“Nati per la libertà. Racconti resistenti” è il primo libro firmato dai Modena City Ramblers che porta sulla pagina scritta la stessa forza che da trent’anni infiamma i loro concerti. Non è solo un’opera celebrativa: è un’opera viva. Pubblicato in concomitanza con il nuovo album “Appunti resistenti”, che richiama e rinnova lo spirito del mitico “Appunti partigiani” (uscito vent’anni fa), questo libro si presenta come un vero e proprio viaggio narrativo nella memoria della Resistenza. Un viaggio che si muove tra le parole, i silenzi, le scelte impossibili e i gesti di chi ha lottato, a volto scoperto o nell’ombra, per liberare l’Italia dal nazifascismo.
La musica dei Modena City Ramblers
I Modena City Ramblers non sono nuovi al racconto dell’impegno civile. La loro musica ha sempre oscillato tra folk irlandese, patchanka e canzone politica, con una cifra stilistica capace di unire cuore e coscienza. Stavolta però scelgono la forma del racconto. Un racconto plurale, intenso, a tratti crudo, che si snoda tra vicende realmente accadute e suggestioni romanzate, sempre attraversate da una costante: la lotta per la libertà.
Nati per la libertà. Racconti resistenti
In queste pagine incontriamo Luisa, diciassette anni e una bici con la sella piena di dispacci da consegnare. Una staffetta partigiana con il coraggio negli occhi e il futuro sulle gambe. Poi c’è Matteo, dilaniato da un dilemma che sembra uscito da una tragedia greca: vendicare gli amici o cercare giustizia?
E ancora: Scarpasoun, partigiano riluttante che non vuole uccidere nessuno, e Kurt, un soldato tedesco che si scopre umano tra chi dovrebbe chiamarlo nemico. Ogni racconto è un tassello di quell’affresco corale che è stata la Resistenza: con i suoi slanci eroici, i suoi tormenti interiori, e quel filo d’amore che resiste anche quando tutto sembra crollare.
Nati per la libertà non si limita a rievocare figure leggendarie. Al contrario: racconta soprattutto chi non è mai finito nei monumenti. Gli uomini e le donne comuni, quelli che non volevano fare la storia… ma l’hanno fatta lo stesso. Come la famiglia che decide di nascondere un fuggiasco, o chi ruba un carro armato ai nazisti rischiando tutto. Oppure chi semplicemente, sotto i bombardamenti, continua a suonare un violino.
Sono storie che pulsano, vibrano, che si fanno corpo e suono. E che si leggono come si ascolta una ballata: con il cuore aperto e il fiato sospeso.
Lo stile narrativo è inconfondibile: c’è la voce dei Modena City Ramblers, riconoscibile come in un intro di chitarra. Diretta, emozionale, a tratti poetica. Non ci sono orpelli, non c’è retorica. Solo storie. Come quelle che si raccontano davanti al fuoco, o dopo un concerto. E la postfazione di Carlo Greppi, storico e divulgatore tra i più brillanti della sua generazione, chiude il libro come un’ultima nota di una canzone che chiede di essere cantata ancora e ancora.
Franco D’Aniello, Massimo “Ice” Ghiacci, Francesco “Fry” Moneti, Davide “Dudu” Morandi, Leonardo “Leo” Sgavetti: sono loro oggi il cuore pulsante dei Modena City Ramblers. Nati nel 1991 con l’amore per il folk irlandese e le sue atmosfere ribelli, hanno attraversato la scena italiana come una cometa, mischiando patchanka, combat folk e memoria civile.
Hanno collaborato con scrittori come Luis Sepúlveda, Paco Ignacio Taibo II, ma anche con artisti come Bob Geldof, Goran Bregović e Francesco Guccini. Il loro impegno è sempre stato limpido: dalle lotte ambientali alla solidarietà, dalla collaborazione con Libera al sostegno a Emergency. Non a caso nel 2004 hanno vinto il Premio Amnesty Italia con la canzone Ebano, dedicata al tema dell’immigrazione e dello sfruttamento.
Intervista ai Modena City Ramblers
Nati per la libertà è molto più di un libro. È una chiamata alla memoria, alla consapevolezza, alla responsabilità. È un ponte tra generazioni che troppo spesso dimenticano da dove vengono. E forse è anche un atto d’amore: per chi ha creduto in un futuro più giusto, per chi ha avuto il coraggio di rischiare tutto, per chi oggi può scegliere di ricordare… cantando.
Perché come dicono i Modena, la Resistenza non è solo una pagina di storia: è un ritmo, un respiro, una canzone che non può, e non deve, smettere di essere suonata.
Nati per la libertà nasce dalla vostra storia di band, ma anche da un’urgenza narrativa e civile. Quando avete capito che questi racconti dovevano diventare un libro?
Dopo trent’anni dove le parole e la musica sono state in rapporto di mutua assistenza per formare una canzone abbiamo pensato a questo progetto, un libro, per dare vita ad una nuova forma di narrazione per la nostra band. Abbiamo trovato molto entusiasmo da parte dell’editore e ci siamo buttati, con un po’ di incoscienza, un po’ come acrobati senza rete, perché essendo dei neofiti della scrittura “lunga” non potevamo sapere il risultato finale. L’urgenza civile sicuramente ha contato, perché mai come in questo momento c’è bisogno di storie positive come quelle che raccontiamo nel libro
Qual è stato il processo creativo dietro alla scrittura dei racconti? È stato diverso dal processo con cui scrivete le vostre canzoni?
Sicuramente diverso, in una canzone di qualche minuto ci deve essere una fortissima interazione fra la musica e le parole e una storia, nel nostro caso molte delle canzoni sono storie messe in musica, deve come esplodere all’istante, mentre in un racconto tutto questo avviene lentamente, pagina dopo pagina.
I racconti hanno protagonisti molto diversi: partigiani, staffette, giovani e anziani. Come li avete scelti? C’è un personaggio che vi è rimasto particolarmente addosso?
Molti dei protagonisti dei racconti, potrebbe sembrare retorico ma per noi non lo è, è come se fossero stati dentro ognuno di noi da sempre. Abbiamo sempre respirato le storie dei partigiani e di chi ha fatto la resistenza o semplicemente vissuto quel periodo attraverso i racconti di nonni, di parenti, e anche delle tante persone che abbiamo conosciuto in giro per l’Italia nella nostra vita musicale. Del comandante Diavolo, Germano Nicolini, per fare un esempio, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e incontrare tante volte, abbiamo scritto una delle più importanti canzoni della nostra storia, e sicuramente la sua storia, dal punto simbolico, ci ha ispirati parecchio anche nella scrittura dei racconti.
Quanto c’è di vero e quanto di inventato in queste storie? Vi siete ispirati a testimonianze reali, a storie di famiglia, a incontri?
Risp La maggior parte dei racconti sono tratti o ispirati da storie vere, ma non essendo noi degli storici abbiamo cercato di rimanere fedeli ai fatti dando un’interpretazione più narrativa.
In un mondo dove la parola resistenza sembra sempre più relegata al passato, cosa significa per voi oggi resistere?
La resistenza che hanno fatto i nostri nonni o i protagonisti non è molto diversa, nel concetto, da quella che tante persone fanno in questi anni. Pensiamo solo a tutte quelle persone che si impegnano ogni giorno nella lotta alla mafia, alle ragazze e ai ragazzi di Libera, ai magistrati che vivono una vita sotto scorta e a quelli ai quali questa scorta non è bastata, pensiamo a chi affronta i rischi del mare per salvare le vite di chi quel mare è costretto ad affrontarlo come unica via di salvezza da una non-vita.
Qual è il rischio più grande che vedete nell’oblio o nella banalizzazione della memoria partigiana?
Il rischio, venendo a mancare tutti i protagonisti in prima persona della resistenza, è che quella memoria che ci hanno lasciato possa diventare piano piano un semplice capitolo di un libro di storia. Magari solo un po’ più lungo delle guerre puniche, con il rischio anche di un vero e proprio tentativo di ridimensionamento dell’importanza. Se non anche di un revisionismo totale. Questo crediamo sia il pericolo più forte e anche non tanto lontano nel tempo.
Se doveste scegliere una canzone dei Modena City Ramblers da abbinare a questo libro, quale sarebbe e perché?
Ne abbiamo scritta una proprio in questo periodo per festeggiare anche i vent’anni del nostro cd Appunti partigiani. Si intitola Una storia Partigiana, una canzone che si interroga appunto sulle vecchie e nuove resistenze. “Il ricordo non ci basta” e “è la storia che resiste ancora” due frasi della canzone che potrebbero benissimo rappresentare il libro.
Avete un libro, un film o una canzone sulla Resistenza che vi ha segnato o ispirato durante la scrittura?
Da sempre riteniamo Bella ciao la canzone ispiratrice di tutto il nostro lavoro musicale, e sicuramente il tema della libertà di cui questa canzone è portatrice sana, è presente in ogni racconto ed è come un filo rosso che li lega l’un l’altro.
Qual è la reazione più bella che avete ricevuto da chi ha letto Nati per la libertà?
Al momento di questa intervista il libro deve ancora uscire e non abbiamo riscontri dai lettori ma siamo molto contenti dell’entusiasmo della casa editrice e della postfazione di uno storico della resistenza come Carlo Greppi
Se oggi un giovane vi chiedesse: “Perché dovrei leggere storie di Resistenza?”, cosa gli rispondereste?
Domanda difficile, noi abbiamo sempre più domande che risposte, però potremmo rispondergli di leggere come e perché lui oggi può vivere con una libertà di pensiero e di movimento che solo pochi anni fa, che nella storia del mondo ottant’anni sono un soffio di vento, erano un sogno.
E se vi chiedesse: “E oggi, per cosa si dovrebbe lottare?”, cosa rispondereste da Modena City Ramblers
Per un mondo diverso, più equo, più giusto, nuovo, di pace vera, universale. Sogno e utopia.