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Mo Yan, lo ”scrittore silenzioso” che ha conquistato l’Accademia di Stoccolma

''Perché con il suo realismo allucinatorio fonde racconti popolari, storia e contemporaneità''. Questa la motivazione con cui l'Accademia Reale di Svezia ha decretato il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2012...
Mo Yan, “Colui che non vuole parlare”, è il curioso pseudonimo del cinese Guan Moye, oggi proclamato vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2012

MILANO – "Perché con il suo realismo allucinatorio fonde racconti popolari, storia e contemporaneità". Questa la motivazione con cui l’Accademia Reale di Svezia ha decretato il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2012. Lo scrittore e sceneggiatore cinese Mo Yan, considerato uno dei più importanti scrittori della letteratura post maoista, è conosciuto anche in Italia attraverso l’ampia pubblicazione delle sue opere presso l’editore Einaudi. Tutti i suoi lavori – tra i quali si ricordano “Sorgo rosso” e “Grande seno, fianchi larghi” – riflettono l’immagine reale e disincantata di una Cina in continua e profonda trasformazione.

COLUI CHE NON VUOLE PARLARE
– Mo Yan è lo pseudonimo che lo scrittore utilizzava per firmare i suoi primi scritti, durante gli anni in cui prestava servizio nell’esercito cinese. Il suo vero nome Guan Moye, era stato sostituito da un altro ben più evocativo: il suo significato è infatti “colui che non vuole parlare”. Chi l’ha conosciuto dice di Mo Yan che è una persona dai modi gentili e miti, totalmente in contrasto con la ferocia che poi adotta all’interno delle sue pagine. La giornalista Ilaria Maria Sala ha detto di lui: “Alla fine, al fondo della produzione di Mo Yan, c’è un solo tema: quello della vita e della morte, della tragedia intrinseca a entrambe, e del loro lato a volte ironico, spesso grottesco, sempre immenso”.

IL SENSO DELLA STORIA
– Di Mo Yan i critici dicono che con lui sia nato un nuovo genere letterario, quello della storiografia “dal basso”, per la caratteristica dell’autore di raccontare i grandi sconvolgimenti della storia, del suo Paese innanzitutto, attraverso gli sguardi, le sensazioni e le emozioni della gente. “Io racconto la storia nel modo in cui l’ho imparata. La maggior parte delle persone la apprende studiando sui libri. Io invece, che sono cresciuto in campagna, l’ho assorbita con le orecchie”. Nato a Gaomi nella provincia dello Shandong il 17 febbraio 1955, Mo Yan cresce in piena rivoluzione culturale; costretto ad abbandonare gli studi per aiutare la sua numerosa famiglia a badare a mucche e pecore al pascolo nel desolato paesaggio della Cina Settentrionale, Mo Yan riesce ad abbandonare il suo povero paese solo nel 1976 per arruolarsi nell’esercito. “Vengo da qui – racconta Mo Yan – da Gaomi. È il posto della mia infanzia ed è un posto terribile. Fin da ragazzo ho ascoltato le storie della gente comune e ho sentito il bisogno di scriverle”.

L’ESERCITO E LA SCRITTURA – “Tutti i ragazzi nelle campagne volevano diventare soldati. La mia famiglia non era molto ricca e la prospettiva di poter mangiare a sazietà una volta entrato nell’esercito era molto attraente”. Nell’esercito Mo Yan inizia a scrivere, è il suo lavoro, ma non lo fa descrivendo ed esaltando gli aspetti della vita militare, così come vuole il regime, bensì raccontando la storia e le campagne. Racconta ancora Mo Yan in un’intervista rilasciata alla giornalista e sinologa Emma Lupano di AGI China 24: “Nella biblioteca dell’esercito c’erano tantissimi libri da leggere, anche tradotti in cinese da lingue straniere. Frequentare quella biblioteca è stata una grande fortuna per me e far parte dell’esercito è stato molto importante per il mio sviluppo. Se fossi rimasto in campagna probabilmente non sarei diventato scrittore”.

REALISMO ALLUCINATORIO – Tra gli scritti più rappresentativi dell’artista c’è sicuramente “Sorgo rosso” (1997), da cui Zhang Yimou ha tratto il film vincitore dell’Orso d’Oro nel 1998, un affresco della storia cinese tra gli anni Trenta e Settanta, raccontata da un giovane della provincia attraverso le tappe più importanti che hanno segnato la vita della sua famiglia. Tra le sue opere più importanti ricordiamo poi "Il supplizio del legno di sandalo", del 2005, che in Italia gli è valso il Premio Internazionale Nonino. Einaudi ha pubblicato inoltre "Le sei reincarnazioni di Ximen Nao" (2009), "L’uomo che allevava i gatti e altri racconti" (1997) e "Grande seno, fianchi larghi" (2002), un diluvio di parole – più di 900 pagine – che in Cina è stato bandito dalla censura.

11 settembre 2012

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