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Perché Giovanni Boccaccio ha “inventato” la letteratura

Lo scrittore Dario Pisano analizzando il Decameron di Giovanni Boccaccio ci svela il ruolo consolatorio e intrattenitore della letteratura, capace di farci vivere diverse vite

Qual è il ruolo della letteratura? Offro alla vostra attenzione un verso – a me molto caro – di Eugenio Montale:

“Occorrono troppe vite per farne una”.

Questo verso ci dice una cosa triste e bella allo stesso tempo: una vita è troppo poca; non basta mai a nessuno per realizzare tutti i suoi progetti e sogni.

Pensiamoci: quale uomo, anche nell’arco temporale di un’esistenza lunghissima, riesce a visitare tutti i posti che desidera; a viaggiare quanto vorrebbe; a raggiungere tutti i suoi obiettivi? Ricordiamoci che Vivere è non vivere qualcosa, e una parte di noi rimarrà sempre invissuta, incomunicata. Purtroppo si esce dalla vita un po’ come quando ci si alza da tavola senza essere completamente sazi. Valerio Magrelli scrive in una sua poesia: « Così si percorre la vita, / con l’ansia del commensale / tra portate che non arrivano»

Letteratura: il Proemio del Decameron

Umana cosa è l’avere compassione degli afflitti, e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richesto li quali giá hanno di conforto avuto mestiere ed hannol trovato in alcuni; tra li quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno o gli fu caro o giá ne ricevette piacere, io sono un di quegli

Il sipario narrativo si alza. L’autore entra in scena e dice che nella vita c’è chi soffre e chi consola. Egli ha sofferto le pene d’amore ed è stato consolato, refrigerato dai “piacevoli ragionamenti» e dalle «laudevoli consolazioni» di alcuni amici, verso i quali ha un debito di gratitudine. Allora Boccaccio cosa fa? per estinguere questo debito di gratitudine decide di vestire lui – ora – i panni del soccorritore sentimentale e muoversi «in soccorso e rifugio di quelle che amano”.
Ecco come l’autore incomincia a delimitare il proprio pubblico.

Le sofferenze d’amore per donne e uomini 

Il ragionamento è questo: tutti soffrono per amore: sia gli uomini sia le donne; ma queste ultime sono svantaggiate, parecchio; uso una metafora attualizzante: a differenza degli uomini, per loro non c’è ancora il vaccino contro il virus amoroso.

Gli uomini infatti possono uscire di casa quando vogliono; svagarsi; andare a spasso; andare a pesca, a caccia, all’osteria, a vendere cavalli e in questo modo riescono a decongestionare i problemi sentimentali; le donne – al contrario – quando «alcuna malinconia o gravezza di pensieri le afflige», non possono permettersi questo genere di svaghi: sono costrette a rimanere sempre dentro casa, «nel circuito delle loro camerette» e a loro non è concessa nessun tipo di evasione.
Allora – dice Boccaccio – intervengo io!

Perché Giovanni Boccaccio è stato il primo sostenitore di Dante

Perché Giovanni Boccaccio è stato il primo sostenitore di Dante

Lo scrittore Dario Pisano ci introduce a quello che sarà l’anno dantesco raccontandoci la stima e l’ammirazione che Giovanni Boccaccio aveva per Dante Alighieri

Il regalo alle donne di Boccaccio

Voglio fare alle donne un regalo: un antidoto al male di amare e di vivere, un remedium amoris: il mio libro, che non è un semplice libro ma un pronto soccorso letterario; una terrazza sul mondo.

Queste povere donne, potranno finalmente – attraverso il mio centonovelle – evadere con l’immaginazione da quella esistenza a scartamento ridotto che le tiene in riva alla vita.
Questa dedica non è un banalissimo omaggio alla tradizione cortese e stilnovistica; è molto di più.

La funzione esistenziale della letteratura

È la scoperta della funzione esistenziale della Letteratura. Molto prima di Metastasio, Boccaccio ha scoperto che la letteratura è una vita ficta capace di mobilitare le stesse emozioni di una vita vera; molto prima di Pirandello, Boccaccio ha capito che la vita o la si vive o la si scrive; molto prima di Montale egli ha scoperto che la letteratura è la vita di chi veramente non vive; molto prima di Pessoa ha intuito che la letteratura, come tutta l’arte, è la prova che la vita non basta.

Quindi ragionare sul proemio del Decameron significa riflettere sul ruolo che compete alla Letteratura all’ interno dell’ esistenza umana.

Le donne nel Decameron, da oggetti del racconto a soggetti narrativi

Le donne nel Decameron, da oggetti del racconto a soggetti narrativi

Oltre a essere le dedicatarie dell’opera, le “vaghe donne” sono le protagoniste assolute di diverse novelle del Decameron, diventando da oggetti del racconto a soggetti narrativi

A che cosa serve leggere?

Poniamocela noi questa domanda: A che cosa serve leggere? Nel nostro mondo digitalizzato che esalta l’istantaneità fulminea e brucia ogni esperienza in una contemporaneità senza storia, in una immediatezza senza memoria, abbiamo ancora bisogno della Letteratura e della Poesia?

Evidentemente si, perché la letteratura è un insostituibile operatore di conoscenza del mondo ed è soprattutto una moltiplicazione spirituale di noi stessi. Cito nuovamente Montale:

Le cento novelle del Decameron rappresentano le tante, le troppe vite che ci occorrono per farne una, ossia per vivere più intensamente l’unica che abbiamo avuto in dono.

Gesualdo Bufalino ci ha insegnato che «si scrive per popolare il deserto, per non essere più soli nella voluttà di essere soli, per distrarsi dalla tentazione del niente o almeno procrastinarla. A somiglianza della giovane principessa delle Mille e una notte, ognuno parla ogni volta per rinviare l’esecuzione, per corrompere il carnefice.»

Boccaccio aveva capito – prima di tutti – che la letteratura è uno sfogo virtuale dell’’esistenza, una fuga in prigione, una vittoria perduta ma anche l’unica strada, benché precaria e illusa, che ci scampi per un istante dalla maledizione di Eraclito: panta rei: tutto corre inesorabilmente verso la morte. Seneca dirà: corpora nostra rapiuntur fluminum more (i nostri corpi sono trascinati via come da un fiume).

L’arte è questo: una dilatazione emotiva della nostra esistenza.

Vita all’ennesima potenza

Il suo Decameron – indirizzato alle donne – vuole essere la protesi di una vita non vissuta.
Il messaggio che dobbiamo evincere dal proemio di questo libro è che la Letteratura è una vita all’ennesima potenza. Lo scrittore di Certaldo ha un’intuizione straordinaria e meravigliosamente anticipatrice: quello che gli uomini hanno inventato per uscire dal mondo è l’arte. L’arte non è una porta dipinta nel muro; è una porta vera, che ci fa uscire; però ci immette in un giardino che è la stessa stanza da cui noi proveniamo. Tuttavia, almeno per un istante, quell’esperienza di liberazione c’è stata davvero.
Auguriamoci – ognuno di noi – tanti libri da vivere e tante vite da sfogliare…

 

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