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Perché la letteratura ci insegna a non arrenderci mai

Spesso abbiamo pensato di arrenderci. Ma non lo faremo perché i libri, storia dopo storia, ci hanno insegnato a non mollare mai la spugna

MILANO – La vita sa essere difficile tanto che alle volte ci è sembrata un rompicapo impossibile da risolvere, una montagna troppo alta da scalare. In più, spesso non facciamo niente per alleggerirla e semplificarla: alla stretta di mano preferiamo il pugno, all’incontro lo scontro, alla squadra l’individualismo. Spesso abbiamo pensato, pensiamo e penseremo di arrenderci, di mollare tutto. Ma non lo faremo, perché noi non ci arrendiamo e perché i libri, storia dopo storia, ci hanno insegnato a non gettare mai la spugna, qualsiasi sia il tipo e il livello della difficoltà.

UNA MISSIONE CHE LA LETTERATURA POSSIEDE PER NATURA – Come dicevamo, la letteratura, per sua stessa natura, ci insegna a non arrenderci mai per una scelta comune a molti autori. Scrittori di tutte le epoche e di tutte le nazioni hanno dimostrato spesso un certo sadismo nei confronti dei loro personaggi. Draghi, guerre, dei, uomini, donne, se stessi, nel giro di poche pagine si trovano tutti ad affrontare ostacoli insormontabili, nemici di tutti i generi. Il sistema su cui generalmente si basa una storia, in fondo, è quanto di più semplice ci possa essere: la (tranquilla) situazione iniziale viene incrinata da un evento che porta il protagonista a reagire, a fare qualcosa a o a partire, in modo da ripristinare la serenità iniziale o da giungere a un stato di pace superiore. Fasi che sono in fondo i tre atti del “Viaggio dell’eroe”, uno schema trovato da Christopher Vogler nei miti e in tantissimi film. In fondo, quello che fa la letteratura è proprio mostrare come diversi personaggi reagiscono a diverse situazioni e problematiche.

DA STONER AD ANNA FRANK – Leggendo “Anna Frank“, magari seduti su una comoda poltrona o sdraiati sotto calde coperte, ci chiediamo come una bambina ebrea abbia avuto la forza di reagire al terrore della clandestinità sotto il nazismo e di scrivere i suoi pensieri e le sue emozioni su un diario. Ci chiediamo dove abbia trovato la forza, dove abbia trovato il coraggio. Pensiamo che noi, nei suoi panni: non ce l’avremmo mai fatta, saremmo morti di paura fin dalle prime tensioni, eppure, in fondo, da quella storia ne siamo usciti più forti, noi, attenti alunni di Anna. Pensiamo poi al povero Stoner (protagonista dell’omonimo romanzo di John Williams): il suo matrimonio è un disastro. Più e più volte, durante la lettura, distogliamo lo sguardo dal libro, frustrati per la nostra impotenza, ci chiediamo perché devono andare così le cose. Vorremmo fare qualcosa, cercare di aiutarlo ma non possiamo e assistiamo inermi, come se fossimo incatenati a una sedia costretti ad assistere alle torture. Leggendo, però, piano piano capiamo l’inevitabilità di alcuni eventi, la necessità di alcune scelte. Capiamo e ci prepariamo, capiamo e impariamo, pagina dopo pagina, a non arrenderci mai.

Dario Boemia

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