà, grazie all’attivista e avvocata iraniana Shirin Ebadi, Premio Nobel per la pace 2003, che ha inaugurato il festival con un dialogo dedicato al suo ultimo libro, “Finché non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani” (Bompiani), condotto dalla giornalista Elena Testi.

Shirin Ebadi e i diritti delle donne

Shirin Ebadi ha ispirato milioni di persone nel mondo con il suo impegno da avvocato per i diritti umani, difendendo soprattutto le donne e i bambini dal brutale regime iraniano. Pordenonelegge 2025 diventa così lo specchio dell’agitazione che percorre globalmente il mondo: delle sue tensioni e delle sue speranze, del suo slancio creativo e delle sue inquietudini. “Non ho paura del carcere che mi aspetterebbe in patria se facessi ritorno, ci sono già stata – spiega Ebadi – Ma penso di essere più utile in un Paese dove posso parlare liberamente, dando voce ai miei connazionali in Iran. Dal Regno Unito sto cercando di fare la mia parte”.

La storia di una passione senza paure

Shirin Ebadi racconta la sua storia, partendo dall’ideale che l’ha sempre guidata: “La libertà – esordisce – è la possibilità di fare quello che mi detta il cuore senza danneggiare nessuno” . “Il mio lavoro – continua – consisteva nella difesa legale dei prigionieri politici perseguitati dal regime. Con soldi vinti con il premio Nobel ho aperto una Ong per supportare con un pool di avvocati le persone messe in carcere in quanto oppositori del governo”.

Il resto è noto: nel 2009 la polizia chiude l’ufficio di Shirin Ebadi e l’ Ong da lei fondata e procede a una serie di arresti: vengono incarcerati il marito e la sorella e anche Narges Mohammadi, sua collaboratrice e premio Nobel nel 2023, attivista in prima linea per la difesa dei diritti umani.

“Io ero in Spagna – ricorda Shirin Ebadi- altrimenti avrebbero preso anche me e da quel momento non sono più tornata. Ho comunque provato più volte la dura esperienza del carcere : una volta perché avevo denunciato un poliziotto che aveva ucciso uno studente e, come in altre occasioni, l’oppressore è diventato vittima. Come conseguenza di questo mio comportamento mi sono ritrovata il muro di casa imbrattato con la parola strega, che le autorità mi avevano invitato a rimuovere: ma sono loro a doversi preoccupare di tutelare la loro immagine e non io.”

La pressione su di lei è stata fortissima quando per spingerla a ritornare il regime ha arrestato la figlia per colpire il suo punto debole, ma nemmeno allora il suo proposito è vacillato. “La polizia ha rilasciata mia figlia – racconta – una volta capito che non avrei comunque ceduto. Non bisogna dare troppa importanza alla dittatura : meno abbiamo paura e meno loro saranno forti”.

Il libro è ricco di episodi simili che dimostrano che non c’è mai stato un momento in cui il premio Nobel ha vacillato: “ero innamorata del mio lavoro – spiega – e perciò ero disposta a sopportare qualsiasi difficoltà.”

Il regime in difficoltà: la situazione sta cambiando

Nonostante tutto quello che ha passato e nonostante il difficile momento storico, Shirin Ebadi ha fiducia nel futuro “ Non bisogna perdere la speranza – dice – perché ci sono motivi per auspicare un avvenire migliore. Il regime si è indebolito e lo dimostrano il fatto che Hezbollah in Siria e Houthu in Siria, da sempre supportati dall’Iran, presentano una situazione di instabilità.

La stessa guerra lampo di dodici giorni contro Israele ha dimostrato la precarietà della nostra difesa: il nemico esterno è riuscito ad entrare abbastanza agevolmente nel territorio”. Sono premesse e segnali di una caduta prossima del regime che sta nascondendo per paura i propri crimini : 20000 persone arrestate e dieci esecuzioni con l’accusa di spionaggio a favore di Israele. “ E’ una manifestazione di forza e di violenza – spiega l’attivista – che nasconde una crisi: più si sentono deboli più si inaspriscono.

E’ anche una fragilità economica che si sta manifestando: quando avranno meno liquidità non saranno più in grado di aiutare Hezbollah o Huthi.” Nel corso dell’incontro si parla del ruolo della Cina e della Russia che non hanno aiutato l’Iran nel momento della guerra contro Israele, un conflitto in grado però di compattare il popolo iraniano che si è trovato a combattere un nemico esterno e il regime nello stesso tempo.

Critico il suo pensiero nei confronti dell’Europa che ha sempre cercato la via del compromesso, ma non è sufficiente: “Agli europei chiediamo soltanto di non rafforzare il regime . un atteggiamento ambiguo rende insicura la presenza dei cittadini europei in Iran ed aiutare i regimi autoritari non fa bene neanche all’ Europa.”

Ed infine nel terzo anniversario dell’uccisione di Mahsa Jina Amin e della nascita del movimento “Donna, vita, libertà, Shirin prima donna giudice nel suo paese nel 1969, ricorda che il sacrificio della giovane donna non è stato vano: la società é cambiata – conclude- basta vedere le foto. il velo sta sparendo e il regime sta indietreggiando. E’ cambiato il metodo di protesta silenziosa e capillare e questo sta logorando il regime: presto cadrà e questo migliorerà la situazione dell’intera regione.”

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