Omicidio Pasolini, un mistero ancora da risolvere

1 Novembre 2025

Era il 2 novembre del 1975 quando una donna trovò il corpo del poeta Pieri Paolo Pasolini massacrato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Sono trascorsi 50 anni, ma il suo omicidio ha ancora dei lati oscuri

Omicidio Pasolini, un mistero ancora da risolvere

La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non più essere compresi.
Pier Paolo Pasolini

“Aiuto Mamma!” Questa invocazione è stata l’ultimo respiro di Pier Paolo Pasolini affidata nella eco del vento in quella gelida notte del 2 novembre 1975 in un campo dell’Idroscalo di Ostia. L’omertà politico-istituzionale è alla base del delitto Pasolini.

Per 50 anni, infatti, la vicenda è rimasta nella buriana dei casi di cronaca nera irrisolti, anni che hanno fatto perdere nella confusione e nell’orgia giudiziaria elementi preziosi per la risoluzione del caso.

“Eterna muore pei prati scuri la triste voce che lo sospirò”

Queste parole che ritroviamo affidate in “Poesie a Casarsa” sono forse un possibile presagio della morte di Pier Paolo Pasolini?

L’omicidio di Pier Paolo Pasolini

Tra la rugiada dei fili d’erba e trasportata dal vento riecheggiava l’invocazione straziante: “Aiuto Mamma!” ultimo respiro strappato a Pier Paolo Pasolini da degli hollow man. Uomini vuoti, rimasti fino a questo momento senza volto e nome dal giorno dell’omicidio del libero pensatore del Novecento. Il suo corpo esamine è stato rinvenuto il 2 novembre 1975 presso un campo dell’Idroscalo di Ostia.

Un cold case italiano tra i fatti della storia di cronaca nera più misteriosi e controversi che ha segnato la memoria collettiva e che ancora oggi fa discutere e parlare.

Sono trascorsi 50 anni è la vicenda è rimasta nella buriana dei casi di cronaca nera irrisolti.

Alla base dell’omicidio Pasolini, tra l’ombra di depistaggi ed errori, c’è il presunto silenzio-complice socio-politico-istituzionale di chi ha trascurato fino a farli perdere nell’orgia giudiziaria, elementi preziosi per la possibile risoluzione del caso.

Per molti anni l’unico responsabile ad accoppà il Poeta e condannato con una sentenza a 9 anni e 7 mesi di reclusione fu l’allora diciassettenne Giuseppe Pelosi, detto Pino, ragazzo di vita delle borgate romane accannato da suoi amichi complici e/o mandanti ai quali aveva giurato fedelmente di ammorgià portandosi quel silenzio fino al suo decesso avvenuto nel 2017.

Un crimine efferato, che si allarga come in una grottesca macchia di petrolio, intrecciandosi con le morti del presidente ENI Enrico Mattei e il giornalista Mauro de Mauro. Le indagini come un domino, seguono anche la presumibile pista del furto di alcune pellicole del film “Salò e le 120 giornate di Sodoma” ispirato al Divin Marchese De Sade. Indagini che non hanno mai condotto né a una verità storica né a quella processuale.

Già nel 2010 Walter Veltroni chiese ad Alfano di far riaprire il caso affidando l’analisi scientifica di prove e di elementi di indagine fino ad allora sottovalutati e non adeguatamente indagati.

Le indagini e la riapertura del caso

Nei tentativi di ricostruzione della verità il crimine si intreccia e allarga come in una grottesca macchia di petrolio, con le morti del presidente ENI Enrico Mattei e il giornalista Mauro de Mauro. Indagini che come un domino, hanno seguito altre piste come il furto di alcune pellicole del film ‘Salò e le 120 giornate di Sodoma’ ispirato al letterato francese Divin Marchese De Sade. Indagini queste che non hanno mai condotto a una verità storica.

Nell’ultimo decennio Walter Veltroni presentò istanza attraverso una lettera aperta, destinata alle Istituzioni, di far riaprire il caso affidando l’analisi scientifica di prove e di elementi di indagine fino ad allora sottovalutati e non adeguatamente indagati.

Al 101°Anniversario della nascita del Poeta, l’Avvocato Maccioni su mandato del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti ha depositato alla Procura di Roma l’istanza per la la riapertura del caso Pasolini.

La notte dell’omicidio di Pasolini è stata rinvenuta, sul sedile dell’automobile, l’opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche “Sull’avvenire delle nostre scuole” un mandato contro la cultura che diffonde e accetta l’oppressione dell’ordine costituito il cui cambiamento deve partire dall’educazione scolastica.

A Pasolini vanno il coraggio di guardare alla realtà, il coraggio di dare voce alla verità, di comunicare la realtà attraverso la sua arte pedagogica fatta di poesia, letteratura, teatro, e cinema oltre il coraggio e la forza di provare a cambiare la realtà.

Ma non la sua anima ribelle che inalterata continua a comunicare e a interrogarci perché niente si perde e muore di quello che si è fatto vivendo.

Se i responsabili dell’omicidio sono ancora ad acquattasse e annisconnesse, giro alle loro coscienze una domanda tratta dal film “Uccellacci e Uccellini” di Pasolini: Cos’è per voi una vita umana?

Sin dagli albori Pasolini si è presentato come osservatore della realtà scolastica tant’è che la notte del suo omicidio è stata rinvenuta, sul sedile dell’automobile, l’opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche “Sull’avvenire delle nostre scuole” un mandato contro la cultura che diffonde e accetta l’oppressione dell’ordine costituito il cui cambiamento deve partire dall’educazione scolastica.

Per Pasolini il fine dell’educazione risiede nella creazione di una cultura libera e democratica. Affida questo compito alla scuola intesa come comunità educante capace di creare identità libere nel pieno rispetto delle norme di cittadinanza per un’inclusione della totalità dell’essere umano. Un luogo di umanità ancor prima che luogo di apprendimento volto a prevenire la dispersione e la povertà educativa a tutela di quei ragazzi che rischierebbero esclusione e abbandono scolastico. Una scuola quindi capace di costruire una coscienza e una responsabilità civile, civica e democratica.

Pasolini l’intellettuale

Pasolini è stato un intellettuale, uno scrittore verità-dipendente “che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o si tace; che coordina anche fatti lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero” come scrisse nell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974.

Il Poeta è sceso nell’arena gettando, seppur idealmente, il suo corpo nella lotta, in pasto alla ferocia del moralismo giudicante della società dei consumi. L’ha fatto avendo il coraggio di essere se stesso, scegliendo se stesso nella propria libertà dimostrando che scegliere se stessi nella propria libertà significa difendere e proteggere la libertà di tutti gli altri.

Ha denunciato la decivilizzazione culturale e morale dell’uomo moderno oltre all’omertosa corruzione del Potere capitalista dell’epoca con le armi della ragione: l’arte; che nelle sue mani è diventata arte pedagogica fatta di poesia, letteratura, giornalismo, teatro sino ad approdare al cinema.

Nelle sue contestazioni ci ha sempre messo la faccia. Ed è stato proprio il volto che i criminali gli hanno strappato pestandolo, fino a fargli scoppiare il cuore passandogli sopra con l’auto.

Chi ha voluto renderlo inoffensivo

Quali sono i nomi di chi ha voluto rendere inoffensivo Pasolini e perché?

Nella ricostruzione di una verità a oggi abbiamo l’unico presunto responsabile ad “accoppà” il Poeta: Giuseppe Pelosi, che quando compì l’omicidio era un diciassettenne ragazzo di vita delle borgate romane “accannato” dai suoi amichi complici e o mandanti ai quali aveva fedelmente giurato di “ammorgià” portandosi quel silenzio fino al suo decesso avvenuto nel 2017. Condannato poi a scontare 9 anni e 7 mesi di reclusione.

Se i responsabili dell’omicidio sono ancora a piede libero, giro alle loro coscienze una domanda tratta dal film “Uccellacci e Uccellini” di Pasolini: Cos’è per voi una vita umana?

La morte secondo Pasolini

Pasolini è stato un letterato dallo stile schietto e vigoroso tanto che il suo pensiero è sopravvissuto alla sua tragica quanto dolorosa morte. Le parole di Pasolini ci ricordano in “Poesia in forma di rosa” che: La morte non è nel non poter più comunicare, ma nel non poter più essere compresi.

La sua anima ribelle, inalterata continua a comunicare e a interrogarci perché niente si perde e muore di quello che si è fatto vivendo.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica, come scriveva Pasolini ben 50 anni fa, sono ancora due cose inconciliabili in Italia?

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