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“Piccoli tasti”, Fallaci, Pasolini e Montanelli in mostra a Ivrea

"Piccoli tasti" è la mostra che celebra il giornalismo dagli anni '50 agli anni '90, omaggiando le grandi firme come Oriana Fallaci

MILANO – Il Museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea ospita la mostra Piccoli tasti, grandi firme. L’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950-1990)”, realizzata dal Comune di Ivrea con il contributo della Fondazione Guelpa di Ivrea e in collaborazione con il Festival “La Grande Invasione”, il festival della Lettura che si svolge dal 31 maggio al 2 giugno 2019.
Luigi Mascheroni, curatore della mostra, racconta la stagione d’oro del nostro giornalismo e le “penne” che hanno contraddistinto quest’epoca: le storie, i segreti e i ritratti delle firme più famose, ma anche i loro “attrezzi del mestiere”, taccuini, penne, agende, dattiloscritti e disegni.

Molte persone, soprattutto chi ha meno di cinquant’anni, lo troveranno incredibile: eppure ci fu un tempo in cui i giornali si facevano senza computer, senza mail, senza Google, senza le edizioni online. Senza cellulari…

La stampa italiana in mostra

Questo affascinante progetto espositivo propone una pagina particolare della grande tradizione della stampa italiana, e si offre come spunto di riflessione sul presente dell’informazione. Dai corridoi di quelle redazioni spuntano nomi indimenticati e indimenticabili: Dino Buzzati, Camilla Cederna, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli, Giovanni Guareschi, Oriana Fallaci, Goffredo Parise, Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Gianni Brera, Beppe Viola.
La mostra (ri)legge quella che da molti viene considerata – per qualità dell’informazione e della scrittura – la stagione d’oro del nostro giornalismo: un momento storico, al centro del Novecento, che coincide, sovrapponendosi e intrecciandosi, con l’invenzione, la diffusione e il larghissimo uso delle macchine da scrivere portatili Olivetti, e la Lettera 22 in particolare.
Si tratta dell periodo compreso tra gli anni Cinquanta (il 1950 è l’anno della progettazione della Lettera 22) e la fine degli anni Ottanta – inizio anni Novanta (cioè il momento della graduale introduzione dei personal computer nelle redazioni dei quotidiani): un periodo di grandi cambiamenti.

Il confronto con il presente

Una stagione del giornalismo che può ancora proporsi come esempio e confronto in un momento come quello attuale in cui il giornalismo della carta stampata vive una crisi profonda: concorrenza dei nuovi media e di Internet in particolare, crollo delle copie per tutti i maggiori quotidiani, allontanamento dei lettori tradizionali, riduzione drastica della pubblicità, perdita di autorevolezza nei confronti del lettore. Oggi siamo sommersi da notizie, “ultima ora”, commenti, travolti da tweet, fotogallery, video, e sopraffatti da polemiche, scandali, consigli dell’esperto e, anche, fake news. Però – in questo flusso di narrazione ubiqua, anzi di storytelling – rischiamo di perdere un’antica abitudine: il piacere di raccontare (e leggere) le storie, e soprattutto le storie ben scritte. Erano tempi in cui pubblicare le prime foto a colori della luna, che la Nasa avrebbe distribuito in USA tre o quattro giorni dopo il rientro dell’equipaggio dell’Apollo 1, significava “lo scoop dell’anno”. Non bastava un clic per inviare in redazione una foto a colori: ed ecco che il racconto di come il settimanale Epoca uscì ad uscire un giorno prima dell’Europeo – il settimanale concorrente – diventa una narrazione avvincente.

Il mestiere del giornalismo

Tempi più belli? Più brutti? Senza le nuove tecnologie le giornate erano molto più pesanti, i tempi molto più lunghi, e i servizi più complicati. Eppure, quelli erano giornali creativi, ricchi di servizi, battaglieri, pensati e scritti benissimo, e venduti in centinaia di migliaia di copie. I tempi d’oro del nostro giornalismo, quello che coincide con la diffusione e il larghissimo uso delle macchine da scrivere portatili. Un’epoca segnata dalla nascita di testate “rivoluzionarie”, sia per la grafica sia per l’impostazione del lavoro (Il Giorno ad esempio, che nasce nel 1956). Che giocano un ruolo fondamentale nella battaglia delle idee: il Manifesto, Il Giornale, la Repubblica… tutti apparsi negli anni Settata. Anticonformiste e irriverenti: Il Borghese di Leo Longanesi, del 1950, oppure, per tutt’altro verso, Cuore, il “Settimanale di resistenza umana” dell’Unità, del 1989. Inserti culturali destinati a fare scuola: “Tuttolibri” della Stampa, del 1975, o l’inserto “Domenica” del Sole24Ore, “inventato” negli anni Ottanta. E cento altri fogli, periodici, quotidiani del pomeriggio, da Paese sera a La Notte

Le firme più prestigiose

In mostra sono presenti i pezzi originali che rappresentano tutti i “generi”: la “nera” di Dino Buzzati, la cronaca di costume di Camilla Cederna con la sua impagabile rubrica “Il lato debole”, la polemica politica di Giovanni Guareschi e Indro Montanelli, le inchieste di Giorgio Bocca e Enzo Biagi, le interviste ormai storiche di Oriana Fallaci, i reportage che sfiorano la letteratura (Goffredo Parise è solo uno dei tanti nomi possibili), la cronaca culturale di Mario Soldati, l’impegno “corsaro” di Pier Paolo Pasolini, l’epica sportiva di Giovani Arpino e Gianni Brera sulle pagine di mille giornali o di Beppe Viola in mille servizi Rai.
Il percorso della mostra – che si sviluppa attraverso l’esposizione di materiale molto vario – ci aiuta a ritrovare questo gusto: in mezzo a macchine per scrivere, taccuini, agende, dattiloscritti, pagine di giornale, ritagli, riviste, vignette, disegni, caricature, fotografie e video, si riscopre “il sale del giornalismo”.

 

 

 

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