E’ morto a Cambridge a 90 anni George Steiner, critico letterario, saggista e docente. La notizia è stata diffusa dal “New York Times” su richiesta del figlio David. Nella sua carriera ha pubblicato più di 20 opere, nelle quali ha indagato la relazione tra potere, cultura e barbarie, raccontando dell’Olocausto e dei totalitarismi.
Le origini
Nato in Francia nel 1929 in una famiglia viennese di origini ebraiche che aveva dovuto lasciare anni prima l’Austria per paura dell’antisemitismo dilagante, fu costretto nel 1940 a emigrare negli Stati Uniti, diventando poi cittadino americano.
Nella sua lunga carriera accademica, ha insegnato nelle Università più prestigiose del mondo: Princeton, Stanford, Chicago, Cambridge e Ginevra, dove è stato professore di inglese e letteratura comparata, divenendo professore emerito. Nel 1994 è stato il primo visiting professor di letteratura comparata all’Università di Oxford.
La carriera
E’ stato membro del “The Economist” a Londra negli anni ’50, per decenni è stato il critico letterario di punta del “New Yorker” e alcune delle sue recensioni sono state collezionate in un volume dal titolo “George Steiner at the New Yorker” e ha collaborato all’inserto letterario del “Times”.
L’importanza della parola
I suoi libri sono stati tradotti in decine di lingue e del suo lavoro amava dire: “Si può essere a casa propria dappertutto. Datemi un tavolo da lavoro e sarà la mia patria”, rifiutando ogni retorica nazionalista e sottolineando l’appartenenza a una patria comune delle lettere. All’origine della sua passione per la letteratura e la filosofia raccontava ci fosse “lo stupore, per quanto ingenuo sembri alla gente” verso la parola, attraverso la quale è possibile amare, costruire, perdonare ma anche distruggere, odiare e torturare.