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Marco Steiner, ”Il mio libro è un omaggio alla matita di Hugo Pratt e al suo Corto Maltese”

Per scrivere qualsiasi storia bisogna ''divertirsi seriamente'', prepararsi approfonditamente ma anche abbandonarsi all'imprevisto. E' questo l'insegnamento che Hugo Pratt, il creatore di Corto Maltese, ha lasciato in eredità al suo più stretto collaboratore, Marco Steiner, da poco in libreria con ''Il corvo di pietra''...

L’autore ci presenta il suo ultimo romanzo ‘Il corvo di pietra’, in cui troviamo un giovane Corto Maltese alle prese con una delle sue prime avventure. Marco Steiner ha voluto così omaggiare Hugo Pratt, con cui ha collaborato diversi anni

MILANO – Per scrivere qualsiasi storia bisogna ‘divertirsi seriamente’, prepararsi approfonditamente ma anche abbandonarsi all’imprevisto. E’ questo l’insegnamento che Hugo Pratt, il creatore di Corto Maltese, ha lasciato in eredità al suo più stretto collaboratore, Marco Steiner, da poco in libreria con ‘Il corvo di pietra‘. Qui ritroviamo il personaggio nato dalla matita di Pratt. Non è proprio il Corto Maltese che conosciamo, ma il giovane Corto Maltese, coinvolto in un’avventura per mare che dalla Scozia lo porta in Sicilia, con un carico di cercamiche preziose, piatti e teiere Wedgewood. Da qui partirà di nuovo all’inseguimento di un tesoro, una magica trovatura siciliana, ricerca che lo porterà alla volta di Venezia.

Com’è nata l’idea di questo libro?
È nata come tutte le storie legate a Corto Maltese e al modo di raccontare di Hugo Pratt, un po’ per caso. Io ho collaborato con Hugo Pratt per diversi anni nell’ultimo periodo della sua vita, poi ho intrapreso un percorso lungo i luoghi delle avventure di Corto Maltese per scrivere le prefazioni a tutte le sue storie a fumetti – ho viaggiato dal 2004 al 2011 insieme a un fotografo, Marco D’Anna.
Nel 2011 c’è stata una mostra in Sicilia dedicata a Corto Maltese e ai suoi luoghi, con disegni originali di Hugo Pratt, fotografie di Marco D’Anna e testi miei. In occasione di questa esposizione è nata l’idea, per il catalogo della città di Scicli, di scrivere un piccolissimo racconto di una ventina di pagine che si chiamava “Il corvo di pietra”. Amici appassionati di Corto Maltese che avevano il sogno di portare l’immagine di questo personaggio a Scicli mi hanno parlato di una storia vera. La nonna di uno di loro, il cui cognome era proprio Maltese, importava ceramiche Wedgewood dall’Inghilterra, bellissime ceramiche bianche e blu a disegni floreali che hanno arredato per tanti anni le tavole borghesi di diverse città. Da qui mi è venuta l’idea di un possibile viaggio dalle terre d’origine di Corto Maltese – suo padre era nativo della Cornovaglia – verso la Sicilia. Ho scritto dunque questa piccola storia, inserita ne “I luoghi dell’avventura” – così si intitolava il volume.  

Perché ha deciso di riprendere questa storia e di farne un romanzo?
Mentre ero in Sicilia per l’inaugurazione della mostra, sono stato invitato a presentare questo libro in una libreria, in compagnia di Vincenzo Cascone, che ha saputo leggere nelle storie da me scritte dei messaggi molto interessanti. È nata così un’altra amicizia, attraverso cui ho scoperto la storia delle trovature, tesori nascosti nell’antichità in luoghi segreti, in particolare nelle grotte, che custodivano valori famigliari. Al racconto del viaggio per mare verso la Sicilia si è intrecciata così quella di una caccia al tesoro. Da qui è nato il romanzo.
La storia, che si sviluppa tra Inghilterra, Sicilia e Venezia, vuole essere un doppio omaggio, al modo di raccontare di Hugo Pratt – all’interno di una cornice di fatti storici precisi, che danno una collocazione temporale puntuale – e a Corto Maltese, al suo spirito di avventura. C’è sempre un tesoro da andare a cercare, ma l’importante non è il ritrovamento. Importante è il viaggio stesso.

Il suo personaggio di Corto Maltese è assolutamente fedele a quello di Hugo Pratt o presenta caratteri diversi, nuovi?
Per assurdo, potrei anche dire che questo non è Corto Maltese, è il giovane Corto Maltese. Il personaggio creato da Hugo Pratt che tutti noi amiamo, e del quale ho un rispetto assoluto, io non l’ho nemmeno sfiorato.
Noi conosciamo Corto Maltese a partire dalla sua giovinezza, dal 1904-1905. Prima c’è solo una brevissima apparizione con la Guerra dei Boxer in Cina, agli inizi del Novecento. Io sono partito dagli anni precedenti. Ho cercato di immaginare cosa avesse fatto e chi avesse incontrato Corto Maltese prima di diventare il personaggio della matita di Hugo Pratt.
In questo modo ho potuto scrivere un omaggio assolutamente rispettoso ma conservando una mia libertà creativa. Ho cercato di raccontare parte del caleidoscopio di colori che compongono la personalità di Corto Maltese.

Da dove ha tratto ispirazione per la descrizione delle bellezze e delle delizie della cucina siciliane?

Sono vita vissuta. Dal 2006 frequento molto spesso la Sicilia e in particolare questo triangolo del barocco siciliano: la zona di Scicli, Noto, Modica.
Per quanto riguarda i sapori, quelli vengono chiaramente da un “personaggio” locale che si chiama Ciccio Sultano. Se volessi ridurlo, lo definirei un grande chef, ma quel che fa veramente è raccontare la storia e la fantasia di questa terra e di questo mare attraverso la cucina. Io l’ho sempre  definito un filosofo della terra siciliana, perché va molto più in profondità della composizione degli elementi che fanno un piatto. Quasi sempre nel mio libro, prima di presentare un piatto ne presento i componenti, quasi che fossero i colori che solo un grande artista sa mischiare insieme in una grande opera. Mi sento un po’ un artigiano: come cerco di tracciare il Corto Maltese di Hugo Pratt attraverso i personaggi che potrebbero averlo segnato, alla stessa maniera cerco di metter in fila sul tavolo gli ingredienti che fanno uno dei grandi piatti cucinati da un chef come Ciccio Sultano.
Corto Maltese è un antieroe che socchiude delle porte, non le apre completamente, non spalanca un mondo davanti al lettore. Lascia alla sensibilità della persona la responsabilità di vedere oltre. Io ho cercato di fare esattamente questo con il mio libro.

C’è qualche prezioso insegnamento che ha tratto dagli anni di lavoro con Hugo Pratt che magari ha messo in pratica nella scrittura di questo libro? Qual è il ricordo che ha di lui come uomo?
In due parole: divertirsi seriamente. Per una storia ci vuole una preparazione molto approfondita. Prima di scrivere qualunque cosa io, come faceva Hugo Pratt, cerco di spogliarmi della mia cultura, di essere completamente libero e di riempirmi della musica, delle immagini, della cultura del luogo che vado a raccontare. Dopo di che bisogna anche lasciarsi andare e cercare il gioco, l’ironia, il divertimento, per scovare delle tracce che portano all’imprevedibile.
Se si vuole conoscere approfonditamente un luogo, non bisogna andare lì con delle mappe e un percorso definito, bisogna lasciarsi guidare dal caso. Solo così si arriva al fulcro esatto di quel che si va cercando.

22 febbraio 2014

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