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Pirelli, la “P lunga” che ha fatto la storia della pubblicità in un volume celebrativo

Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli, ci illustra valori ed unicità della azienda racchiusi in libro che racconta la storia della comunicazione pubblicitaria Pirelli

MILANO – “La Pubblicità con la P maiuscola”: è il titolo d’un libro che racconta la storia della comunicazione pubblicitaria Pirelli dagli anni Settanta al Duemila, curato dalla Fondazione Pirelli e appena pubblicato da Corraini Edizioni. Comunicazione, economia, industria, consumi e costumi, nel corso dinamico dell’ultima parte del Novecento, attraverso stampati pubblicitari, fotografie, “caroselli” e spot televisivi, film e prodotti digitali. Negli anni Settanta e Ottanta la pubblicità è realizzata dall’agenzia Centro del gruppo Pirelli, interessante esempio di “house agency” italiana, che “traghetta” la comunicazione dalla tradizione del graphic design (con grandi nomi quali Pino Tovaglia, Salvatore Gregorietti, Francois Robert) alle strategie “marketing oriented”. Negli anni Novanta entrano in scena le agenzie internazionali (Young & Rubicam e Armando Testa) per campagne globali con “testimonial” del cinema e dello sport (Sharon Stone, Carl Lewis, Ronaldo). L’immagine di Lewis in tacchi a spillo, fotografato da Annie Leibowitz, e lo slogan “Power is Nothing without Control” del 1994 rimangono una pietra miliare nella storia della pubblicità internazionale.

Il titolo del volume prende spunto da una della pubblicità più note degli ultimi anni Settanta, la realizzazione di una “P lunga” (appunto il marchio Pirelli) formata da 140 auto riprese a 85 metri di altezza, una straordinaria impresa dell’era pre-digitale. Nelle pagine, dopo i testi introduttivi di Marco Tronchetti Provera, Ceo di Pirelli e di Antonio Calabrò, Paola Dubini, Carlo Vinti, Michele Galluzzo e Giancarlo Rocco di Torrepadula, le campagne pubblicitarie sono presentate con 800 immagini (esecutivi di stampa, stampati, fotografie, fotogrammi video), suddivise in sezioni: comunicazione istituzionale del Gruppo Pirelli, comunicazione di “pubblica utilità” e le vere e proprie pubblicità di prodotto. Al libro sono collegati un sito web e una web-app accessibile tramite QR code, per la visione delle tante pubblicità audiovisive, dei materiali pubblicitari aggiuntivi (esecutivi di stampa e stampati) e di altri contenuti “speciali”. Ne abbiamo parlato con Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli.

Dall’analogico al digitale: com’è cambiato il modo di comunicare di Pirelli?

E’ un passaggio di linguaggi, stile, forme di comunicazione. Dalla lunga e fertile stagione dei grandi grafici e degli artisti (Bob Noorda, Riccardo Manzi, Alessandro Mendini, solo per citare tre dei tanti, tutti già raccontati nel volume ‘Una musa tra le ruote – Un secolo d’arte al servizio del prodotto’, pubblicato due anni fa) si passa ai media via via più contemporanei: la tv, il cinema e poi il web. Si coinvolgono i testimonial del cinema e dello sport. Si dialoga con le grandi agenzie pubblicitarie internazionali. Resta, di fondo, il segno di una cultura d’impresa che insiste su qualità, innovazione, ricerca sofisticata di immagini e linguaggi, attenzione agli aspetti sociali.

Quali caratteristiche hanno reso alcune delle pubblicità Pirelli impresse nella memoria ancora oggi?

La creatività, cercando sempre un punto di vista nuovo sui prodotti e i servizi da raccontare. Un filo di ironia.  L’idea che una buona pubblicità deve essere sempre ‘controversal’ e ‘unexpected’: sorprendente e capace di fare discutere. La rappresentazione del cambiamento di abitudini economiche e sociali, culture popolari, riti e miti. La ricerca del senso del tempo e dei suoi valori, come testimonia proprio la sinergia tra ‘potenza’ e ‘controllo’, dunque il senso di responsabilità delle proprie azioni.

Quali sono i fotografi e i testimonial che, a suo parere, hanno reso le campagne pubblicitarie Pirelli un successo?

Nel 1993, l’attrice Sharon Stone, reduce dal successo del film ‘Basic Instict’, interpreta lo spot ‘If you ‘re going to drive, drive’, diretto dall’olandese Willy van der Vlugt. Nel 1994 è la volta dell’atleta americano Carl Lewis, fotografato in tacchi a spillo rossi da Anne Leibovitz per la campagna ‘Power is Nothing without Control’: uno slogan di grande impatto, che poi resterà a lungo, come punto di riferimento di tutta la comunicazione Pirelli. L’anno successivo, lo stesso Carl Lewis dà vita, per la regia di Gerard de Thame, al video di ‘Tireman’, seguito ideale di ‘Power is Nothing…’. Nel 1997 il testimonial passa all’olimpionica Marie-José Pérec, che -sempre con la regia di Gerard de Thame-  riprende il concetto della potenza e del suo controllo nello spot “Goddess”. Il terzo testimonial proveniente dal mondo dello sport è nel 1998 il calciatore dell’Inter Ronaldo, fotografato da Ken Griffiths nella stessa posa del Redentore sul Corcovado, a Rio de Janeiro.

Qual è stato il connubio tra le campagne di comunicazione Pirelli e il contesto politico-economico durante il quale venivano realizzate?

Nel lungo corso della sua vita, oramai quasi un secolo e mezzo, Pirelli è sempre stata un’impresa d’avanguardia, nei processi e nei prodotti industriali e nella presenza attiva nei momenti storici del cambiamento. Lo sviluppo dell’industria, in Italia, in America Latina ma anche in altre aree del mondo, sino ai nuovi stabilimenti attuali, in Cina, Russia, Romania e Messico. Il ‘boom’ economico italiano, negli anni Sessanta, con le campagne del pneumatico ‘Cinturato’ e i Caroselli in Tv. La valorizzazione del Grattacielo Pirelli, come simbolo della modernità internazionale di Milano. E la comunicazione che arriva ai giorni d’oggi, con il Calendario Pirelli, le grandi sponsorizzazioni sportive (l’Inter, ma anche la formula 1 e, recentissima, l’America’s Cup di vela), i sostegni alle attività di musica e arte contemporanea più prestigiose. E’ la ‘cultura politecnica’ di Pirelli: un sofisticato tessuto di relazioni, creatività e responsabilità sociale.

Quali sono le prossime sfide e progetti della Fondazione Pirelli?

Ne cito solo uno tra i tanti: ‘Il Canto della Fabbrica” e cioè il concerto del maestro Salvatore Accardo e dell’Orchestra da Camera Italiana, che si terrà l’8 settembre prossimo, alle 19,30, nello Stabilimento Pirelli di Settimo Torinese, ‘la fabbrica bella’, progettata da Renzo Piano, la struttura industriale tecnologicamente più innovativa del Gruppo. Il concerto, nell’ambito del Festival ‘MITO SettembreMusica’, prevede l’esecuzione in prima mondiale d’una composizione, commissionata dalla Fondazione Pirelli al compositore e violista Francesco Fiore e realizzata a partire dai suoni e dai ritmi della fabbrica digitale, dalle voci dei lavoratori e dai rumori delle macchine, dai mescolatori ai Next Mirs (il sistema Pirelli di produzione automatizzata degli pneumatici): una musica nata dalla fabbrica ed eseguita proprio lì, nel cuore dello stabilimento, davanti a mille spettatori.  Un’altra testimonianza della sintonia tra fare industria e fare cultura.

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