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Nigredo e Delacroix: al di sopra dei generi

Oggi vi offro il mio punto di vista sull'ultimo libro dello scrittore Stefano Delacroix, pubblicato da I Libri di Emil...

Oggi vi offro il mio punto di vista sull’ultimo libro dello scrittore Stefano Delacroix, pubblicato da I Libri di Emil.

Ho letto il libro e mi sono immediatamente chiesta: è necessario etichettare un libro? Affidarlo ad un genere, come se fosse il suo genitore/generatore, appunto.
Ma chi genera un libro è il suo stesso autore, e non l’ambiente a cui appartiene.
Dunque, Nigredo è un libro che parla di sentimenti e storia, tinto di giallo (qui e là). Intriso d’amore che – ancora una volta – si presenta al lettore privo di tempo e spazio definiti.
Perché non è importante definirla, bensì viverla, una storia.
E Stefano Delacroix ci attira nella sua rete di sentimenti, che non ci aggroviglia. Ma ci scompiglia stupendamente.

Ma cosa dice l’autore di questa nuova creatura letteraria?
Leggiamo…

“Nigredo (Ed.: I Libri di Emil)

Vincent Fernant Daudet è un guaritore, opera la spagiria. Il romanzo apre i battenti sulla Parigi del 1783, pochi anni prima della rivoluzione che profondamente segnerà i secoli a venire, coacervo di tribolazioni e speranze, di magia e illuminismo. E Vincent ha ancora negli occhi, quali fulgide visioni, i prodigi di Nicola Flamel, i compendi di Raimondo Lullo, le memorie indelebili di Giordano Bruno e lo spirito della natura, la Quintessenza di Filippo Teofrasto Von Hohenheim. Dinanzi ad uno snodo temporale che celebrerà la filosofia russoiana, condannando l’alchimia ed avversando ogni mistica, Vincent persegue l’opera paterna, il Rebis, la Grande Opera finale. Dovrà comprendere il segreto dell’amore, penetrare a fondo il mistero dell’esistenza, risolvendo ogni opposizione, rivelando infine a se stesso il confine ultimo ed irriducibile tra il bene ed il male. Tra i viottoli mefitici del cul-de-sac e le corti di Montmartre, tra i postriboli perduti e l’atmosfera austera di antiche caloniche, c’è una storia che attende di essere svelata e che pulsa dirompente nell’amore per la giovane Sophie, nella devozione al Maestro che così poco conobbe, Alessandro Conte di Cagliostro.

Nigredo è la prima delle tre fasi alchemiche, detta altrimenti nerezza, putrefazione. Ma è soprattutto il distacco dalla materia grossolana. Il gesto eroico che slega dalle pastoie dell’abiezione e che assolve l’adepto da ciò che in lui ancora è mortale, prima che precipiti inconsapevolmente nella finitudine della carne. E questa volta è la storia a raccontarsi attraverso i suoi attanti, senza giudizio e senza ricorso agli alibi, libera da petizioni di principio e dal doversi attribuire necessariamente una parte, una fazione, affinché, sgrossata d’ogni eccedenza, tutto ciò che di lei rimane sia l’uomo.

Stefano Delacroix

13 giugno 2013

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